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IL CASO LA PACE CHE AVANZA Incontri notturni fra arcinemici I coloni trattano con gli uomini di Arafat

martedì 9 aprile 1996 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV C'È qualcosa di paradossale ma anche di molto allegro nello scandalo politico di cui tutta Israele discute in queste ore: mentre Bibi Netanjau, il capo del Likud, seguita a giurare che non incontrerà mai e poi mai quell'assassino di Arafat, mentre Peres dice che di Stato palestinese si parlerà soltanto durante i solenni colloqui per lo status definitivo dei rapporti israelo-palestinesi, da circa un anno coloni e leader palestinesi di primissimo piano s'incontravano di nascosto e trattavano direttamente tra di loro. Nessun cappello organizzativo ufficiale; ma la protezione del potente American Jewish Committee alle spalle, e la benedizione del per la sicurezza internazionale, un gruppo di teste d'uovo ai massimi livelli della politica mondiale situato in Inghilterra dove si è svolto uno degli incontri. Per la massima parte i convenuti si sarebbero potuti scorgere a notte fonda nel centro di Gerusalemme mentre varcavano la soglia dell'American Jewish Committee. Tuttavia la prima volta l'incontro è stato veramente intimo, nel giardino del capo del Comitato, Joseph Alpher, un ex agente segreto, ed ex direttore del Centro di studi strategici dell'Università di Tel Aviv; e autore, prima del trattato di Oslo, di un piano che di certo ha fornito l'ispirazione secondo cui poi Rabin e Peres hanno condotto e concluso le trattative. È un uomo piccolo, determinato, non per caso direttore dell'unica grande organizzazione americana che ha sempre fornito il suo supporto ai governi di sinistra. dei leader palestinesi, che provenivano dall'estero - dice - avevano un'idea molto strana di che cosa sono i coloni. Li vedevano come una minoranza di feroci guerrieri asserragliati in una fortezza. E i coloni avevano degli stereotipi ormai consolidati dei palestinesi: la loro visione era semplicemente rimasta a vent'anni fa. L'unico modo di rompere gli stereotipi era incontrarsi personalmente. Nessuna delle due parti aveva né ha nessuna voglia di trovarsi d'accordo su dei punti politici. Ma ambedue vogliono evitare lo spargimento di sangue, e perciò devono conoscersi come esseri umani. Peres è stato sempre informato dell'andamento delle discussione e certamente, dato il livello della partecipazione palestinese, anche Arafat ne è stato via via a conoscenza. Si sa che le riunioni non hanno mai avuto un oggetto ideologico; alle volte si è trattato di obiettivi immediati, come quando alla vigilia delle elezioni palestinesi i rappresentanti di Arafat hanno chiesto ai coloni che il loro voto non venisse disturbato. Inoltre, si è sempre molto parlato di come garantire libertà di movimento ai coloni dentro e fuori gli insediamenti, al di là della protezione dell'esercito israeliano. Le due parti hanno anche immaginato una sempre aperta alle chiamate di emergenza da ambedue le parti. È chiaro anche che non è mancata di certo la discussione su argomenti economici e su possibili campi di collaborazione. Insomma, sembrerebbe una vera e propria prefigurazione della vita di una minoranza all'interno di uno stato palestinese, e senza le armi in pugno. Ora che la notizia è venuta a galla, il Consiglio delle comunità ebraiche in Giudea e Samaria protesta che gli incontri sono stati tenuti all'insaputa di tutti e il portavoce Yehiel Leiter ripete che di certo fatto più male che bene. Tuttavia tra i personaggi che hanno partecipato alle riunioni ci sono leader di grande spicco nei Territori: come Ysrael Harel, presidente del Consiglio delle comunità della Giudea e della Samaria; Uri Elitzur, direttore del loro giornale, Nekudà ; il rabbino della famigerata Kiriat Arba, Eliezer Waldman e altri grossi nomi. I palestinesi non sono stati da meno: Maomud Dahlan, capo dei servizi di sicurezza di Gaza, Sofiana Abu Zaideh, l'incaricato del governo di Arafat per i rapporti con Israele; Hassan Asfour, uno dei leader dei negoziati di Oslo, e altri accademici e studiosi. Abu Zaideh che rivendica la bontà dei negoziati, dice anche che ha capito bene che molti coloni vivrebbero in pace sotto un governo palestinese. È davvero un brutto colpo per la destra, che è stata scavalcata e tenuta all'oscuro di tutto perfino da quello che ritiene il suo più naturale bacino di voti. E per Peres, invece, è una bella soddisfazione sapere che il suo nuovo Medio Oriente arriva fino in Giudea e in Samaria. Fiamma Nirenstein

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