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IL CASO IL CONFINE DELL’ ODIO Vivere sotto una pioggia di katyushe Di retta tv dalla città bersagliata coi razzi dagli hezbollah

mercoledì 28 luglio 1993 La Stampa 0 commenti
KTEL AVIV IRIAT Shmone vuol dire la città degli otto, otto eroi pionieri che nel ‘ 21 furono uccisi dagli arabi. Come altro poteva chiamarsi la città del tormento al confine Nord di Israele? La città senza pace e senza sonno? Finché non ci sarà silenzio a Kiria Shmone, neppure i nostri nemici dovranno dormire tranquilli con la sua voce lenta e profonda, voce da militare, il primo ministro Rabin ha spiegato la guerra in corso, l’ uso pesante di tutta quella artiglieria di fronte alle fosse delle katyushe nella cittadina al confine col Libano. Kiriat Shmone in questi giorni è in diretta ventiquattr’ ore al giorno su tutti gli schermi televisivi di Israele: uno studio piazzato dentro al miclat, un rifugio sotterraneo, trasmette incessantemente le immagini della cittadina di sviluppo in cui dal 1967 non c’ è vetrina o finestra che per precauzione non sia incerottata in lungo e in largo, cosicché i vetri non schizzino da tutte le parti quando l’ immancabile proiettile arriva vicino insieme allo spostamento d’ aria. Dal miclat si vedono per tutta la notte i letti a castello dove la gente cerca di riposare qualche ora, canta seduta, si ingegna di far passare il tempo ai bambini. Si vedono all’ aperto i ragazzini che con un sorriso d’ avventura si arrampicano sugli autobus che li portano lontano dalle katyushe, in gita, dicono i genitori, per poi tornare a cose finite. In realtà vanno ospiti in tutte le città israeliane di famiglie che hanno offerto la loro solidarietà . Si vedono molti ebrei d’ origine marocchina, lavoratori delle fabbriche circostanti la cittadina, che portano la kippa propria della tradizione religiosa; le loro donne gridano di dolore ai frequenti funerali dei giovani; gli uomini si esercitano in semplici e disperate lodi funebri, per poi rispondere a lato del funerale alle domande dei giornalisti: avete paura? lei, una katyusha stanotte ha distrutto la casa vicino alla mia. Ve ne andrete? che questa. Sì , quando negli Anni Settanta l’ Olp scatenò la prima forte offensiva dal Libano, sino all’ 83, quando Arafat fu scacciato, molti di noi si allontanarono da questo cittadina di inferno. Ma adesso è diverso, troppi anni sono trascorsi, qui ci siamo radicati, qui sono cresciuti i nostri figli. Kiriat Shmone ha poco più di 20 mila abitanti. È una città bruttina, come tutte le città di sviluppo, cresciuta in gran fretta per ospitare via via le nuove ondate migratorie di sudafricani, di russi. Però la valle intorno ha per lati il Golan, la Galilea, il Libano. È quindi una zona verde e fresca, ricca di kibbutz e anche di fabbriche. In queste fabbriche gli abitanti di Kiriat Shmone non trovano però abbastanza lavoro; la disoccupazione è endemica, la percentuale di uomini che ricevono il sussidio di disoccupazione molta alta. A Kiriat Shmone gli uomini politici compiono incessanti passerelle: Shamir, Bibi Netaniau in questi giorni vi sono passati sovente in cerca di consensi da parte di chi ha paura, da parte di chi vuol essere difeso. Ma vi è venuto anche Ezer Weitzmann, il presidente della Repubblica laborista che vi ha dormito una notte con sua moglie mentre una katyusha volava per venirgli quasi a finire sui piedi. Anche la sinistra ha una passione per Kiriat Shmone: vi venne a trascorrere un anno intero il famoso pacifista amico di Ben Gurion, Lova Eliav, vi si trasferì per ben due anni il più amato fra le colombe israeliane, il ministro radicale dell’ Ecologia Yossi Sarid, proprio per mostrare il suo attaccamento a tutto il Paese intero, la sua pacifica convinzione che Kiriat Shmone non debba subire i soprusi dei terroristi armati che sparano ogni giorno da oltre il confine e che di notte si infiltrano armati fino ai denti. Vi risiede impavida la vecchia figlia di Alex Zeit, uno dei padri fondatori della sinistra estrema israeliana: sicuri ovunque e in nessun posto. Io qui sono nata, qui resto. L ’ altra sera Shimon Peres, il ministro degli Esteri, ha lungamente conversato in diretta con i bambini che dormono nei rifugi e che gli chiedevano quando finisce questa reclusione, quando si esce alla luce, quanto dura la guerra. Questa domanda molti di questi bambini seguitano a ripeterla fin dalla nascita, e così pure i loro genitori. Il governo ha cercato di migliorare l’ aspetto e il tenore di vita della città con opere pubbliche di abbellimento, giardini, scuole. Ha anche costruito un Monumento alla Pace all’ ingresso della città : ma l’ artista incaricato di realizzarlo, lo scultore Tomarkin, non ha trovato altra ispirazione che quella della realtà che lo circonda. E ha cercato di far della guerra un gioco dipingendo di giallo, di rosso e di blu alcuni carri armati all’ ingresso della città . I bambini ci si arrampicano sopra finché si annuncia con la sirena la prossima katyusha. Fiamma Nirenstein

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