IL CASO DUE FEDI IN GUERRA E la Grotta divenne Calvario I cristiani c acciati dalla culla di Gesù
giovedì 21 dicembre 1995 La Stampa 0 commenti
BETLEMME VICINO alla grotta del bue e dell'asinello, dove nacque
Gesù Cristo, è stato appeso un immenso ritratto di Arafat, grande
come una casa. Coloratissimo, sorride. È il primo segno della festa
che si prepara per l'abbandono di Betlemme da parte dell'esercito
israeliano, l'avvento dell'autorità palestinese, la celebrazione
della messa, anzi delle varie messe di Natale, con il leader
palestinese. Fra poche ore la guardia che stazionava fissa sulla
piazza verrà smobilitata, i turisti non troveranno più le stesse
divise. Troveranno quelle della polizia palestinese. Il sindaco Elias
Frej esclama: . Frej è un
cristiano, ed è anche un personaggio mitico nella piccola città che
passa dall'occupazione israeliana ad Arafat: probabilmente le sue
parole vogliono suonare non solamente come un cantico di gioia, ma
anche come un incoraggiamento ai cristiani che vivono in città . Non
tutti, infatti (ma la paura di proclamarlo a voce alta è tanta)
accoglieranno l'autorità palestinese - che presto, con le elezioni
di gennaio, si tradurrà in governo legittimo - a cuor leggero. Da
molti anni, soprattutto nella città natale di Gesù , i palestinesi
cristiani vivono una terribile tensione che li porta via via ad
abbandonare le loro case. Adesso, il loro disagio ha trovato una eco
in un documento preparato da nove organizzazioni che fanno capo alla
di Gerusalemme, un insieme di varie
professioni di credenti in Gesù Cristo che quest'anno invita i
cristiani a non visitare Betlemme per Natale. Perché ? Per protestare
contro l'oppressione musulmana sui cristiani. Anche altri gruppi,
fuori della hanno firmato l'appello, ricordando
terribili atrocità commesse dall'Olp contro i cristiani libanesi
durante il loro regno del terrore in Libano e
minoranze cristiane da parte musulmana in tutto il Medio Oriente.
Questa presa di posizione (che non è tuttavia firmata da cristiani
palestinesi) afferma che Arafat terrà una bellissima cerimonia a
Betlemme in modo che gli vengano affidati i luoghi santi cristiani,
oggi Betlemme, domani Gerusalemme. Certo i palestinesi, anche quelli
che hanno effettivamente sofferto come minoranze cristiane autentici
tormenti e persecuzioni da parte musulmana, non si esprimerebbero in
maniera così dura. In loro c'è anche un sincero orgoglio nazionale
ed una grande gioia per l'avvento dell'Autorità palestinese, per la
quale hanno tanto lottato. Ma anche la paura è grande:
dice un prete che non vuole essere citato - la Mezzaluna avrà preso
da noi il posto della Croce. Betlemme, proprio Betlemme, nel 2000,
l'anno del Giubileo, probabilmente non conterà più un solo
cristiano. Nel 1948 la popolazione era interamente cristiana. Il
triangolo Betlemme-Beit Zahur e Beit Jalla risuonava tutto il giorno
di campane che chiamavano i fedeli alla messa. Ma in quell'anno i
nostri fratelli palestinesi musulmani, dopo la guerra
arabo-israeliana, si riversarono da noi, in fuga. La nostra
accoglienza fu assai generosa: erano senza casa, senza cibo, senza
lavoro. Fornimmo loro tutto il necessario. Da allora è stata
un'escalation di violenza anti- cristiana, di aggressioni quotidiane.
I cristiani sono stati, giorno dopo giorno, letteralmente messi in
fuga. Ogni ora qualcuno sceglie di andarsene. La meta preferita dei
nostri emigrati per forza è il Cile. I cristiani ormai sono ridotti,
dalla totalità , al 30% della popolazione. C'erano 45 mila cristiani
negli Anni 50: ora ne sono rimasti 11 mila. E tuttavia in questi anni
i cristiani hanno partecipato attivamente all'Intifada, tutti quanti
hanno osteggiato l'occupazione: come patrioti non hanno nulla da
rimproverarsi, e nulla hanno loro da rimproverare i musulmani.
Naturalmente, però , non spartiscono nulla con l'integralismo
islamico, che anzi è contrario oltre che come ideologia, anche come
costume di vita al loro modo di essere: i cristiani costituiscono una
comunità moderata all'interno della società palestinese e del mondo
arabo in generale, avanzata nei costumi; le loro donne lavorano e si
vestono all'occidentale, e questo è uno dei motivi di critica e
anche di persecuzione da parte musulmana. La comunità musulmana è
quella che ha ricevuto quasi tutti gli aiuti economici internazionali
che sono stati dati in questi anni ai palestinesi. E il
riconoscimento di Israele da parte del Vaticano ha aggravato nei
musulmani il disprezzo dei loro confratelli. Le prepotenze che
portano alla fuga dei cristiani sono fatte di fastidio alle donne,
macchine bruciate, minacce ai clienti dei negozi cristiani,
appostamenti continui sotto casa. Il mercato della frutta e dei
ricordini cristiani (quelli fatti di ulivo intagliato) sono ormai
tutti quanti in mano ai musulmani. Le case dei cristiani sono
lentamente cadute, attraverso acquisti accompagnati da intimidazioni,
in mano musulmana. Le scuole, che prima erano tutte di confessione
cristiana, utilizzano ormai testi prevalentemente musulmani. La
storia di Terrasanta viene raccontata ai bambini come una continua
aggressione occidentale, a partire dalle Crociate. Negli ultimi anni,
i luoghi di culto e i conventi hanno subito incendi ed aggressioni:
questo soprattutto da quando l'integralismo è cresciuto. Il fascino
della forza, e anche la paura, hanno provocato perfino tra i
cristiani di Betlemme alcune decine di conversioni in questi ultimi
anni. Questo è dovuto anche al fatto che per accedere a certi posti
di lavoro, specie negli enti pubblici, complicati meccanismi lo
consentono soltanto ai cittadini di fede musulmana. Così i cristiani
di Betlemme, la notte di Natale, avranno il cuore diviso fra la loro
appartenenza palestinese e la preoccupazione per il domani. Certo, il
fatto che Arafat dia oggi tanta importanza al fatto di trascorrere il
Natale a Betlemme è in certo modo il riconoscimento della
legittimità dell'identità cristiana palestinese, del suo
patriottismo. Forse, quando l'Autorità palestinese avrà assunto il
potere legale sulla cittadina che più di ogni altra è sotto gli
occhi di tutta la cristianità , avrà interesse a bloccare le
scorrerie e le prepotenze dei musulmani. Sarà un'azione
lungimirante, e non soltanto di immagine: infatti i cristiani, in
alcune zone in cui i musulmani li hanno ripetutamente aggrediti, come
Gerusalemme, organizzano ormai da tempo una resistenza perfino
armata. Essa potrebbe dilaniare i primi tempi del governo di Arafat,
e aprirgli un altro fronte oltre a quello integralista islamico.
Fiamma Nirenstein