Fiamma Nirenstein Blog

IL CASO DEMJANJUK ISRAELE LO STERMINIO E IL DIRITTO

martedì 3 agosto 1993 La Stampa 0 commenti
GLI israeliani sono affaticati e divisi dopo il doppio shock che ha nome John Demjanjuk: prima, meno di una settimana fa, l’ eroismo giuridico di prosciogliere l’ ucraino estradato dagli Stati Uniti nel 1986 dall’ accusa di essere Ivan il Terribile, il boia di Treblinka. Poi, domenica scorsa, quando già l’ aereo che doveva portare Demjanjuk a Kiev rollava sulla pista, e il vecchio ucraino si apprestava a recuperare la libertà , la visita delle guardie carcerarie dove il detenuto attendeva con la valigia in mano: l’ Alta Corte aveva accettato il ricorso che chiede di verificare gli estremi per processare l’ imputato, accusato di essere stato un feroce nazista e non più a Treblinka, ma a Sobibor. Demjanjuk ha urlato, si è sentito male, ha preso una grossa dose di sedativi. Il mondo intero si è interrogato: se Israele aveva osato in nome della legge superare l’ emotività che si scatena quando il tema della Shoah diventa cocente, perché non ha voluto tenere questa posizione fino alla fine? Perché ha rinunciato a una scelta che aveva fatto esclamare tutto il mondo al rigore e alla pulizia della giustizia israeliana? Il destino fattuale di Demjanjuk è nelle carte: la sua estradizione era legata all’ accusa di essere Ivan il Terribile, ma i sospetti che restano, e per i quali bisogna vedere se è ancora processabile, sono quelli di essere comunque un feroce sterminatore di ebrei. Molti, in Israele, semplicemente non apprezzano che una figura siffatta vada libera dalle prigioni dello Stato che ha più titolo per tenere viva la memoria della Shoah. Ma, al di là di questo, qualcosa pesca ben più a fondo nella coscienza, e riguarda il rapporto fondante che esiste fra lo sterminio e la fondazione stessa dello Stato. Infatti una sentenza come quella dei giudici israeliani toglie, per così dire, ogni elemento metafisico a questo rapporto, sta alla lettera delle prove, della legge; introduce dei distinguo fra i morti, per esempio, di Treblinka e di Sobibor; e questo intacca la concezione per cui Ben Gurion disse a Adenauer: popolo ebraico e la grande maggioranza, se avesse vissuto, sarebbe venuta in Israele. Gli scontri ideologici che sono seguiti a questa densa presa di posizione, continuano a tutt’ oggi. Essere gli eredi carnali e giuridici dei morti della Shoah, che cosa significava per i pionieri fondatori, e che cosa signi fica oggi? La sinistra che ha governato per tanti anni Israele e che oggi di nuovo lo governa, proclamò e seguitò a proclamare che vuol dire soprattutto essere i figli delle belle rivolte senza speranza contro i nazisti, come quella del ghetto di Varsavia. Su questa base si è impiantata tutta una storiografia, un metodo celebrativo, e anche una serie di leggi. Persino il Museo dell’ Olocausto, Yad Va Shem, è stato in gran parte costruito sull’ idea della commemorazione degli eroi. Nessuno voleva più sentirsi ricordare espressioni così distanti dalla mentalità israeliana come quella delle macello. Un’ altra parte dell’ opinione pubblica, cui dette soprattutto voce Begin ai tempi in cui era primo ministro (egli voleva per esempio scorporare la celebrazione delle rivolte da quelle dei morti che si commemorano nel giorno della Shoah nel mese di aprile) ha inteso la propria pietra di fondazione come un monito cocente di quel che può ca pitare agli ebrei se non si difendono accanitamente dalle persecuzioni cui in mancanza di uno Stato, possono andare soggetti. I giudici della Corte Suprema, dopo un processo assai tragico quanto alle memorie che ha suscitato e alle emozioni (un giudice si è suicidato, l’ avvocato difensore è stato vetrioleggiato, un teste sopravvissuto è stato quasi messo sotto accusa per non essere morto, e ancora ieri una vittima dei nazisti ha cercato di uccidersi) incarnano una nuova ondata di opinione pubblica, più pacata, più desiderosa di distinguo e di verità , e soprattutto capace di riconoscere che essere gli eredi della Shoah chiede più coscienza dei diritti civili, una grande lotta al razzismo, e una forte democrazia realizzata. Adesso nei giorni in cui si esamina il ricorso di nuovo tutte le tensioni sono in campo e la memoria percorre dal confine del Libano fino a quello del Sinai tutto intero lo Stato di Israele. Fiamma Nirenstein

 Lascia il tuo commento

Per offrirti un servizio migliore fiammanirenstein.com utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.