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IL CASO. Dal 1800 il segreto di un suono irripetibile Un pianoforte s tregato da Siena a El Alamein

venerdì 23 agosto 1996 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME IL beduino che trasportava dal deposito inglese situato in mezzo alle pietre gialle del deserto i vecchi strumenti musicali che Avner Carmi aveva comprato chiese sospettoso al cliente: dai in cambio di questo carico?. Il cavallo che tirava il carro era vecchio; la salita dal caldo desertico verso il verde di Gerusalemme lenta, lunga. Carmi era un giovane bellissimo, bruno, pallido, di tratto artistico: già adesso, nel 1945, rappresentava l'ottava generazione di una famiglia ebraica di Hebron che di volta in volta s'era imparentata con immigranti di tutta l'Europa Orientale. Suo nonno aveva servito da intendente a Jaffa per i turchi; suo padre aveva lavorato per gli inglesi, gli ultimi dominatori. Alla fine della guerra, sua maestà britannica era già in procinto di lasciare (nel 1948) il Protettorato Palestinese agli ebrei. Nel '45 gli inglesi disponevano di una massa di materiale di ogni genere sequestrato o razziato durante gli scontri coi tedeschi. Camion, armi, mobili, scatolette, suppellettili. Nel capannone in cui il famoso accordatore e restauratore di pianoforti Carmi era andato a comprare per pochi soldi vecchi strumenti, fra gli altri pianoforti ce n'era uno particolarmente goffo, come incartato in un rivestimento giallastro. Gli raccontarono che veniva da El Alamein, e che aveva fatto parte delle proprietà di Rommel. Non importa, pensò Carmi. disse al beduino Carmi, che nonostante vent'anni di educazione musicale fra Parigi e Berlino, nonostante fosse capace di suonare un'intera orchestra e di accomodare qualsiasi strumento, era sempre squattrinato. Il beduino alzò su Carmi uno sguardo desolato e infuriato e tirò una gran botta a palmo aperto su quell'oggetto indesiderato: . del piano di Rommel volò in mille pezzi raccontò Carmi più tardi a sua moglie allibita, d'improvviso una faccia angelica mi guardò . Era uno dei mille amorini intagliati sul , detto anche immortale. Il prossimo 6 settembre, nella Galleria Tirosh a Hertzlya Pituah, vicino a Tel Aviv, andrà all'asta dopo una storia meravigliosa di passione e di sacrificio: i giapponesi hanno già offerto 700 mila dollari, ma la figlia di Carmi spera in un intero milione: più di 90 anni, alle mie sorelle Ora e Aviva dice Smira, figlia di Carmi, accarezzando i puttini, i fiori, i festoni, i delfini, i musicisti ritratti nei medaglioni, l'arpa che è forse il fregio più bello, l'intreccio prezioso sul coperchio dell tastiera, vita di pena. Dal 1945 fino a diciotto anni fa, quando è morto, mio padre non ha avuto più altra famiglia che questo meraviglioso oggetto. Ci guardava per caso, ci parlava a stento. Tutto il suo danaro, il suo tempo libero, era per il pianoforte: dal momento in cui accarezzò la tastiera e sentì quel suono magico... ha pensato solo a lui. Era stregato. Ha pensato solo a rintracciare il sentiero del suo lungo viaggio, il suo incredibile restauro, i suoi concerti nei musei, a sentirlo vibrare nelle mani di tutti gli artisti più famosi del mondo come Arthur Rubinstein, Claudio Arrau, Leonard Bernstein... Il piano era magico, sì , perché il suo suono non è di questo mondo. E quando sento quel suono che è l'anello di congiunzione fra il clavicembalo e il pianoforte, e che in più è come un tocco d'arpa, ma più profondo e drammatico, io trasecolo e mi sento ripresa dalla malia che prese mio padre. Il Pianoforte di Siena fu costruito a Torino nel 1800, forse qualche anno prima. Era il momento in cui il pianoforte stava soppiantando il clavicembalo, proponendo sonorità più profonde e drammatiche. Un grande costruttore di clavicembali, Sebastiano Marchisio, decise di affrontare la costruzione di un nuovo strumento che conservasse però la gentilezza del vecchio. Marchisio morì a metà dell'opera; furono i nipoti che la portarono a buon fine. Il segreto della costruzione rimase quello del nonno che aveva inventato un suono che nessuno è mai più riuscito a riproporre. Il pianoforte andò poi a Siena in regalo a una delle sorelle, Rebecca Marchisio, che andava in sposa al signor Antonio Ferri. Nel 1850 Nicodemo Ferri (il figlio di Antonio) insieme all'intagliatore Carlo Bartalozzi, dopo che il suono del piano era già diventato famoso in tutta Italia, decorarono la sua struttura esterna. Lo strumento, divenuto magnifico, fu portato nella cattedrale di Siena e cominciarono a giungere artisti da tutto il mondo per sperimentarne la malia: fra loro Franz Liszt. Nacquero le leggende: si cominciò a raccontare che la voce magica del piano derivasse dal fatto che il vecchio Marchisio aveva trovato e usato per farne la cassa armonica il legno delle colonne del tempio di re Salomone, portate a Roma dall'imperatore Tito dopo la distruzione del tempio stesso. Leggenda esoterica più leggenda esoterica, il piano fu chiamato per il suo suono l'. Il piano nel 1868 andò in dono di nozze al principe Umberto di Savoia da parte della città di Siena. Dal Palazzo dell'Incoronazione di Monza, dov'era stato sistemato, ritroviamo il piano per opera degli sminatori di sua maestà britannica sotto la sabbia di El Alamein strappata ai tedeschi. Se qualche alto ufficiale o Rommel stesso ve lo abbia fatto nascondere, non si sa. Si capisce però dal travestimento a cui il piano era stato sottoposto che chi l'aveva portato a El Alamein sapeva benissimo di essere in possesso di un oggetto molto importante, e intendeva conservarlo per sé . Qui comincia la storia di Carmi: sospira la figlia che porta nel viso il segno della grande bellezza paterna piano, proprio quel suono, proprio quel magico anello di congiunzione fra passato e presente, avrebbe potuto salvare il suono del piano di Siena come di fatto riuscì a fare col suo lavoro di restauratore. Con tanti anni di lavoro, il suono tornò ad essere quello del segreto che Sebastiano Marchisio aveva portato con sé nella tomba. Quando nel 1955 il piano di Siena giunse a New York, il Time gli dedicò la copertina. Gli artisti americani trasecolarono, tutti lo volevano suonare. abbracciato al suo pianoforte lontano dalla famiglia, negli Usa, a volte accompagnando Rubinstein, a volte con altri pianisti, a volte semplicemente solo col suo pianoforte. Mia madre andava di tanto in tanto a trovarlo, ma i soldi erano pochi. Poiché lo amava, seguitò ad amare anche quel piano. Noi bambine, no. Aspettavamo sempre a Petah Tikva, e lui non tornava mai. Quando finalmente tornò , il piano prese il posto d'onore in casa. Io sono l'unica figlia che sappia suonare, l'unica che lo poteva un po' toccare. Ora che non è più a casa nostra, ora che stiamo per venderlo, mi gira la testa. Fiamma Nirenstein

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