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IL CASO APPRENDISTI MARTIRI Una notte nella tomba per i killer di All ah

venerdì 10 marzo 1995 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV CHE i giovani integralisti islamici debbano fisicamente inaugurare la terra che li seppellirà una volta che adempiano al destino di Martire-assassino, questo non si sapeva neppure a Gaza. Ed è stato con autentico stupore che il colonnello Muhamad El-Masri dei servizi segreti dell'Autonomia Palestinese ha raccontato l'ultima scoperta in fatto di terrorismo islamico. Gli agenti dopo molte indagini hanno messo le mani su due giovani, uno di 18 anni, Naim Dardasui, e uno di 16 anni, Heiman Mahmadun. Erano stati reclutati, come tanti altri ragazzini anche più piccoli di loro, dagli integralisti islamici e indirizzati verso la carriera di martire-suicida. Il training, come essi hanno dettagliatamente narrato, non è breve: all'inizio si tratta solo di studiare a fondo le Scritture; poi si fa più particolareggiato lo studio della vita del Paradiso che aspetta l'agnello sacrificale. Quindi si passa a particolari più pratici, come imparare ad attivare nel momento giusto le cariche di esplosivo collocate lungo il tuo corpo, ed essere un'efficiente bomba vivente. Gli obiettivi di Naim e di Heiman erano due località dei Territori occupati. Ma per abituare i giovani all'idea della morte, il training contempla un altro importante gradino, che i due avevano già superato: andare a sera nel cimitero, tutti vestiti di bianco come i parenti usano vestire i morti per la grandezza dell'Islam; prendere una vanga, scavare accanto due tombe gemelle, le proprie tombe. Poi scendere, fianco a fianco, nella terra fredda e passarvi la nottata. Provare il silenzio, il buio, la compagnia dei defunti, e dall'esperienza del corpo giungere al superamento della paura del trascendentale, giungere alla percezione di sé come di eroi pronti a tutto. E ormai i due ragazzi, che dalle foto appaiono quasi bambini, pronti lo erano; ma la polizia palestinese li ha presi, e per la prima volta ha anche fatto del loro caso un pubblico confronto con la stampa, comunicando il proprio disgusto per la macabra manipolazione cui i martiri predestinati erano stati sottoposti. Non bisogna dimenticare che il mondo palestinese ha avuto nel bene e nel male intrecci decennali con la cultura dell'Occidente. Questo lo rende più laico, più scettico, e comunque consapevole che la Jihad può rappresentare la fine del processo di pace. Finora l'atteggiamento delle autorità palestinesi era stato tuttavia da molto cauto a piuttosto distaccato ogni qualvolta si parlava di estremismo islamico: la Jihad e Hamas hanno un'influenza non solo direttamente politica, ma soprattutto una forza sociale straordinaria che Arafat non può ignorare. L'organizzazione di intervento sociale, dai centri sanitari ai puri e semplici centri di carità in cibo, in denaro, in vestiti; le scuole che raccolgono i bambini fin dai primissimi anni d'età sono una rete invincibile. La striscia di Gaza conta ormai circa 150 asili. La maggiore delle istituzioni caritative di Gaza è situata nella grande moschea da cui predicava il famoso sceicco Ahmad Yassin, il capo dell'ala più estrema di Hamas, in prigione dal 1989. Le mura arabescate sono tappezzate di foto dei Martiri e di slogan che affermano che per amore di Allah è nostro maggior desiderio. Nella moschea di Al Rahma i giovani di Hamas fra i 17 e i 25 anni si prendono cura gratuitamente dei ragazzi fra i 12 e i 16 anni: giocano insieme con loro a ping- pong, a calcio. Ma soprattutto pregano molto insieme e insegnano la storia di Hamas, impartiscono gli insegnamenti bellicosi dello sceicco Yassin. In gennaio, su 450 bambini fra gli 11 e i 15 anni, solo il 43% si dichiarava a favore di Arafat, mentre il 57% gli preferiva lo sceicco Yassin, che giura morte agli israeliani. Fiamma Nirenstein

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