Il 24 dicembre ci sono i cattolici, il 7 gennaio i greci e il 18 gli armeni A Betlemme i turni in grotta
giovedì 23 dicembre 1999 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
BETLEMME 
NON cercatela in mezzo alla gran polvere di pietre bianche e rosa 
nuove di 
zecca, che, affannosamente, a poche ore dalla celebrazione del 
duemillesimo 
compleanno di Cristo, scalpellini e muratori si affannano a 
sistemare, 
pavimentando, restaurando, costruendo con frenesia. Sotto, sottoterra 
troverete Betlemme, nel buio delle grotte: nel buio è la memoria di 
duemila 
anni fa, nella tessitura di incavi rocciosi e umidi, nella Grotta 
della 
Mangiatoia e in quelle di San Gerolamo col libro e col teschio, nella 
roccia 
cupa della Strage degli Innocenti e nel bianco della Grotta del 
Latte, e 
fuori nelle grotte della vallata di Beit Sahur dove ancora oggi 
vagano i 
pastori con le stesse capre e la stessa kefia bianca con cui andarono 
a 
visitare Gesù Bambino. Oppure, guardate lontano, all'orizzonte, dove 
oltre 
il Campo dei Pastori brilla sul deserto la fortezza di Erode, 
l'Herodion, un 
enorme cono tagliato. Betlemme nel suo più largo significato 
simbolico la si 
trova sulla strada per giungervi da Gerusalemme: la santifica, prima 
della 
Natività , la Tomba di Rachel, verso Efrata, la Fruttifera, dove 
Giacobbe 
stesso pose una stele per la moglie e le donne sterili vanno a 
pregare, e da 
cui, quando Nabucodonosor deportò gli ebrei in Babilonia uscì 
piangendo, 
incontenibile, lo spirito della matriarca. Nel profilo dei monti e 
delle 
valli profonde, gialle di sabbia e bianche di case, nel segno di 
qualche 
mandorlo, o melograno o delle palme copiose al tempo di Cristo, 
intersecati 
con i campi d'orzo e di grano, se uno cerca può trovare il senso di 
Betlemme, una città così importante per noi giudeo-cristiani, 
inventori 
dell'idea che il Tempo debba per forza progredire verso il meglio. E' 
una 
città fatale: Cristo non avrebbe altro che potuto nascere là , perché 
il 
Messia, dicono le Scritture poteva sorgere solo dalla stirpe di David 
e a 
Betlemme. E prima di Cristo ha origine qui la storia giudaica post 
patriarcale, quando la bella moabita Ruth, bisnonna di David, viene 
scelta 
come sposa da Boaz: è una povera spigolatrice straniera l'ava di due 
re 
grandiosi, David e Gesù . Betlemme ha un segno materno: Rachel 
svanisce, 
appare Ruth, Ruth si dissolve nell'aria tremolante del deserto, ecco 
Maria 
che sfida il grande castello di Erode benchè esso all'orizzonte 
prometta 
crudeltà . Adesso all'Herodion ci si può infilare nei cunicoli 
sotterranei, 
al buio, al fresco, dove i ribelli maccabei tendevano trabocchetti ai 
soldati del re cattivo, mentre Maria partoriva, giunta a fatica da 
Nazaret a 
Betlemme per essere censita in quanto originaria del luogo ,con la 
sua 
famiglia. 
La Grotta dove è nato il Bambino, in fondo alla Basilica Bizantina, 
in fondo 
alla piazza di Betlemme, è divisa fra i Greci Ortodossi che hanno 
messo una 
stella d'argento nel punto dove è nato Gesù , e i Cattolici latini, 
ovvero i 
forti, determinati francescani custodi di Terra Santa, che hanno 
sistemato 
adornato, ripulito nei secoli la nicchia della Mangiatoia (è un 
ripiano un 
po' più basso, dato che le bestie come nelle nostre cascine stavano 
al piano 
di sotto rispetto agli umani). Si raccontano storie di saggi 
sacerdoti delle 
due confessioni cristiane che tuttora si spintonano e spostano 
sgarbatamente 
le reciproche suppellettili per difendere uno Status Quo sempre in 
forse: ma 
questo non succede a Natale, perché il 24 notte tutta la Grotta 
diventa 
latina, il 7 gennaio è tutta greca e il 18 armena, secondo le date 
dei 
rispettivi Natali e un gentleman aggreement che dura poche ore, e poi 
ricomincia la gara (anche gli armeni hanno un pezzettino di Basilica, 
anche 
se non di Grotta). 
La Grotta per eccellenza è adornata, striata di marmo e luci, 
tremolante di 
luce di candele sull'oro delle lampade orientali. Quelle di San 
Gerolamo, 
che con Sant'Eustochio e Santa Paola, matrone romane, seguì l'esempio 
della 
povertà di Cristo sono invece scabre. Sono segno dell' ambizione 
intellettuale non dalla Septuaginta (in greco) del periodo 
ellenistico, ma 
si buttò a studiare l'ebraico con il rabbino Eusebio di Cesarea ,e 
lavorò 
sull'originale. Sulle pareti si vedono sotto vetro i graffiti dei 
pellegrini 
crociati in visita . 
Fuori, all'aria, si avverte il traffico dei pullman nella strada 
sottostante 
la Chiesa, vola negli occhi la polvere dei restauri di pietra chiari, 
incompiuti, ambiziosi; ovunque sono sorte nuove costruzioni di cui la 
maggiore quella svedese sulla piazza completamente pavimentata a 
nuovo (ma 
ci sono una quantità di imprese belghe, tedesche, italiane che hanno 
partecipato alla risistemazione della cittadina palestinese in 
occasione del 
Natale). Aspettando tanti capi di Stato che Arafat accoglierà , tante 
autorità ecclesiastiche, tanta gente in piazza Betlemme si eccita, 
ronza 
come un motorino nel grande congegno di tre millenni di storia (mille 
anni 
prima di Cristo fu David). Le grotte soltanto sanno. 
            