I TRE GRANDI DILEMMI DI ISRAELE
mercoledì 19 marzo 2003 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
NELLE ultime ore prima della guerra il « dilemma Israele» fluttua
nell’ aria,
il grande punto interrogativo è sospeso nel cielo di questo paese
minuscolo
eppure sempre fatale per le sorti del mondo. Prima questione: Saddam
Hussein, una volta in guerra, attaccherà Israele? Dipende
innanzitutto dalla
sua capacità balistica, tuttora misteriosa. E se possiede ancora i
missili
che come nel ‘ 91 possano arrivare fino a Tel Aviv (ne piovvero 39),
li
armerà di materiali chimici o biologici, e ne farà un uso
convenzionale?
Questione cornuta: perché se decide di prendere di mira Tel Aviv,
rompe
quella che certamente, in queste ore in cui in fondo è un uomo che si
chiede
se vive o morrà , può essere la sua ancora di salvezza, ovvero il
fronte
europeo del dissenso alla guerra.
E se poi le armi contenessero orribili veleni, gas, virus, egli
dimostrerebbe, oltre a un ripugnante cinismo, anche di aver mentito
all’ Onu.
D’ altra parte, Saddam sa bene che attaccare Israele lo fornirebbe di
un’ arma
acuminata, ovvero la piazza araba, che si entusiasmerebbe. Saddam
potrebbe
anche aver deciso di lasciarsi l’ attacco a Israele come ultima carta,
da
usare solo con le spalle al muro: ma in questo caso sa bene che a
quel punto
il rischio che le sue armi siano state già distrutte è alto. Ovvero:
può
volerle usare quando già non può , mentre potrebbe quando ancora non
vuole.
Secondo dilemma: semmai Saddam colpirà , Israele risponderà ? Israele
non
promette di essere morbida come nel ‘ 91. Se dovesse subire un attacco
chimico o biologico, allora non ci sono dubbi: Israele risponderà ,
pena la
perdita di ogni deterrenza. Ma se un missile finisse in mare, o
distruggesse
una casa vuota, potrebbe decidere di non aggiungere il suo fuoco
all’ incendio che rischia di diventare mondiale. Questo chiedono gli
americani.
Ultimo grande dilemma: Israele assolverà il compito di pace
assegnatogli da
Bush alla vigilia? Gli americani, insieme agli inglesi, hanno
mondializzato,
insieme alla guerra, la « road map» israelo-palestinese, attribuendo a
questo
ultimo piano di pace una drammaticità , un’ urgenza pari quasi a quella
della
guerra, come ne dovessero essere il compenso promesso all’ Europa e al
Medio
Oriente. Quanto peso su questa scheggia di terra, che immensa
responsabilità .