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I TERRORISTI HANNO VOLUTO MARCARE LA LORO AUTONOMIA DA ARAFAT Vende tta per la nave sequestrata La risposta degli islamici all’ operazione del Moss ad

giovedì 10 gennaio 2002 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME HAMAS l’ ha annunciato da Beirut per bocca di Khaled Mashal, uno dei capi storici di Hamas, molto amico degli Hezbollah. Parlando a un pubblico plaudente, sembrava scoppiare di soddisfazione: « Questa mattina, con l’ aiuto di Dio, siamo stati benedetti da un’ operazione di successo» . E ha continuato raccontando l’ attentato dentro la Linea Verde, oltre l’ alta barriera di filo spinato elettronico che avrebbe dovuto dividere i terroristi infiltratisi dalla pattuglia di guardia nella tenda lungo il confine. L’ attentato arriva nel corso della storia arroventata della Karine A, la nave catturata dagli israeliani con un carico di più di sessanta tonnellate di armi, ma anche dopo tre settimane di tranquillità quasi totale: viene cioè a rompere una situazione di attesa, prima che gli americani spingano con tutte le forze il premier Sharon a cominciare a contare i sette giorni di silenzio necessari a mettere in funzione i famosi accordi Tenet e Mitchell, quelli che rimettono in moto le trattative. Gli uomini di Hamas sono venuti con le divise della polizia di Arafat; uno dei due palestinesi uccisi era un graduato importante nella Marina dell’ Autorità Palestinese. Questo vuol dire che Arafat ha dato l'ordine? Probabilmente no, ma, ripetono gli israeliani, certo non ha fatto abbastanza per fermare un’ operazione che per la sua complessità e il numero delle persone coinvolte (otto) ha richiesto una lunga preparazione e un buon armamentario. Del resto gli arresti e in generale la rottura con Hamas sono state poco incisive, l’ organizzazione integralista islamica mostra qui di avere una sua solida struttura in buona salute. Perché ha agito adesso? Intanto, per proclamare che anche se non colpisce civili con attentati suicidi, come ha promesso ad Arafat, si riserva la sua libertà di movimento, il suo proclama politico di distruzione dell'entità sionista è sempre in moto. Mentre l’ Iran e la milizia libanese Hezbollah proclamano (una settimana fa, a Teheran) che Israele è un cancro da estirpare, Hamas non può starsene zitto e lasciare tutto il palcoscenico agli altri, soprattutto se l'inviato speciale americano per il medioriente Anthony Zinni è in circolazione. Insomma, un'operazione di bandiera che ha come risultato immediato lo stop al documento Mitchell. In secondo luogo, la nave battente bandiera di Tonga intercettata la settimana scorsa nel Mar Rosso: se le armi che trasportava erano dirette all'Autorità Palestinese - come ormai sembra aver dato segno di confermare anche il segretario di Stato americano Colin Powell, quando ieri ha affermato che l'operazione israeliana è legittima e che « Arafat deve spiegare» , e come sembra che martedì scorso lo stesso Zinni avesse saputo e poi nascosto per motivi diplomatici (ovvero il riavvio del processo di pace) - le forze palestinesi belligeranti hanno un bel rospo sullo stomaco. Hanno perduto (sempre, ripetiamo, che l’ ipotesi sia veritiera) forse il maggiore quantitativo d’ armi che abbiano mai acquistato: di conseguenza, come dice Ehud Yaari, il più famoso fra gli esperti di cose palestinesi, l’ attacco è una vendetta per l’ operazione israeliana e una risposta prettamente militare. Hamas vuole presentarsi, in un’ occasione in cui la lotta armata perde i suoi mezzi tecnici, come un braccio armato invincibile; che però , per stare ai patti con Arafat, colpisce solo i soldati, sia pure, audacemente e con spirito di indipendenza rispetto al rais, dentro la Linea Verde, in Israele e non nei Territori. Sharon ha la sua risposta consueta, che consiste in un « ve l’ avevo detto io, i palestinesi non hanno intenzione di fare la pace» : infatti, sostiene che la condanna di Arafat non vale nulla e che i fatti confermano che mente. Così come per i palestinesi fa una differenza attaccare i soldati o i civili, per Israele invece è un punto d’ onore ribadire che l’ attacco agli uni e agli altri è la stessa cosa. Tanto più dentro la Linea Verde. E ancora di più se si tratta di soldati beduini, una minoranza sensibile e protestataria, cui Sharon adesso dovrà , con la sua reazione, fornire le prove della sua lealtà . D’ altra parte, proprio per la vicinanza religiosa fra beduini e palestinesi, Sharon è già sottoposto da parte di alcuni leader a una pressione di segno opposto. Di sicuro, sia la vicenda della nave che intanto si stringe intorno ad Arafat e all'Iran (Israele ha mandato ieri alcuni uomini del Mossad a spiegare l'intera vicenda agli americani, con prove e nomi) sia, ancor più , l’ attacco di ieri, hanno risvegliato un grande nervosismo: Sharon ha chiamato l’ Autorità Palestinese « l’ Impero della bugia» e ha attribuito l’ attacco alla « strategia del terrore» di Arafat. A Ramallah Arafat ironizzava durante una riunione sulla vicenda della nave, e proclamava che Israele ha mentito. Il capo di Stato maggiore israeliano Shaul Mofaz diceva che è quasi sicuro che nell’ azione terrorista Hamas abbia collaborato con la Polizia palestinese. Nel campo di Rafah, giovani mascherati di Hamas alla notizia dell’ attentato hanno dato sparato per aria, festeggiato, dichiarato che presto ci saranno altri « martiri» . Su Gerusalemme, ieri è caduta una fitta neve, bellissima e triste. Non si vede a un palmo dal naso.

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