I RAISS DAVANTI ALLA TV L’ ULTIMO CANTO DEL GALLO
giovedì 20 ottobre 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
LE voci e le immagini rotte continuamente da problemi tecnici televisivi
davvero troppo stravaganti per l’ importanza del momento, la qualità
dell’ immagine sfilacciata, Saddam Hussein, e il giudicie Rizgar Mohammed
Amin, col coro greco dei sette coimputati di Saddam e dei cinque giudici
colleghi di Rizgar, hanno messo in scena uno fra i più importanti drammi
mondiali sul polveroso scenario del Medio Oriente.
Chi non l’ ha guardato avidamente, in Siria, Egitto, Arabia Saudita, Iran,
Israele? Chi non vi ha letto i segni del proprio stesso destino? Chi non ha
soppesato lo sdegnoso atteggiamento del tiranno deposto, interrogandosi
sulla spocchia ostentata, se risponda a uno stato d’ animo autentico e,
peggio, a una reale speranza di tornare a imporre il dominio baathista, o se
sia stato solo l’ ultimo canto del gallo; chi non ha scrutato Amin,
verificando nei suoi occhi la paura di essere trucidato per strada da una
missile terra-terra o da sicari armati di kalashnikov, e trovando invece sul
bel viso ornato da baffi curdi una quieta, eroica fiducia nella legge?
Agli occhi mediorientali, a povera messinscena è un serio errore degli
organizzatori; qui si acconciano le proprie ricorrenze storiche con la pompa
e la formalità dovuta, è strano che gli americani e il governo dell’ Iraq non
abbiano cercato di evitare l’ aria di paura che si leggeva nella miseria
della presentazione tv. L’ evento avrebbe dovuto essere, riguardando un
tiranno che ha ucciso centinaia di migliaia dei suoi cittadini, molto più
simbolico nella forma. D’ altra parte però , Saddam nel box bianco come una
gabbia per polli o come il lettino di un bebè , identico a quelli approntati
per i suoi uomini, quelli che tremavano a ogni sua parola, fa intravedere a
ogni rais la possibilità di dovere un giorno rendere conto delle
persecuzioni delle minoranze, della promozione del terrorismo, delle stragi
perpetrate.
Assad deve aver ricordato, fra l’ altro, quella di Hama compiuta da suo padre
e deve aver pensato con un brivido alle accuse attuali contro il suo governo
di sostenere il terrore e di aver ucciso Rafik Hariri, le memorie del
Settembre Nero di re Hussein devono aver rannuvolato il totalmente innocente
giovane Abdullah di Giordania che pure cerca un’ emancipazione democratica;
anche i sovrani sauditi e Mubarak di Egitto e gli Ajatollah iraniani, e
Gheddafi, e gli altri, devono aver pensato ai decenni di imprigionamenti e
di torture contro i dissidenti e probabilmente hanno tremato.
Il messaggio del processo di Saddam sarà certo accompagnato da molte,
estenuanti discussioni che proseguiranno un tempo infinito quanto lo sarà
quello dell’ assemblamento, una a una, delle prove di tutte le imprese del
deposto dittatore sunnita; ma anche se molti ripeteranno che si tratta di un
processo illegittimo i cui fili sono tirati dagli americani il significato
basilare è uno: è giunto il tempo della responsabilità e forse della
libertà , persino nel Medio Oriente.