I nuovi testi di storia sostengono che nel ‘ 48 gli ebrei non erano più deboli degli arabi Israele, la pace nei libri di scuola Si accettano anche le ragioni dei palestinesi
domenica 19 settembre 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
QUANDO Yzhack Rabin sei anni fa strinse la mano di Arafat, ben presto
l’ impensabile gesto si trasformò in costume con un’ esplosione di
libertà
giovanile, di « trans» e misticismo antimilitare; in high tech; in un
fiorire
di attività edilizia ambiziose e per lo più disgraziate; in un
assalto delle
mamme all’ esercito; in una quantità di musica, di letteratura, di
cinema...
I tractoronim, piccoli trattori ad alta velocità che si possono
guidare
senza patente cominciarono ad apparire in frotte tonanti e pericolose
sulle
spiagge di Cesarea e di Herzlya Pituah, caricatura consumistica dei
trattori
dei kibbutz sionisti; di autobus della compagnia statale Egged, un
tempo lo
sport nazionale con cui si andava avventurosamente a trovare uno zio
a
Natanya da Tel Aviv come fosse un lungo viaggio, furono soppiantati
da una
varietà di automobili superaccessoriate e in numero molto superiore a
quello
che un piccolo Paese come Israele può sopportare; collezionano a
tutt’ oggi
un tasso di incidenti superiore ad ogni ragionevole aspettativa. La
soddisfazione maggiore, comunque, fu improvvisamente poter viaggiare
in
Giordania, attraversare il confine con uno degli Stati arabi
confinanti
senza essere una spia del Mossad, e provare la meravigliosa
sensazione di
non essere rinchiusi in un fazzoletto di terra da cui si può solo
volare
via.
Poi Rabin fu assassinato, gli autobus cominciarono ad esplodere,
Netanyahu
vinse le elezioni... Solo adesso, dopo che Barak ha ricominciato a
stringere
la mano ad Arafat e a essere benedetto da Clinton, la rivoluzione
culturale
ha ripreso fiato, insieme alla domanda, anzi alla polemica, su quanto
possa
Israele avviarsi ad essere uguale alla Svizzera, all’ Italia, alla
Francia...
I libri di testo delle scuole statali sono arrivati primi nella gara
della
normalizzazione, e hanno anche oltrepassato, nello slancio, il
traguardo;
adesso fanno discutere assai: in una parola, i libri nuovi adottati
dal
ministero della Pubblica Istruzione riflettono in gran parte le tesi
della
scuola dei Nuovi Storici, fra cui i più famosi, anche in Italia, sono
Benny
Morris, Tom Segev, Ilan Pappe, che sostengono che gli ebrei nel ‘ 48
non
erano affatto deboli e che combatterono gli eserciti arabi che li
attaccarono non soltanto per difendersi da una posizione di assoluta
minorità come vuole il mito sionista.
« Quasi su ogni fronte e quasi in ogni battaglia - scrive lo storico
Eyal
Naveh nel nuovo libro per la prima liceo -, gli ebrei erano
avvantaggiati
rispetto agli arabi quanto a pianificazione, organizzazione ed
equipaggiamento, ed anche nel numero dei soldati preparati a
combattere...» .
Il nuovo testo invita anche gli studenti a comprendere quanto per i
palestinesi (che finalmente vengono chiamati col loro nome, sin
dall’ inizio)
deve essere stata inaccettabile allora la presenza degli ebrei, e
sostiene
anche che per la massima parte gli arabi furono cacciati dai loro
villaggi
sulla punta del fucile, e non si limitarono a fuggire per ordine dei
leader
arabi. Ora, le tesi dei nuovi storici che ritornano in forma
ufficiale sul
proscenio della bella Israele che cerca la pace, sono ancora tuttavia
molto
controverse ed anche ideologiche.
Senza entrare in dettagli, furono una decina gli eserciti arabi con
un’ infinita riserva di risorse umane alle spalle che assalirono 600
mila
ebrei ancora poco amalgamati i quali spinsero allo stremo il loro
sforzo
perdendo un intollerabile un per cento di uomini; e anche le armi
pesanti, i
carri armati, le forze aeree, l’ artiglieria, erano beni che gli ebrei
non
possedevano quasi per niente, mentre gli eserciti arabi ne avevano in
quantità . E’ pur vero, d’ altra parte, che gli israeliani hanno poi
costruito
un mito di fondazione che escludeva l’ esistenza stessa del popolo
palestinese, e che limitava al massimo le proprie responsabilità in
una
cacciata che invece talora fu perseguita e pianificata. Altre volte,
invece,
non fu così : ma le rivoluzioni non stanno tanto a discernere la
farina dal
loglio, e quello che il giornalista e studioso David Weinberg ha
chiamato
sulle pagine dei giornali « libro sovversivo» , è in realtà una tessera
del
mosaico di cultura pacifista che si compone in questi mesi e che fra
poco,
se gli attentati non diventeranno di nuovo come al tempo di Peres
mortali,
sarà pervasiva. Ne è un segnale forse ancora più significativo la
decisione
dei giorni scorsi da parte della Corte Suprema di abolire l’ uso della
forza
fisica da parte dei servizi segreti dell’ interno, lo Shin Bet: prima
era
permesso (sia pure con precise regole di moderazione) nel caso si
avesse in
mano un terrorista a conoscenza dei segreti di « una bomba
ticchettante» .
L’ incessante campagna delle organizzazioni per i diritti civili ha
portato a
una giusta vittoria delle regole della democrazia di cui la
maggioranza del
Paese si è dichiarata fiera e felice; altri, invece, si sono
dichiarati
preoccupati. « Il lavoro di intelligence - commenta Boaz Ganor, il
capo
dell’ Istituto Nazionale per la Politica Antiterrorista - non si fa
con i
blocchi stradali, né con le perquisizioni, né con le ronde, ma solo
con le
informazioni dei servizi segreti. Solo questo aiuta. E se sai, e
anche loro
lo sanno, che i metodi di interrogatorio sono ormai ristretti, devi
anche
renderti conto che hai bloccato un fondamentale canale di
informazione di
intelligence che può evitare centinaia di morti» .
Ma la cultura della pace non conosce limiti: Yossi Beilin, ministro
della
Giustizia, considera un problema politico generale il rilascio dei
prigionieri palestinesi che abbiano ucciso cittadini israeliani; ma
non
ritiene affatto parallelo il problema degli assassini ebrei di
palestinesi,
che non intende in nessun caso liberare; vuole anche revocare le
leggi che
consentono l’ ingresso improvviso dell’ esercito e della polizia nei
luoghi
pubblici come i cinema o i supermarket, e che danno la possibilità di
requisire beni di gruppi sospetti terroristi. Ben Beilin definisce
queste
leggi « obsolete» , e questo mentre si scopre che le organizzazioni
terroriste
di Hamas e della Jihad, benché in parte in crisi, hanno ancora
perfino il
potere di reclutare e mandare al suicidio omicida anche gli arabi
israeliani. E tuttavia, Beilin ha una sua potentissima ragione:
quella della
cultura, del tempo, della democrazia, e anche della moda, su cui
sovrintende, grandiosa, quella della pace. Cinque astrazioni che
guidano
tutta la storia umana contemporanea, amplificati oggi, quanto non
mai, dai
media. La pace non è una stretta di mano, ma ormai piuttosto un libro
di cui
parlano molto i giornali.
