I GRANDI CORTEI PACIFISTI SONO L’ ULTIMO DI UNA SERIE DI EPISODI CHE STUPISCONO LO STATO EBRAICO Israele-Europa, i giorni dell’ incomun icabilità
giovedì 20 febbraio 2003 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
L'EUROPA, nella percezione d'Israele, è lontana, pericolosamente
lontana
dal Medio Oriente; il piano di pace detto « road map» che il Quartetto
aveva
preparato come proposta unitaria e che sembrava l'unica prospettiva
immediata di ripresa dei colloqui rischia di diventare irrilevante a
causa
del ruolo ostile che gli europei, sempre di più , stanno acquistando
agli
occhi dello Stato ebraico. Lo ha scritto preoccupato uno dei
commentatori
più rispettati e anziani, Zeev Schiff, sul quotidiano intellettuale
d'Israele, « Haaretz» , ed è solo una delle voci stupite che dal Paese
si leva
in questi giorni parlando dell'Europa. Ci sono dati nuvoi e vecchi, e
naturalmente sorprendono le immense manifestazioni per la pace che
agli
occhi di un Paese che ha ricevuto 29 missili da Saddam Hussein, lo
stesso
che dà 25mila dollari a ogni famiglia di terrorista suicida, appaiono
incomprensibili. Prova ne sia il fatto che in piazza a manifestare
per la
pace con l'Iraq c'erano poco più di un migliaio di persone, anche se
il 20
per cento degli israeliani si dichiara contro la guerra e dice di
essere
molto più preoccupato dagli attentati palestinesi che non dal Raí ss
di
Baghdad.
Israele guarda all'Europa con stupore per vari motivi: finalmente
dopo
quattro mesi il membro del Parlamento europeo Franç ois Zimeray è
riuscito a
raccogliere 157 firme su 626 deputati per indagare sui dieci milioni
di euro
al mese donati dall’ Ue all'Autonomia Palestinese e che si teme siano
in
parte finiti in operazioni terroristiche; eppure la resistenza di
Strasburgo
a indagare è enorme e molto attiva, sembra proprio che il commissario
europeo agli Esteri Chris Patten desideri questa indagine « come un
buco in
testa» , come ha dichiarato.
Il nodo attuale Europa-Israele sta diventando molto stretto: a quello
che
Israele giudica un atteggiamento sbilanciato sul conflitto
israelo-palestinese, si aggiunge la spaccatura europea sulla guerra a
Saddam
in cui giocano un ruolo chiave proprio la Germania e la Francia, i
due Paesi
di cui è impossibile per lo Stato ebraico ignorare il passato
antisemita,
sia pure fatte le dovute differenze.
Sia l'Anti-Defamation League, sia vari gruppi di studio su
quest'ultimo
tema, fra i quali quello del professor Robert Wistrich
dell'università di
Gerusalemme, mettono inoltre in guardia da un teorema che ritengono
possa
invadere l'opinione pubblica europea: l'America fa male ad attaccare
l'Iraq,
lo fa per difendere i suoi interessi rappresentati in Medio Oriente
da
Israele; Israele si comporta in maniera riprovevole verso i
palestinesi; gli
ebrei, difensori di Israele, sono riprovevole parte di questa guerra.
La
crescita degli episodi di antisemitismo unita alla presa di posizione
della
Germania ha fatto dire al famoso commentatore israeliano della Cnn
Hemi
Shalev: « La mente tedesca ha il talento di non fare errori se non i
più
spaventosi» . Sulla Francia poi i giudizi sono devastanti. « Tutto
quello che
Israele ha sofferto negli anni dai governi francesi che si sono
allineati
agli arabi lo soffrono ora gli Usa... Coloro che conoscono
l'atteggiamento
di Parigi, ostile a Israele in tempi di sofferenza e crisi, non
saranno
sorpresi dal tentativo di rompere le fila del mondo libero che
desidera solo
disarmare un regime fascista distruggendo il suo arsenale di armi di
distruzione di massa... e tutto questo per i suoi interessi» : così
Uri Dan,
un giornalista vicino a Sharon.
Ma anche la sinistra è critica rispetto a quello che accade oggi in
Europa:
sempre « Haaretz» nel suo editoriale, uno spazio molto spesso dedicato
a
criticare Sharon e Netanyahu, ha respinto senza mezze parole con
tutte le
sue forze l'episodio più drammatico di questi giorni: la Corte
Suprema belga
ha accettato (sembra, adesso, sotto l'influenza del governo) di
mettere
sotto processo israeliani eventualmente connessi all'episodio di
Sabra e
Chatila che non abbiano immunità diplomatica, e quindi anche Sharon
dopo la
scadenza del suo mandato. « Haaretz» ricorda le atrocità commesse dai
falangisti a Beirut, in un territorio in cui l'esercito israeliano
era
responsabile, si chiede che cosa abbia a che fare il Belgio con
questa
vicenda, si chiede quale autorità abbia un Paese dal passato
coloniale
scandaloso e insanguinato, si chiede come mai abbia deciso proprio di
processare gli israeliani mettendosi al di sopra di tutte le
giustizie del
mondo, dato che Sharon ha già avuto un processo in Israele e uno
negli Usa
dove l'attuale primo ministro aveva citato in giudizio il settimanale
« Time» , e si stupisce che proprio gli israeliani, con tanti sospetti
o
accertati criminali di guerra che si aggirano per il mondo, debbano
sempre
essere presi di mira: falangisti e libanesi vari, responsabili più
direttamente di Sharon nella strage e mai giudicati, la giustizia
belga non
li ha presi nemmeno in considerazione, dice il giornale. Tuttavia
Israele ha
dato grande rilievo alla decisione del sindaco di Roma Walter
Veltroni di
non incontrare Tarek Aziz dopo la sua discriminazione di un
giornalista
israeliano, e spesso si rallegra dell'atteggiamento italiano,
spagnolo e
degli altri Paesi europei che reputa meno antisemiti e insieme più
equilibrati nel giudizio sulla guerra.
La reazione di Israele a quelle che ritiene ingiustizie è tutt'altro
che
timida: il ministero degli Esteri moltiplica le azioni e gli incontri
con i
Paesi europei per combattere e prevenire l'antisemitismo, ma non si
illude
che bastino le parole. Il segnale dato da Netanyahu ritirando dal
Belgio
l'ambasciatore, la reazione dei commentatori che hanno puntato il
dito sugli
interessi economici del Belgio e i molti episodi di antisemitismo,
persino
il curioso embargo stabilito da un grande albergo di Eilat, il
Princess,
agli ospiti belgi, sono segni di nervosa saturazione; Sharon forse
tenterà
adesso di convincere Bush che la prossima « Road Map» non considera
come una
tappa obbligata Strasburgo.