I GIORNALI ISRAELIANI IPOTIZZANO LA FINE POLITICA DEL PREMIER Sharon si prepara al duello finale col suo nemico: il Likud Il partito non appoggia il piano per il ritiro unilaterale da Gaza, nemmeno nella versione edulcorata
sabato 29 maggio 2004 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
« Sharon è finito» , « La fine di Sharon» ...quasi tutti i quotidiani
israeliani, ieri portavano un titolo di questo tenore. Questo, mentre
circolava su internet e arrivava ai ministri, definito nei particolari per
la prima volta, il nuovo piano di disimpegno da Gaza che il primo ministro
israeliano vuole disperatamente, si può proprio dir così , far passare. Nella
sua fattoria di Havat ha Shichnim, al sud, le consultazioni continuano
frenetiche: domenica Sharon ha promesso di portare il piano alla riunione di
Gabinetto, ma nella serata di ieri ormai era in dubbio se rimandare
l’ appuntamento. Dopo il voto del Likud in cui la maggioranza si è rifiutata
di approvare il piano, i ministri del governo hanno cominciato a
fantasticare su un domani senza il vecchio leone che inopinatamente è
passato dal fronte degli insediamenti a quello della pace tramite lo
sgombero unilaterale.
E più di tutti sembra ormai intenzionato ad abbandonarlo, accellerando così
il suo futuro di prossimo primo ministro Benyamin « Bibi» Netanyahu, il
delfino incoronato; Netanyahu, quando Arieh Sharon era tornato dagli Usa
dopo aver ricevuto, contro lo smantellamento degli insediamenti, la
benedizione e molte promesse di aiuto di George Bush, aveva accettato a mala
pena l’ idea di lasciare ai palestinesi territori in cui, secondo il suo
punto di vista, ben presto si sarebbe costituito un esercito armato per la
distruzione di Israele; ma aveva accettato ottenendo da Sharon che, prima di
qualsiasi concessione, completasse la barriera di sicurezza. Poi, la
sconfitta inopinata da parte degli iscritti al Likud, e l’ insurrezione di
parecchi ministri.
Il ministro senza portafogli Uzi Landau, il ministro dell’ agrcoltura Israel
Katz, il ministro per la Diaspora e Gerusalemme, Nathan Sharansky erano
sempre rimasti contro l’ idea di agire unilateralmente senza nemmeno provare
a chiedere un cambiamento di politica, come prevede la road map, all’ altra
parte. Anche i settler, d’ accordo con loro ripetevano lo slogan « non
lasciamo ai terroristi le nostre case» . Il ministro degli Esteri Silvan
Shalom, Limor Livnat ministro dell’ educazione, e Dan Naveh ministro della
Sanità , si erano fatti convincere da Netanyahu. Ma oggi, non sono più
disposti. E sembra che anche Tommy Lapid, del partito laico Shinui, ministro
della Giustizia, non si accontenti del nuovo piano troppo fievole di Sharon
e gli ritiri l’ aiuto dei suoi cinque uomini. Per ragioni opposte,
naturalmente i ministri dei due partiti di destra, come il ministro del
turismo Beny Elon dicono: « Persino lo sgombero di un insediamento non può
essere accettato» .
E il nuovo piano invece, in quattro fasi, comincia proprio con lo sgombero
di tre insediamenti a Gaza, ma in una dimensione sperimentale che si ispira
alla Road Map: ogni passo prevede un intervallo per verificare se sui
territori lasciati si crea tranquillità , o nuove basi terroriste. Il piano
nuovo lascia da parte l’ idea dell’ unilateralismo, perchè molti pretendono
uno scambio, una trattativa con i palestinesi: ciò rende il piano più
appetibile all’ opinione pubblica internazionale (dice Silvan Shalom), e
garantisce forse un cambiamento del regime che ha portato all’ Intifada (dice
Sharansky). Il piano prima stabiliva di consegnare tutte e case ai
palestinesi, ora si parla di distruggere « edifici sensibili» come le
sinagoghe e di consegnare le strutture di pubblico uso a autorità
internazionali; la zona industriale di Erez passerebbe ai palestinesi.
La formula originaria di Sharon parlava di una « migliore situazione di
sicurezza» ; oggi di « una situazione migliore quanto alla sicurezza, la
diplomazia, l’ economia, la demografia» . Sharon prevede anche un corpo
internazionale costituito dai Paesi donatori « per vivificare la situazione
economica dei palestinesi» . Netanyahu sostiene che quanto più il piano nuovo
si distanzia dal primo, tanto più facile, a fronte del « no» del Likud, gli
sarà sostenerlo. Il ministro del tesoro si era anche spinto a immaginare un
suo sostegno a uno sgombero « una tantum» : ma non funzionerebbe. Umilierebbe
Sharon, porterebbe Bush a rimangiarsi l’ aiuto a Israele, farebbe irritare
l’ esercito che è favorevole allo sgombero sia di Gaza che di una parte della
West Bank in una sola volta, per motivi di sicurezza. Insomma, Sharon, con
grande soddisfazione di chi lo odia per la sua dura lotta contro il
terrorismo, rischia di diventare, per la storia, semplicemente il primo
ministro che ha rotto senza risultati il tabu di uno smantellamento in
grande degli insediamenti, un altro Ehud Barak disperato. Forse se avesse
ottenuto più diretto sostegno da parte dell’ Europa, che parla all’ orecchio
dei palestinesi, le cose avrebbero potuto andare meglio.