I FONDAMENTALISTI ISLAMICI TRA DIVISIONI E REPRESSIONE Hamas, l’ off ensiva della disperazione I killer non hanno più libertà d’ azione nei Territ ori
lunedì 6 settembre 1999 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
CI teneva Hamas a far sentire il vile ruggito dei suoi attentati
proprio
all’ indomani della festa di pace di Sharm El Sheikh: all’ impazzata,
quasi in
preda ad una crisi isterica, ha scagliato come proiettili le sue due
automobili cariche di tritolo nel cuore delle grandi città del Nord,
Tiberiade e Haifa, ma come un bruto impazzito se le è fatte esplodere
in
mano. Tutte e due. E’ fortuna per la gente della strada, fortuna
anche per
il processo di pace che già la strada non sia cosparsa di cadaveri
come dopo
l’ accordo di Oslo. Allora gli attentati fecero rapidamente più di 200
morti,
gli autobus scoppiavano come palloni: sotto una pioggia scrosciante,
poco
dopo la morte di Rabin, Peres si affacciò col volto rigato anche di
lacrime
su uno di quegli scheletri contorti carico di vecchi, donne e ragazzi
che
andavano a scuola, tutti morti. Perché la mattina presto è questa la
gente
che va in autobus: i civili più inermi. Poi Netanyahu vinse le
elezioni. E
si vantò molto in seguito di essere riuscito a bloccare gli attentati
con
una dura politica verso Arafat; ma tutti sapevano che Hamas e la
Jihad
islamica restavano acquattati perché , tanto, il processo di pace non
si
muoveva comunque. Adesso che le prossime settimane sono decisive
proprio per
la pace, ecco di nuovo gli attentati. L’ Autonomia Palestinese deve
ricevere
territori, il porto di Gaza, la strada di unione tra Gaza e West
Bank, si
devono fermare gli insediamenti, si deve persino dare il via ai
colloqui
definitivi. E Hamas, torna con le sue bombe.
Intanto, però , sono accadute parecchie cose: la più recente è la
cacciata
dell’ organizzazione da Amman, dove teneva una delle sue formazioni
più
estreme, da parte di re Abdullah, che l’ aveva promesso a Barak
proprio per
salvaguardare il processo di pace di cui è , come il padre, un
paladino. Ma
l’ erosione della forza di Hamas ha radici anzitutto nella cattura e
nell’ uccisione, nel corso di questi ultimi tre anni, di figure
centrali
della parte militare del movimento. Arafat ha finalmente valutato che
Hamas
era contro di lui quasi come contro Israele; che il processo di pace
è la
base stessa del suo potere; e che la stessa esistenza del movimento
islamico
è rappresentare un’ alternativa all’ Olp. Esso vuole uno Stato islamico
religioso, e non secolare come quello di Arafat; lo vuole che includa
tutti
i territori della Palestina, e non solo una parte; lo vuole in
guerra, e non
intento in negoziati diplomatici. Lo sceicco Yassin, capo
riconosciuto di
Hamas, benché abbia reagito agli accordi di sabato lasciando
intendere che
la sua organizzazione perseguirà i suoi fini anche facendo uso di
attentati,
pure è ultimamente criticato dai suoi per la debolezza nei confronti
di
Arafat, per aver lasciato che si chiudesse la base giordana, per aver
lasciato morire e imprigionare, così lo rimproverano, tanti dei suoi
senza
colpo ferire, scegliendo invece di rafforzare la parte proselitistica
e
religiosa. Magari non sarà ignaro degli attentati di ieri, ma non si
intravede né compattezza né geometrica potenza dietro quello che è
accduto:
solo fretta e ferocia.
Arafat non ha voglia, di sicuro, di vedersi rovinare questa ultima
fondamentale mano di carte con Israele, che può fare di lui il
fondatore di
un vero Stato con degni confini, istituzioni, con un’ economia
certamente
molto facilitata dalla costruzione del porto e dalla strada di
collegamento
con West Bank. Probabilmente oggi rimpiange una troppo lunga
commistione con
i suoi ex amici. La prova della stretta di Arafat è prima di tutto
nella
sequenza di pesanti operazioni contro Hamas, ma ultimamente anche
negli
interventi di Jibril Rajub, capo della polizia, che aveva ieri stesso
messo
tutti in guardia e diffidato Hamas dal fare mosse inconsulte. Lo
sceicco
Yassin, del resto, aveva già ripetutamente discusso con Arafat il
ritorno
dell’ organizzazione alle sue basi filantropiche pre-Intifada. Da quel
vecchio astuto che è , ha certamente capito che proporsi adesso che
Arafat è
al suo massimo momento di fama internazionale come nemico giurato,
non gli
conviene. E’ così , per esempio, che si è formato contro Yassin stesso
il
gruppo « Unità dei Martiri Yehie Ajash» ; e mentre la Giordania lo
caccia,
Hamas tuttavia si tiene allenato ed armato in campi iraniani poco
lontano da
Teheran; e il 21 di luglio, a Damasco, Hamas ha giurato insieme ad
altri
otto gruppi palestinesi di stanza in Siria di lottare tutti insieme
contro
qualsiasi accordo di pace tra Israele e Palestina.