I FESTEGGIAMENTI ANCORA INCREDULI I MILIZIANI DELL’ OLP CON I LORO INU TILI POSTER DI ARAFAT Una marea verde a Ramallah: abbiamo spazzato via i corrotti
venerdì 27 gennaio 2006 La Stampa 0 commenti
reportage
FIAMMA NIRENSTEIN
inviata a RAMALLAH
« Tutto il popolo è in stato di choc» , sorride con aria un po’ stupida un
poliziotto palestinese. Hamas ha vinto. Davvero? Non ci credo. Così mi
risponde un vecchietto con la kefia, e si mette a ridere. Non è possibile,
sembra suggerire dalle mura di Ramallah il manifesto oggi davvero obsoleto
che effigia Arafat con Abu Mazen. Fra un poco però lo capiranno tutti e
allora altro che choc. Rivoluzione. Ci vorrà qualche ora prima che Hamas
mostri la sua faccia raggiante e Fatah la sua rabbia. Fino all’ ora di pranzo
quando sulle strade si lancia con manifestazioni e bandiere verdi l’ urlo
della vittoria più imbarazzante del mondo, nessuno ci crede veramente.
Ancora i giornali della mattina parlano di affermazione di Hamas, ma certo
non della caduta del mito di Fatah. « Adesso» , dice sconsolata Fatma, una
ventenne che porta occhiali tondi e un giaccone con pelliccia, e ha i libri
sotto il braccio mentre apprende da me la notizia, « il mondo intero penserà
che siamo tutti estremisti religiosi pazzi, che vogliamo la sharia e il
taglio della mano, e chiudere ristoranti e teatri. E poi, chi mi darà lo
stipendio di insegnante? E al mio fidanzato poliziotto? Come il ministro
della Difesa? E chi darà soldi al ministro della Difesa di Hamas? Gli Usa?
L’ Europa?» . Fatma ha detto tutto, o quasi. Le domande che si affollano nella
mente di tutti i leader del mondo affollano il cielo palestinese, e anche
quello israeliano.
La gente nelle prime ore della mattina è perplessa: « Che razza di scherzi ci
hanno fatto i sondaggi!» , si lamenta un gruppetto di giovani seduti al caffè
battendo la mano sui giornali. Una falange di donne vestite secondo la
foggia religosa offre la prima manifestazione di gioia: « Sapevamo che con
questo voto sarebbe cominciata la nostra libertà dal Fatah corrotto e
prepotente» .
Piano piano una sensazione elettrica si insinua nell’ aria, sulle colline di
Hebron che è un autentico Hamastan, o a Gaza, dove nelle strade la folla
comincia a liberarsi dallo stupore solo quando il sole è alto. Fatah non
vuole credere di aver perso, e Hamas d’ improvviso ha paura di aver vinto:
« Ma noi non governeremo insieme a loro. Il popolo ha parlato, e adesso, che
governino» , dice sprezzante Jibril Rajub a Ramallah. Votato a Hebron, suo
fratello Naef, capo di Hamas, lo batte di gran lunga. Nel suo studio si
canta, gli attivisti ballano nello stretto ingresso e Rajub numero due che
adesso è numero uno dice: « Abbiamo vinto perché Fatah non ha saputo
corregere i suoi errori e perché la nostra è la via dell’ Islam. Fatah ha
condotto trattative irrilevanti e fallimentari, si è fatto mettere in scacco
da Israele per dieci anni. Non ci siederemo allo stesso tavolo. Noi facciamo
e parliamo. Loro hanno solo chiacchierato» .
Cerchiamo qualcuno dell’ Autonomia Palestinese, nessuno è disposto a parlare
fuorchè Saeb Erakat che dà tutta la colpa a Israele: « Non ha sostenuto Abu
Mazen, ora si merita Hamas» . E quando cominciano a uscire i cortei a metà
giornata, a Gaza parla il capo di Hamas Ismail Haniyeh, che presto
probabilmente sarà premier: mostra un sorriso perbenista e porge la mano a
Fatah per non agitare Abu Mazen. Ma i ragazzi che invadono le strade di
Ramallah con l’ indice levato per indicare sia l’ unicità di Dio che
l’ inchiostro del seggio elettorale, sono il solito vecchio Hamas: maschere
nere, bandiere verdi, spari in aria, slogan di sangue. Giunti al parlamento,
un gruppetto si arrampica l’ uno sull’ altro, fino a un’ alta terrazza sopra la
porta, e piantano la loro bandiera sulla facciata. La folla grida e canta.
Ma ecco il primo segnale di quello che potrebbe succedere ad altri livelli:
ragazzi con la kefia e i distintivi di Fatah si arrampica a sua volta; in un
primo scontro vincono, la bandiera di Hamas viene strappata via. La folla
però , mentre volano pietre e si spara in alto, entra nell’ edificio e
rioccupa le postazioni. Due ragazzi vengono feriti gravemente; poi la
polizia (formata soprattutto da milizie fedeli a Fatah) inteviene.
Anche in piazza Manara ci sono verso sera i primi scontri. « Si sono aperti i
cancelli dell'inferno» , dice Naji, 27 anni, due figli, insegnante, che
guarda incredulo la folla verde. Pensava che Abu Mazen, per quanto debole,
ce l’ avrebbe fatta a trovare un compromesso con gli israeliani, anche se per
carità , specifica, non è che lui ami gli israeliani. Ma tutti capiscono che
esistono e bisogna farci i conti. « Hamas, invece, no. Haniyeh era il braccio
destro dello sceicco Yassin, è un fanatico della lotta armata e ha detto
mille volte che vuole seguitare con i suicidi e i kassam» . A Naji dispiace:
dice che vorrebbe un po’ di benessere, di pace.
Haniyeh è fra quelli che ha ripetuto che Sharon ha lasciato Gaza costretto
dalla lotta armata e che quindi sarà con gli attentati che la terra verrà
recuperata alla Palestina, anzi, all’ Islam tutto. In Israele, basta parlare
con qualsiasi uomo politico per sentire l’ angoscia crescere: adesso che lo
sgombero ha prodotto conseguenze così gravi da vedere arrivare al potere
un’ organizzazione dichiarata terrorista dalla Ue e dagli Usa, che negli
ultimi quattro anni ha ucciso solo in attentati suicidi 269 civili e 50
soldati e feriti 1571 civili, e che auspica nella sua carta costitutiva la
distruzione di Israele, tutti i programmi per ulteriori sgomberi o per
trovare un interlocutore, diventano un grande punto interrogativo. A
Ramallah, cade la notte su una festa che somiglia a una battaglia.