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I danni della pazienza di Obama

lunedì 4 settembre 2017 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 04 settembre 2017

Il fallimento plateale nel mettere in questi anni sotto controllo la potenza nucleare della Corea del Nord, che sta puntando una pistola alla tempia della pace nel mondo, è un immenso fallimento di comprensione della realtà della realtà in cui viviamo. Esso è dovuto soprattutto all'incredibile e colpevole cedevolezza ideologica di lunga durata degli Stati Uniti, accompagnati dall'Europa, culminata nell'amministrazione Obama. Ma essa risale a Clinton, a Bush, ha avuto una grande spinta avanti nel 2003 nel lavorio contro le sanzioni di Condoleeza Rice, ma è legata alla continua crescita strategica dell'ideologia culminata nella "pazienza diplomatica" di Obama. L'idea di fondo è quella che non ci sia conflitto che non possa essere risolto, senza fretta, con una trattativa e alla fine con un accordo valido per le due parti. Una convinzione letale, che nasce da una convinzione ideologica pregressa secondo la quale le ragioni del tuo nemico sono razionali e comprensibili, e anzi nascono dalla storia di oppressione in cui tu, proprio tu, quindi gli Stati Uniti, lo hai costretto in sofferenza.


Obama è stato un campione di questa idea: l'ha gestita mentre ormai da anni il regime nord coreano ingannando l'IAEA, l'Agenzia di controllo dei Paesi che giocano il giuoco truffaldino della non proliferazione (altro cavallo di battaglia di Obama), stava avviandosi di nascosto, usando spregiudicatamente la menzogna, alla weaponizzazione e a un micidiale sviluppo balistico che rende le sue armi una minaccia transoceanica.


Tutto avveniva nella credulità  dell'Occidente mentre l'inganno programmato portava i suoi frutti. Imbrogliava la Corea, imbrogliava l'Iran, anzi, la Corea agli occhi di Obama avrebbe dovuto essere il banco di prova che dimostrava come l'accordo sarebbe stato possibile con l'Iran, e quindi poi come si sarebbe dimostrato un principio universale funzionante.


Obama voleva essere l'anti Bush assoluto, anche nel senso che non avrebbe fatto l'errore di andare a caccia di armi letali né in Corea né in Iran come invece aveva fatto il suo predecessore con l'Iraq. Doveva essere chiaro che Obama non voleva un altro Iraq, e la scelta della diplomazia riparatrice a ogni costo ne era il migliore segnale.
Anche oggi gli USA sembrano prigionieri dell'idea che ormai ha conquistato il mondo occidentale. Persino Trump non riesce a fare di più di gonfiare le piume facendo le sue smorfie migliori. Non riesce neppure a dire alla Cina: conviene a tutti quanti fermare quel pazzo di Kim Jong un, o ci pensate voi o ci pensiamo noi.


Ma è difficile riportare agli onori del mondo una semplice verità: due sono le soluzioni possibili in questa situazione, come per ogni conflitto internazionale, o la diplomazia, o la guerra. Se seguitiamo a considerare che con la Corea e con l'Iran la diplomazia siano scelte possibili, anzi, dovute… Sbatteremo la faccia nella loro guerra.  Per questo è assurdo procedere nell'appeasement, spingendo per far sedere Kim al tavolo delle potenze nucleari. Non fateci morire di pazienza.



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