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I CONTI DELL'OLOCAUSTO DALLA SVIZZERA LA LISTA DEL DISONORE

giovedì 24 luglio 1997 La Stampa 0 commenti
HENRY, Herman, Georges Ahrendt, di Ajaccio; Herman Blank, di Zagabria; Renee Bloch, di Parigi; Stanislaw Boral, di Varsavia; dottor Alexis De Boer, di Budapest; Nicolae Costantinescu, di Bucarest; Bernardo e Elisa Cabiglio di Trieste... fino alla zeta, da 28 Paesi, 1800 nomi. È solo un inizio rispetto ad altre decine di migliaia che seguiranno a trance. I nomi come null'altro sbrinano il vetro della memoria. Famiglie ebraiche di poco o molto avere, sentono arrivare l'ondata, riescono a trovare la forza di sperare nel domani, aprono un conto di quella che sembra loro la fortezza della Svizzera neutrale. Dopo 50 anni di silenzioso pasto le Banche Svizzere invitano chi si riconosca nei conti (parola tecnica e insieme volontariamente ironica) a farsi avanti. Ieri mattina in Europa e in America (oggi in Israele), le schegge scagliate al vento dalla diaspora europea o i loro figli hanno riconosciuto i loro propri nomi, i nomi dei loro padri, delle loro madri, dei nonni. Padri dotti, nati nella koinè moderna e smaliziata dei Paesi Bassi, studiosi, pittori, tagliatori di diamanti, spazzata via; madri brune e possessive come quella di Elias Canetti in Grecia, in Turchia, nelle comunità di lingua ladina... distrutte. Padri severi, mistici, del ghetto polacco e russo, intellettuali e scienziati , grandi rabbini mistici, attori o poeti di Varsavia. Tutti morti. Pellicciaie, modiste, scrittori, fumatori e bevitori disincantati, bottegai di Roma e di Parigi... Rafael, Maria, Ernest, in Italia avvocati ebrei con i nomi sabaudi, Amedeo, Vittorio..., li possiamo vedere con i loro risparmi mentre l'antisemitismo si addensa e non è più soltanto un urlo isterico dalla Germania, e neppure le leggi razziali in Italia, ma una generale alzata di spalle, un mugugno antisemita che investe tutta intera l'Europa, li vediamo prendere il treno verso la Svizzera. Non è vero che sia una diminuzione della Shoah questa restituzione di denaro, così come non è vero che la condanna di Priebke non serva a niente perché non è abbastanza consistente. Niente è infatti consistente di fronte all'orrore perfetto. Ma è curioso e interessante che Priebke, con l'imperscrittibilità del crimine, e le banche svizzere, con la medesima imperscrittibilità , stavolta della memoria, siano sulla medesima prima pagina in questi giorni. Stanno a dire: è vero che il dolore non si può sanare, ma è compito dell'uomo, mentre soffre, descrivere la verità per quello che è , e poi cercare non di imitare Dio ergendosi a giudice supremo, ma semplicemente di sanare quel che può , di fare una piccola giustizia per quel briciolo che gli viene concesso dalla sorte. Ormai è chiaro, ed è acquisizione solo molto recente, che non fu solo della come piacque chiamarla per mondarsi l'anima, la responsabilità della Shoah; la complicità è andata ben oltre i confini della Germania. L'Austria non fu una vittima, ma un simpatico commensale del nazismo; la Francia si liberò con gioia dai suoi ebrei e rubò loro tutti i beni; la Polonia consegnò i suoi antichi compagni di strada ai tedeschi con la migliore buona volontà e collaborazione; la Svizzera fino ad oggi lucra sui soldi di quelli che non in poche occasioni cacciò imploranti dai suoi confini; l'Italia non battè ciglio di fronte alle leggi razziali e alla decimazione della sua comunità . Ora lo si sa, che non si compia la frase biblica che dice yarashta: hai ucciso e ti sei preso anche l'eredità . Ora che sono i sopravvissuti stessi o i loro figli che leggono il loro nome sulla lista, certo questo non asciugherà loro le lacrime, ma aiuterà un po' tutti a superare in pace la fine del millennio. Resta solo una scatola nera: il prossimo millennio porta ancora tuttavia con sé chiuse, serrate, le rovine fumanti del comunismo. Una volta stabilita l'unicità dell'Olocausto come persecuzione quintessenziale antisemita, ebbene, sarà bello potersi finalmente accingere alla riparazione della morte di più di quattro milioni di kulaki e di sette di internati nei gulag. Fiamma Nirenstein

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