I CARRISTI AL FRONTE CHIEDONO AL GOVERNO DI ANDARE AVANTI Generali e media « Il premier vada via» « Il cessate il fuoco fa vincere gli Hezbollah»
sabato 12 agosto 2006 La Stampa 0 commenti
TURMUS (NORD DELLA GALILEA)
Ieri nel nord della Galilea verso le quattro di pomeriggio, nel fumo degli
incendi e in una pioggia di missili sui dintorni di Kiriat Shmona che ci
inseguiva con l’ insistenza della follia jihadista di Nasrallah, abbiamo
incontrato la preoccupazione dei soldati di leva e di quelli della riserva a
fronte delle soluzioni incerte e nebbiose che si ventilano in queste ore,
con il cessate il fuoco in primo piano mentre Hezbollah spara così sulla
gente della Galilea; e l’ idea che, anche se una forza internazionale verrà
dispiegata, essa sarà una promozione come dicono, della vecchia Unifil; e ci
si chiede se alla fine gli Hezbollah non verranno disarmati, nè il confine
con la Siria sarà guardato.
Ancora l’ accordo Onu non c’ è , ma il vento tira forte se intellettuali come
Ari Shavit, di Haaretz, una colomba in tutte le circostanze, a Oslo, e in
tutti gli sgomberi, chiede sulla prima pagina del suo giornale a Olmert di
dimettersi se intende scappare da questa lotta per la sopravvivenza e
piegarsi all’ idea che Hezbollah sopravviva. E’ una lotta per la
sopravvivenza, su cui non ci sono compromessi, dicono in tanti. Dopo trenta
giorni di combattimento, incontriamo i soldati di leva tankisti sul confine
a Turmus e i Golani delle riserve al kibbutz Avivim. Gai, uno dei ventenni
che sono di guardia in vista delle pietre del Libano, e preparano i tank
all’ uscita di ieri notte verso il Litani, dice: « Noi siamo sicuri che stiamo
andando avanti bene contro gli Hezbollah. Lo vediamo giorno dopo giorno.
Guai a smettere. Loro combattono bene, ok, ma noi combattiamo molto meglio.
Loro hanno stupefacenti rifugi, missili, tecnologia iraniana, sanno sparare,
e noi questo non ce lo aspettavamo. Hanno i missili nun tet, ok, e una
riserva inesauribile di katiusha. Ma non sanno combattere in modo
ravvicinato come noi; scappano continuamente. Va bene che è guerriglia, ma
sparano e scappano, questa è la loro tattica, e quindi lasciano il terreno
libero e noi possiamo occupare i villaggi. Usano la popolazione, ma non
pensi che la popolazione volontariamente gli stia intorno, cerchi di
infastidirci. No: la gente sparisce appena può , gli hanno nascosto i missili
in casa ma vorrebbe esser il più lontano possibile. Non tiene per loro.
Inoltre, soprattutto, loro possono uccidere due di noi, ma noi intanto ne
uccidiamo dieci volte tanti, e gli portiamo via le armi. Io stesso ho
distrutto ieri un lanciarazzi. E, soprattutto, noi abbiamo una motivazione
che loro non hanno, perché difendiamo la nostra casa; loro, vogliono
uccidere “ stam” tanto per fare. Insomma, io penso che noi stiamo vincendo. E
sarebbe pazzesco non farlo, perché quelli sono dei pazzi pericolosi. I
soldati più vecchi, quelli del miluim, li ha trovati scoraggiati? Lo sa
perchè ? Perchè all’ età loro vedono molto la tv e leggono tanti giornali
pieni di critiche, di mea culpa dei leader e degli intellettuali. Io sono un
soldato semplice; combatto, vedo che vinco, e desidero continuare questa
guerra giusta» .
I soldati del miluim, che incontriamo con lo spazzolino da denti e lo
shampoo in mano davanti a Marun a Ras dove entrano e escono a piedi,
marciando a dieci metri l’ uno dall’ altro nel buio e nel silenzio, invece,
insistono che ci sono stati tanti errori, che non si sapeva quanto fossero
preparati gli hezbollah, ma Tom, 27 anni, con gli occhi verdi e i capelli
lunghi insiste: « Abbiamo troppa paura della perdita di vite umane, la guerra
anche quando si vince è perdita, forse ci siamo fatti impressionare dalla
nostra e dall’ altrui sofferenza; ma se Hezbollah resta armato, la prossima
volta sarà a fianco dell’ Iran atomico. Io sono pronto, nonostante il
pericolo, ad andare fino in fondo» .
I suoi compagni giacciono sotto una tettoia mezzo addormentati. Sulle strade
si allinenao i tank che entreranno stanotte: l’ esercito intende cercare di
spingersi più al nord possibile, per cercare risultati sul terreno pronti
per l’ Onu. Parliamo con il comandante di un tank dell’ unità che per prima il
12 di luglio, ha perso quattro soldati che cercavano di liberare i due
rapiti. Parnas, scuro e timido, ci racconta un episodio: « Siamo entrati a
Marun a Ras alle 6,30 di mattina, tutto tranquillo, pastorale. Il primo
proiettile antitank ha colpito il Merkavà davanti al mio, il comandante è
stato ferito agli occhi; poi, ecco che la nostra bestia di 70 tonnellate,
viene investita dal missile nemico a destra. Il guidatore stava bene. Chiedo
a Or e a Carmel, dietro di me: che succede? Or dice: « mi sembra di essere
ferito» e Carmel dice « anch’ io» .Seguitavano a sparare dalla moschea. Esco,
rispondo al fuoco, torno indietro e afferro Or che si faceva avanti dentro
l’ abitacolo nel sangue, e vedo che non aveva più le gambe dal ginocchio in
giù . Carmel, era anche lui stato preso alla caviglia. Ambedue gridavano di
dolore e di shock. Li ho trascinati fra il tank e una casa, gli Hezbollah
sparavano come diavoli, usciva la benzina siamo rimasti bloccati sparando
finché non siamo riusciti a fare arrivare due elicotteri che hanno evacuato
i feriti, Or camminerà con arti artificiali.
Certo che ho avuto paura di morire, ma invece sono morti loro, gli
hezbollah. Or e Carmel sono ragazzi così speciali, i migliori dei miei
soldati. Non abbiamo tempo per la paura, abbiamo da compiere la nostra
missione, altrimenti Israele non esisterà più . Ogni tanto la guarda la carta
geografica? E’ ridicolo che si possa pensare di sopravvivere se non gli
diamo una bella lezione. E non creda: l’ unica, ma l’ unica cosa che può
portare a una vittoria degli Hezbollah, è un cessate il fuoco. Per fare la
pace, bisogna batterli» .