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I CANDIDATI L’ INTELLETTUALE ASHKENAZITA E IL SAGGIO SEFARDITA Duello per la presidenza d’ Israele Peres ha il carisma, ma Katzav i voti dello Sh as

sabato 29 luglio 2000 La Stampa 0 commenti
SOTTOTRACCIA, come qualunque altro avvenimento nei giorni di Camp David, sta per esplodere in Israele l'elezione del Presidente della Repubblica. Ormai ci siamo: lunedì prossimo la Knesset vota, in piena convulsione dopo il fallimento del Summit, mentre Ehud Barak cerca con la lanterna il suo nuovo governo, l'opposizione lo attacca a spada tratta per aver osato violare il concetto stesso di Gerusalemme capitale indivisibile dello Stato Ebraico, e i suoi si guardano intorno alla ricerca di nuove alleanze. I candidati sono uno illustre e l'altro sconosciuto: il primo è Shimon Peres, l'ashkenazita intellettuale visionario, socialista e laico, un pezzo della pietra di fondazione dello Stato d'Israele. Il secondo è Moshe Katzav, conservatore e religioso dal volto umano, sefardita, cinquantenne, espressione del diritto degli ebrei orientali a essere finalmente parte della grande nomenklatura. Peres, come tutti sanno, è Premio Nobel per la pace, padre al contempo della bomba atomica e dell'accordo di Oslo. Ha 77 anni, ma li porta come nessun altro: la sua mente è straordinaria, la sua capacità di lavoro distrugge i collaboratori, la sua rappresentatività travalica i confini di qualsiasi Stato. Sarebbe per Israele un passaporto già vistato per tutto il Mondo. La sua visione politica nasce in grembo a David Ben Gurion, suo mentore personale, che ne fa l'uomo che, non essendo mai stato un militare, costruisce le forze aeree di Israele e poi la sua segreta potenza nucleare, un deterrente fondamentale nella storia del conflitto arabo-israeliano. La sua cultura è enciclopedica, la sua conoscenza delle lingue abbellita da un accento israeliano che non gli impedisce di avventurarsi in frizzi e barzellette in inglese e in francese prima di passare alla sostanza, sempre filosofica oltre che politica. Innumerevoli volte ministro e due volte Premier, Peres è il primo audace ideologo e artefice dell'accordo di Oslo, di cui Rabin è stato invece il garante e l'eroe. L’ assassinio di Rabin a Tel Aviv accadde dopo una manifestazione di gioia per la pace, in cui i due leader gemelli erano apparsi fianco a fianco. Divenuto Primo Ministro, Peres tentò invano di far vincere la sua visione del Nuovo Medio Oriente contro un'ondata di attentati palestinesi che condusse all'elezione di Netanyahu. Oggi è ministro per la Cooperazione regionale, un ruolo ai margini che Barak gli ha scelto perché ne teme la grande ombra e la fama di politico che va allo scopo con tutte le armi che il gioco consente, restando sempre in primo piano. E' l'unica figura storica di cui Israele disponga oggi. Sembrerebbe dunque imbattibile, e invece il suo avversario giura che non è così . Moshe Katzav è un uomo di basso profilo ma di tenacia proverbiale. E' nato in Iran nel 1945 e quando la sua famiglia, in fuga dalle persecuzioni antiebraiche nel mondo arabo, giunse nel villaggio di Kiriat Malachi, in Israele, la sua abitazione, come quella di tanti altri immigrati, fu a lungo una tenda. Il padre lavorava come guardia. Moshe è l'epitome della volontà strenua di arrivare partendo da una condizione di miseria e anche di minoranza disprezzata, in quanto religiosa e tradizionalista, dalla maggioranza degli ebrei laici che costruivano lo Stato. E' stato il primo dei ragazzi di Kiriart Malachi che è riuscito a laurearsi in economia e in storia all'Università di Gerusalemme. Religioso senza essere impositivo, con quel garbo che è tipico della minoranza persiana, Katzav è stato ministro del Lavoro, dell'Assistenza, dal Traffico e persino vice primo ministro ai tempi di Netanyahu. Dire che qualcuno se ne sia veramente accorto, non si può . Però la sua onestà , la sua saggezza, i suoi modi gentili e anche il suo curriculum di ottimo padre di cinque figli ne fanno un uomo in continua ascesa. Non bisogna dimenticare che la figura classica del presidente ashkenazita con un grande passato è stata offuscata dai sospetti caduti sul presidente Weitzman di avere ricevuto impropriamente una gran quantità di danaro da privati. Katzav, per farcela, dovrebbe ottenere tutti e diciassette i voti dello Shas, il partito religioso che fa il bello e cattivo tempo e che ha messo in crisi il governo di Barak. In teoria, Katzav sarebbe il più adatto a raccoglierne i voti, ma il grande rabbino Ovadia Yossef è molto affezionato, personalmente, a Shimon Peres, il quale proprio ieri ha ricevuto due buffetti e un sorriso dal grande prete vestito di nero e oro, perfettamente simmetrici ai due buffetti e al sorriso ricevuti dal suo antagonista. Shas guarda lontano, persino a una possibile amnistia che rimetta in libertà il suo leader Arieh Deri, accusato di corruzione. Essa passerebbe solo con la volontà di Beilin ministro della Giustizia, uomo certo più vicino a Peres che a Katzav. Gli ultramaligni dicono anche che le possibilità di Peres sono salite quasi fino alla certezza da quando Barak è tornato a mani vuote, ciò che crea una situazione meno conflittuale con la destra. Ma la verità è che Israele dovrebbe essere proprio un po' matta per non utilizzare un uomo come Peres.

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