Hamas va alla nuova intifada con i miliardi di Qatar e Iran
giovedì 13 novembre 2014 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 13 novembre 2014(Gerusalemme) La simmetria dei due episodi di violenza di ieri in Israele disegna il peggiore degli incubi: la guerra di religione, peggiore del conflitto territoriale che forse, poi, alla fine, può presupporre una soluzione il cui logoro slogan è "due Stati per due Popoli". Nella stessa giornata una moschea è stata data alle fiamme vicino a Ramallah, ad Al Maghir, un punto di continua frizione fra palestinesi e settler. Il sindaco sostiene che i coloni sono colpevoli dell'atto vandalico, e si rifà a un altro incendio, ad Aqraba, il 13 ottobre. Nella stessa notte una bottiglia molotov ha colpito le antiche mura della sinagoga a Shfaram, in Galilea. Il fuoco non ha causato danni gravi mentre ad Al Maghir fra il primo e il secondo piano si vedono pagine del Corano e suppellettili bruciate.
Il danno più grave tuttavia lo testimonia il sindaco Faraj al Naassaneh, che è sicuro della colpevolezza dei membri di un gruppo fuori legge chiamato "Price Tag", un nome che vuole indicare il prezzo del danno portato dal Governo israeliano quando sgombera e distrugge gli insediamenti illegali, ma anche quello degli attacchi arabi alla popolazione israeliana. Se sono stati loro, si tratta di un gruppo di un centinaio di fanatici aggressivi e spesso razzisti, già bloccati e processati in alcuni casi. Molti dicono: non abbastanza. Il capo del consiglio regionale della Samaria Gershon Mesika però difende i settler: “Abbiamo già visto per la moschea che fu bruciata a Tuba-Zangariyye che proprio uno dei residenti arabi appiccò il fuoco per creare la provocazione".
Mentre la polizia indaga, a Beit Safafa, un sobborgo arabo di Gerusalemme, sono apparsi graffiti antiarabi. Gli scontri non sono mai cessati dopo il giovane ucciso ad Al Arroub vicino all'incrocio di Gush Etzion, dove è stata pugnalata a morte due giorni fa una ragazza ebrea di 25 anni, mentre un soldato è stato ucciso a Tel Aviv. Domani, venerdì, la Moschea di Alqsa sarà di nuovo al centro dell'attenzione malata del Medio Oriente, ormai ubriacato dalla guerra di religione dell'ISIS. La febbre si sente anche qui. Abu Mazen non osa tirarsi indietro adesso che il suo campo è tutto acceso all'idea che Israele voglia impossessarsi della Spianata delle Moschee, né condanna gli attentati di cui glorifica gli "shahid". Nessuno getta acqua sul fuoco. Ha preso piede nei giorni scorsi il Movimento Islamico in Israele guidato dallo sceicco Raed Salah, che convoca raduni ed emette comunicati, annuncia che "non sventoleremo la bandiera bianca e non abbandoneremo il dovere di proteggere la moschea di Al Aqsa".
I terroristi vengono glorificati nei suoi discorsi come martiri ed eroi, proprio come fa Hamas. Ad Hamas Salah sembra legato a doppio filo, ha gestito l'organizzazione "Gerusalemme per lo sviluppo" che raccoglieva denaro finché è stata chiusa in luglio come "fronte legale delle attività di Hamas".
Ma certo non dei soldi di Salah Hamas ha bisogno. Un articolo su Israel Forbes documenta che, dopo l'ISIS, che ha un budget annuale fra i due e i tre miliardi di dollari, Hamas è la seconda organizzazione terrorista per ricchezza, con un miliardo. Viene prima del FARC colombiano con 600milioni, di Hezbollah con 500, dei talebani con 400, di Al Qaeda con 150. Vengono dopo i pakistani Lashkar e-Taiba e Al Shabaab, poi l'IRA con 50 milioni e Boko Haram con 25. Sono dati che ci danno la dimensione della menzogna cui siamo quotidianamente sottoposti dalla propaganda sul volto pietoso e disperato di Gaza. I "donors" subito dopo la guerra, hanno promesso 4 miliardi di aiuti, ma dove andranno se non nelle tasche di Hamas? Se si guarda alla popolazione di Gaza, in stato di miseria e sofferenza, e si compara ai fondi di Forbes, si capisce dove finiscono i fondi per Gaza.
Hamas sembra preferire spenderli in armi e terrore, o dirottarli nelle tasche dei leader che, secondo numerose fonti, possiedono ville, terreni, imprese, investimenti... Ismail Haniyeh secondo l'egiziano Rose al Yusuf ha pagato nel 2010 quattro milioni di dollari per un terreno sul mare registrato a nome della figlia. Il figlio fu fermato dagli egiziani al confine, carico di soldi in contanti da introdurre a Gaza. Forse glieli avevamo dati noi per coprire quelle famose fogne a cielo aperto, che invece restano là mentre Hamas prepara la prossima guerra.
mercoledì 19 novembre 2014 20:22:56
Cara Fiamma, non stupisce quanto scrivi sulle bande terroristiche islamiche che, come si può notare nelle statistiche che riporti, possono godere degli enormi proventi derivati dal petrolio.----- La disonestà (non solo intellettuale) dei capi è di vecchia data: basta pensare ad ... “Arraffa...t”....accusato dai suoi stessi sodali di OLP per i conti bancari all'estero....---- Niente di nuovo sotto il sole: i rivoluzionari e terroristi si sono sempre “ripagati” abbondantemente per i loro “sacrifici”, attingendo ai fondi destinati alla “causa”.------ Questo però indigna meno delle menzogne con le quali fuorviano e fanatizzano i sostenitori, spesso poveracci in buona fede che si prestano al loro gioco sporco.------ Su costoro fa presa la propaganda religiosa che costituisce una consolazione alla loro vita grama: così, invece di rivoltarsi contro i parassiti che prosperano alle loro spalle, danno la caccia ai “nemici” che sono stati loro indicati, e sui quali scaricano le loro frustrazioni esistenziali.----- Usata in questo modo disonesto, la religione può essere veramente “oppio del popolo”.....----- In altro commento ho ricordato il periodo felice durante il quale esistevano società miste di israeliani e palestinesi per la gestione turistica di alberghi ed iniziative varie: evidentemente questo dava fastidio.----- Si può guadagnare di più in una situazione di caos, in cui i “furbi” hanno più opportunità.......