HAMAS RILANCIA IL SUO RUOLO AL DI SOPRA DELLE BEGHE PALESTINESI Una sfida al ritiro da Gaza e alla leadership di Arafat Così i terroristi hanno riaffermato la « purezza delle armi» sulle ambiguità e le contraddizi oni che spaccano l’ Autorità palestinese
mercoledì 1 settembre 2004 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
I due orripilanti attentati di Beersheba si pongono nella tradizione del
terrorismo più accurato, della saga strategica del sangue innocente versato
quanto più largamente possibile in momenti delicati, della mossa crudele ma
ponderata,che ne chiama altre e provoca reazioni e ristabilisce un clima in
cui ci si può aspettare di tutto e si rimescolano le carte.
Lo sfondo dell’ attentato di ieri, il primo grande attacco suicida riuscito
da mesi, ha tre aspetti. Prima di tutto,il previsto sgombero da Gaza e da
parte della Cisgiordania degli insediamenti israeliani. Domenica il
Consiglio di Sicurezza aveva fronteggiato (letteralmente, dato che gli
scontri fra il primo ministro e alcuni dei suoi oppositori erano stati duri
come non mai) un Ariel Sharon deciso a tutto pur di stringere i tempi e
portare a termine il suo piano. Il 24 ottobre ha detto « Arik» la riunione
programmatica decisiva del Consiglio, il 13 novembre la ratifica del
parlamento, e a febbraio, un mese prima del previsto, lo sgombero. Era anche
stato stabilito che la polizia, e non l’ esercito, dovrà materialmente
sgomberare i coloni renitenti alla legge, in modo che non si crei la
sensazione della guerra civile.
Arafat è del tutto contrario alla prospettiva dello sgombero, che, come
primo risultato, può sottragli il controllo diretto della Striscia e la
consegna a chi, sul posto, come Mohammed Dahlan o Hamas può gestire il
territorio e i relativi poteri ad essi connessi; in generale, salvo che per
i pochi riformisti che desiderano un autentico passaggio di potere che
costringa l’ Autonomia a gestire il potere in funzione interna e non solo
dell’ Intifada, nessuno fra i palestinesi desidera fino in fondo il
disimpegno. Esso infatti viene visto come una scelta riduttiva, parziale,
insufficiente rispetto al problema nazionale palestinese, e diventa quindi
un’ ammissione di sconfitta l’ accettarlo. Dunque, la tendenza a
destabilizzare Sharon è netta: e infatti gli attentati già hanno mobilitato
la destra che già punta l’ indice, ancora più dura, sul programma del primo
Ministro: « Vogliamo dargli i Territori per premiarli dei morti e dei feriti
di oggi?» , dice Uzi Landau, il capo della fazione del Likud antagonista.
In secondo luogo, se la rivendicazione di Hamas è realistica, e ha un senso
il suo richiamo di nuovo allo sceicco Yassin, se è vero che il nome di uno
dei terroristi suiciidi è quello di Ahmad Abed el Khawasme, un membro del
Gotha di Hamas, comandato, pare, da Ibrahim Hamed, parente di Khaled Mashal,
il capo di Hamas con sede a Damasco, questo significa che Hamas si è
ripresentato in grande stile per ricandidarsi a una leadesrhip generale e
semmai anche al governo di Gaza. Ci sono state molte settimane di scontro
duro fra le varie fazioni di Fatah, un misero reciprico attaccarsi senza
costrutto sui temi della corruzione e della povertà strategica. Ma mentre
tutti si agitavano Hamas, questo è il messaggio dell’ attentato di ieri,
seguitava a lavorare sotterraneamente contro il vero nemico, Israele, senza
macchiarsi nelle beghe interne.
Il grande attentato di ieri suona dunque anche come un’ alternativa di
leadership basata sulla purezza delle armi, se si può applicare questa
espressione a gesti vili e ripugnanti come un attentato terroristico.
D’ altra parte, l’ attacco sarebbe anche parte di un piano generale per creare
confusione e ritardi: Arafat è sempre colui che se non dà una diretta luce
verde pure, perchè si possa agire, non solleva una paletta rossa. Se lo fa,
nessuno si muove. E in questo caso è dunque permesso pensare che l’ attacco
di Beersheba sia una delle sue mille mosse degli ultimi giorni: incontrare
tre volte Mahmoud Dahlan, mandare il primo ministro Ahmed Qreia al Cairo con
promesse di riforme, rimettere in circolazione persino Abu Mazen, spedire un
gruppo di inviati a Ginevra per denunciare le condizioni dei prigionieri
palestinesi, preparare un programma di riforme rifiutando tuttavia che a
gestirlo sia chicchessia, e persino condannare, come del resto ha fatto
anche Hamas il rapimento dei due giornalisti francesi in Iraq. Stiamo
assitendo a manovre a tutto campo per evitare lo sgombero oppure, in caso di
necessità , di gestire il potere territoriale che ne deriverà .
Ultimo punto, ma certo molto importante: il recinto di difesa non era stato
ancora costruito nell’ area di Beersheba. Mentre il nord e il centro,
attaccate centinaia di volte, hanno già lunghi chilometri di recinto e
alcuni chilometri di muro lungo la statale numero 6 e vicino a Gerusalemme,
la zona del sud è scoperta, e i palestinesi provenienti da sud di Hebron
entravano con una certa facilità in Israele. Adesso le cose cambieranno.
Oltretutto, il recinto così come è progettato passa quasi in coincidenza
della Linea Verde, e quindi non dovrebbero sussistere impacci giuridici
perchè Sharon ordini una grande accelerazione dei lavori. Questo è stato uno
dei temi principali di ieri. Il Ministro della Polizia Tzachi a Neghbi ha
ripetuto più volte: « la mia esperienza mi suggerisce una cosa molto
semplice: dove c’ è il recinto non ci sono attacchi terroristici, dove invece
non c’ è , il terrorismo uccide» .