Hamas alza il tiro: 250 missili su Israele
domenica 5 maggio 2019 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 05 maggio 2019 Estorsione, ricatto: si può chiamare così l'ultimo bombardamento di Hamas, più di duecento missili sparati in una giornata da Gaza sui kibbutz e le cittadine del sud di Israele (Ashkelon, Rehovot, Sderot, Ashdod...), due feriti gravi dentro le case che crollano, tetti perforati e grandi buche per terra mentre la polizia e i giornalisti corrono da un luogo all'altro come in un video game, la popolazione che a ogni sirena salta nei bunker, gli ufficiali del fronte interno che alla tv spiegano che si deve giacere per terra in caso manchi un rifugio nei dintorni: le schegge e i detriti volano, e al suolo la possibilità di essere feriti diminuisce del 90 per cento. Israele ha risposto sin dal mattino quando all’iinizio, dopo due giorni di aggressioni al confine delle folle organizzate da Hamas, due suoi soldati di ronda sul confine sono stati colpiti; da parte palestinese si parla di tre morti nei vari attacchi, ma i numeri per ora sono incerti. Certi sono i missili a raffica.
Perché Hamas colpisce di nuovo duro? Perché in una situazione di difficoltà soggettiva vede in questi giorni l'opportunità di un ricatto vantaggioso. Mercoledì e Giovedì, una dopo l'altra si celebrano a Gerusalemme il giorno della Memoria dei soldati uccisi in guerra, e subito di seguito il Giorno dell'Indipendenza: gli israeliani non vogliono vedere queste epiche ricorrenze insanguinate.
Dal 14 al 18 si svolge a Tel Aviv l'Eurovisione, già sono arrivate delegazioni da tutto il mondo, provano le canzoni nel clima festoso e vellutato dei padiglioni preparati per l'evento; che guaio sarebbe un bombardamento sulla festa internazionale e diplomatica! Hamas dall'altra parte inizia stasera un Ramadan molto complicato, fra 10 giorni i palestinesi celebrano la "Nakba, il "Disastro", e non hanno da proporre che guerra. Intanto i cittadini di Gaza in coraggiosi drappelli peraltro brutalizzati a dovere, sono addirittura scesi in piazza per protestare contro la dittatura teocratica dell'organizzazione che pensa solo al terrorismo invece di fornire sviluppo e lavoro. Abu Mazen, nella Autorità Palestinese, gli fa concorrenza nella difesa a oltranza dei finanziamenti per i terroristi in galera (125 milioni di dollari l'anno) trattenuti da Israele, e il rifiuto conseguente di usare il danaro invece disponibile: dice che lo userà solo quando tornerà a finanziare la "resistenza". Così, è in prima linea nella guerra a Israele, la migliore bandiera propagandistica a disposizione anche di Hamas, che ne soffre.
domenica 5 maggio 2019 13:12:24
Sempre dalla parte di Israele !