GLI SCENARI DEL DOPO RAISS: TRA LA FRANCIA E I TERRITORI UN INTRECCIA RSI DI TRAME Suha protagonista fino all’ ultimo La moglie vuole gestire da so la le ultime volontà del leader
lunedì 8 novembre 2004 La Stampa 0 commenti
DAL momento in cui Arafat sarà dichiarato morto, comincerà il conto alla
rovescia. Il dramma si sta infuocando, avanzano nuovi attori, mentre Abu
Mazen e Abu Aala si avviano verso Parigi dicendo « Bisogna prepararsi al
peggio» . Nelle stanze di Parigi Suha Arafat gioca la parte della grande
burattinaia, ma il suo potere comincia a infrangersi; dal Medio Oriente
arriva in Francia il rombo lontano del terremoto del potere, i servizi
israeliani avvertono che dopo la morte di Arafat potrebbe esserci una grande
ondata di violenza.
Suha da giorni aspetta di avere qualche minuto con Arafat in grado di dire,
di firmare, di comunicarle qualcosa di importante e riesce a tenere lontani
fino a sabato sera Mohammed Dahlan, Muhammad Rashid e Nabil Abu Rudeinah,
tre uomini forti, ciascuno a suo modo. Dahlan è là come uomo d’ arme di Abu
Mazen, colui che dovrebbe mantenere al Fatah la terribile striscia di Gaza,
fitta di Hamas e di scontri armati fra fazioni e gang; Rashid è il grande
confidente economico di Arafat, ovvero controlla o almeno conosce la
dislocazione di somme che, si dice, toccano fra 3 e 7 miliardi di dollari;
Abu Rudeinah, di professione portavoce, di fatto è una cassaforte di segreti
perché è stato sempre il vero guardiaspalle del raiss nel chiuso della
Muqata. L’ alleato di Suha è un personaggio di amianto, Faruk Qaddumi,
rimasto in esilio contro l’ accordo di Oslo, che a Parigi assume il ruolo di
guardia della signora Arafat e sbraita contro gli altri dell’ Olp perché
parlano troppo in tv e li tiene fuori. Lui solo, con Suha, vuole essere
padrone della situazione in cui si deve decidere quando staccare i famosi
fili mentre l’ aria si fa sempre più pesante. Ma Suha non è la moglie di una
famigliola unita, immersa nel dolore; è la moglie di Mr.Palestina con cui ha
contratto un matrimonio da molto tempo formale e a distanza, ormai invisa
anche nell’ ospedale francese dove, gelidi, la pregano di dare personalmente
alla stampa i suoi bollettini. Alla lunga, registra il vento delle critiche
dall’ Autonomia, critiche pericolose e cariche di chissà quali veleni. La
signora, ormai francesizzata, non può certo rivendicare un passato di
combattente accanto al marito. Così Suha tentenna e incontra i tre fino ad
allora tenuti fuori anche se non lascia loro vedere il raiss morente. Dahlan
dopo questo incontro è ripartito per Gaza, pare, per portare un messaggio:
forse per consegnare informazioni segrete sui tempi e i desiderata della
persona che secondo la legge francese deve essere quella che stacca la
spina. Forse proprio per comunicare ad Abu Mazen e Abu Ala la notizia che li
ha spinti a prendere l’ aereo per Parigi.
E veniamo allo scenario locale: due segni non buoni per la tanto desiderata
prospettiva di pace. Il primo solo apparentemente estraneo: un veicolo senza
pilota che Nasrallah, il capo degli Hezbollah, si è ieri vantato di fronte a
una delle solite adunate islamiste di aver recuperato illeso dopo averlo
pilotato a piacere sul Nord d’ Israele. Una vera provocazione, soprattutto
perché in Israele si valuta che l’ aereo senza pilota possa essere di
provenienza iraniana col solito tramite siriano. Come dire: « Non pensate che
vi aspetti un periodo migliore col cambiamento di leadership, ci stiamo
preparando in molti a rendere la vita difficile a una prospettiva
pacificata» .
In secondo luogo, Hamas, specializzato nel chiudere « finestre di
opportunità » di pace, ora ci prova di nuovo: da Beirut, un importante capo
dell’ organizzazione terrorista, Osama Kamdan, manda a dire intanto che gli
israeliani non devono aspettarsi di ottenere proprio niente se non ancora
guerra per lo sgombero che Sharon prepara. A Gaza invece, dove Abu Ala ha
fatto la nota riunione con tredici organizzazioni ed è uscito cercando di
spargere ottimismo, Abu Zuhri, portavoce di Hamas ha chiesto « Un periodo di
transizione in cui si terranno elezioni in cui il popolo sceglierà i suoi
rapprentanti» , ovvero non il passaggio di potere che Abu Mazen e Abu Ala
stanno cercando di operare nel modo più indolore. Hamas vuole i suoi
dividendi diretti, li vuole subito e lo dice esplicitamente. E ogni suo
desiderio è una minaccia. Ma ciò che crea più problemi è che Abu Zuhri ha
spiegato chiaramente, perchè Abu Ala non si illudesse di tornare a Ramallah
con un assenso, che « Non c’ è spazio per nessuna decisione unilaterale» (un
chiaro riferimento a Fatah, il partito dominante ndr) e che occorre una
leadership « palestinese unita» . Ovvero, una richiesta partecipare alla
gestione del grande potere, a cui Abu Ala si è guardato bene dall’ obiettare,
anche se Abu Zuhri ha aggiunto quello che probabilmente gli uomini che
vogliono imboccare una strada nuova non vorrebero mai senitrsi dire:
« Escludiamo un cessate il fuoco con Israele. La resistenza continua e si
fermerà solo quando cesserà l’ occupazione» . Tutto questo significa che la
famosa « finestra di opportunità » che si dovrebbe aprire con l’ avvento di una
leadership moderata e decisa a affrontare il terrorismo, è fra l’ incudine di
una serie di grosse provocazioni internazionali (basti pensare cosa potrebbe
fare un piccolo aereo carico di esplosivo o di armi chimiche su uno spazio
minuscolo come quello israeliano) e l’ incertezza di Abu Ala e Abu Mazen fra
accettare o rifiutare una gestione unitaria con le organizzazioni che
firmeranno i prossimi attentati terroristici..