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Gli indizi portano sulle montagne dell’ Afghanistan E’ Bin Laden il sospettato numero uno: l’ unico a possedere una rete capillare di collaboratori in tutto il mondo, adesso potrebbe contare sull’ appog gio finanziario e logistico dell’ Iraq

mercoledì 12 settembre 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Chi è il responsabile dell'attentato terroristico più grande della storia del mondo? Come si è realizzato il disastro sul quale gli esperti di terorrismo avevano già porto, inascoltati, profezie di sventura? L'evento di cui William Cohen aveva detto « la domanda non è se accadrà , ma quando» ? Il Piccolo Satana, Israele, è tutt'uno col Grande Satana, gli Usa: così li chiamano, sempre maledicendoli insieme, i terroristi e gli Stati sospettati di aver aiutato l'apocalisse di queste ore. E Israele ha infatti cancellato qualsiasi volo dall’ estero, tutti i controlli sono più stretti, ciò che è accaduto negli Usa potrebbe in forma diversa accadere anche al suo grande amico in Medio Oriente, certamente l'area più sospettata dell'attacco terrorista suicida che appare come una mostruoso ingrandimento di ciò che accade qui giorno per giorno. Gli esperti di terrorismo e i servizi israeliani lavorano ventre a terra, in contatto con gli americani. Shimon Peres ha annunciato l'invio delle squadre di soccorso antiterrorismo israeliano e ha proposto una alleanza internazionale contro i paesi che ospitano e sostengono i terroristi. Nelle strade di Ramallah, dell'Autonomia Palestinese, di Gerusalemme est, i palestinesi danzano e distribuiscono caramelle; Arafat ha ordinato alla polizia di fermare le manifestazioni di gioia e si è dichiarato « scioccato e terribilmente colpito» , ed ha condannato esplicitamente l'attacco. Le organizzazioni islamiche e anche gli stati che le sostengono se ne stanno acquattati, perché la reazione quando verrà sarà terribile. Andiamo per esclusione: l'organizzazione palestinese del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, di ispirazione marxista, sostenuta e ospitata dalla Siria, ha negato la rivendicazione che si dichiarava proveniente dalle sue file nei minuti immediatamente successivi all'attentato. E c'è da crederle. Ehud Yaari, un grande esperto di mondo arabo, sostiene che « l'organizzazione è troppo piccola per affrontare un'operazione di questo genere. E la Siria non ha nessuna intenzione di mettersi testa a testa a confronto con gli Usa» . E qui indubbiamente si cerca insieme, un'organizzazione terrorista e uno stato che abbiano lavorato insieme: altrimenti, è impossibile reggere la grandiosità di un'organizzazione lunga e costosa come deve essere stata quella della vera operazione bellica di ieri. E' quindi logico guardare fuori dell'orizzonte del conflitto israelo palestinese: per esempio nella direzione del rapporto fra Iran e Hezbollah, l'organizzazione libanese fondamentalista inventrice, nell'83, del terrorismo suicida: il copyright fu stabilito con la serie di attacchi antiamericani che in Libano uccise 300 fra i marines americani e la Forza Multinazionale di stanza nel quartier generale francese di Beirut. Gli hezbollah sono ormai lanciati su un terreno di terrorismo internazionale, hanno condotto all'estero l'attacco al centro comunitario ebraico di Buenos Aires uccidendo in un'esplosione 100 persone, stanno infiltrando terroristi suicidi in Israele. Ma gli Hezbollah porterebbero direttamente in giudizio l'Iran, che difficilmente può avere intenzione, immersa com'è in complesse tessiture internazionale, di diventare l'obiettivo di una sicura rappresaglia . Hamas e la Jihad Islamica, certamente non sono dispiaciuti dell'accaduto: lo sceicco Yassin da Gaza dopo aver condannato lo spargimento di sangue innocente, ha tuttavia aggiunto che adesso per gli americani è chiara, finalmente, la necessità di « fare i conti con la propria coscienza» : ma queste organizzazioni sono troppo interne al conflitto mediorientale per avere la forza di proiettarsi all'esterno. I grandi indiziati al momento sono i due che non hanno o non ritengono di avere niente da perdere e che hanno la possibilità organizzativa, economica e la spinta ideologica necessaria per un'operazione che sicuramente è vista come il suono di fanfara che conduce l'Islam intero e il mondo arabo in guerra: Saddam Hussein e Osama Bin Laden. Bin Laden aveva addirittura dichiarato la sua intenzione di compiere « un’ azione senza precedenti» tre settimane fa a un giornale arabo londinese, Al Quds Al Arabi. Il capo saudita della grande organizzazione sunnita che intende, nel suo programma, liberare il mondo dalla « occupazione» dell'Occidente per stabilire il regno di Allah sulla terra e che ha il suo stato maggiore, le sue armi, la sua protezione in Afghanistan. Subito i talebani hanno dichiarato da Kabul che il loro paese non ha nulla a che fare con l'accaduto: ma certo questo deve essere accertato. Bin Laden con la sua organizzazione Al Qa'ida che nasce con una « dichiarazione di guerra contro i crociati giudaico cristiani» , ha seguitato a trovarvi rifugio anche nell'anno d'oro della sua attività il 1998, quando i due attentati suicidi in Kenya e in Tanzania assassinarono 250 persone che si trovavano all'interno o nella zona delle due ambasciate americane che saltarono per aria quasi contemporaneamente. Poi, pochi mesi or sono, compiuto la sua azione in Yemen contro la marina americana, con altre decine di morti. Ultimamente Bin Laden si era molto dedicato ad esaltare gli scopi dell'Intifada di Al Aqsa, la causa palestinese, e ha indicato in svariate interviste le responsabilità israeliana e americana contro il mondo arabo, e la necessità di punire Usa e Israele con la morte e la distruzione. Negli ultimi anni, Bin Laden ha messo in piedi una rete di azione che abbiamo visto operativa in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all'Italia, alla Giordania al Canada. Si tratta di unità che si autocostituiscono in loco, spontaneamente senza spesa e senza inviati dall'Afghanistan, che si appoggiano a svariate organizzazioni islamiche e che estemporaneamente vengono istruite in basi sparse per il Medio Oriente. Un sistema semplice e che si basa sulla grande diffusione sociale di presenza islamica, negli ultimi anni, in tutto il mondo occidentale. Ma per quanto ottimo organizzatore di una larga rete, Bin Laden non sarebbe in grado di sostenere l'organizzazione di un'impresa terroristica delle dimensioni di quella che abbiamo visto ieri se non con un robusto aiuto economico di un Stato. Questo stato, secondo tutte le indicazioni degli esperti è per ora identificato nell'Iraq, un Paese il cui odio per gli Usa è dichiarato e antico. Paura di rappresaglie, Saddam non ne ha più di tanto, come ha dimostrato nel 91, quando lanciò i suoi missili contro Tel Aviv. La sua persona è sempre stata molto ben protetta. Secondo la più famosa esperta americana di Iraq e consigliera di Bill Clinton, Laurie Millroy, anche la bomba del World Trade Center è di origine irachena. Ed oggi niente sarebbe più prestigioso e più importante per Saddam, come anche per Bin Laden di indicare al mondo arabo e a possibili suoi alleati la strada di una guerra totale contro l'Occidente.

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