GLI 007 RIUNITI PER DEFINIRE UNA NUOVA STRATEGIA DI FRONTE ALL’ OFFE NSIVA DI AL QAEDA Il terrore globale contro ISRAELE
giovedì 5 dicembre 2002 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
IL doppio attacco di Mombasa, la rivelazione che Al Qaeda aveva
anche
pianificato un attacco alla squadra di calcio israeliana a Malta un
mese e
mezzo fa, e quella del ministro della difesa Shaul Mofaz secondo il
quale
l’ organizzazione di Bin Laden ha cercato di infiltrarsi in Israele e
alcuni
suoi uomini sono operativi fra i palestinesi: l'irrompere della
globalizzazione del terrore anti-israeliano sta creando un grande
rimescolamento nel mondo della sicurezza internazionale e
naturalmente nella
politica dell'esercito dello Stato ebraico e del Mossad. Israele si
prepara
sia a un eventuale attacco chimico e biologico in caso di guerra in
Iraq,
sia al ripetersi di attacchi di Al Qaeda, che ha dichiarato guerra,
oltre
che ai « crociati» , anche agli ebrei.
Il fronte antiterrore, dal Mossad allo Shin Bet, è in armi e anche in
convulsioni, in una fase di riconversione globale che implica un
balzo
lontano nel mondo. Alleanze, convergenze, informazioni da tutti i
punti
cardinali e da qualsiasi distanza. E poi, quando si rendesse
necessaria,
l'azione. Israele, che dopo la strage di Monaco andò a cercare gli
assassini
degli atleti in tutta Europa e che si spinse fino a Entebbe per
liberare gli
ostaggi dai rapitori tedeschi e palestinesi, potrebbe senz'altro
andare alla
caccia, con il resto delle forze antiterroriste del mondo, dei
responsabili
degli attacchi.
« Esiste non soltanto un primo cerchio di minaccia, quello palestinese
e dei
Paesi confinanti in cui l'aggressività è guidata da Hezbollah, in
continua
escalation con l'aiuto della Siria; c'è poi quello dell'Iraq e
dell'Iran con
i missili, la preparazione di armi atomiche e il finanziamento del
terrorismo mondiale contro Israele. La Libia si è unita a questo
cerchio» ,
spiega il capo di Stato maggiore Moshe Ya’ alon, « C’ è poi il cerchio
ancora
più distante, quello senza confini. Mentre per il conflitto con i
palestinesi ci si basa su una pressione senza tregua sulle
infrastrutture
terroristiche insieme con interventi che allevino la condizione della
popolazione e inducano la gente a una riflessione sul futuro che
porti in
prospettiva a un cambio di leadership, per il cerchio lontano bisogna
pensare a tutte le possibilità strategiche che si presentino (attacco
diretto che minimizzi il potenziale di lancio, riserve di possibilità
per un
secondo attacco, grande cooperazione internazionale, deterrenza
contro le
armi non convenzionali)» . Contro chi e che cosa, dato che i
terroristi sono
un'entità difficile da identificare, e gli « Stati canaglia» si
coprono con i
loro civili? Contro un nemico invisibile ma ben presente che intende
perpetrare attacchi terroristici con esplosivo, sì , ma soprattutto
con l'uso
delle armi chimiche e biologiche. Dunque intelligence, abilità
estrema,
spregiudicatezza, e un’ immensa quantità di prevenzione, dato che
quando il
terrorista è partito con un carico di botulino o di esplosivo,
comunque
vuole morire con le sue vittime.
Questo balzo in avanti della strategia contro il terrorismo è stato
elaborato di fronte al mare di Herzliya Pituah, poco a Nord a di
Gerusalemme, non lontano dalla sede del Mossad, dal Centro
interdisciplinare
contro il terrorismo presso la Scuola di governo, diplomazia e
strategia
diretto dal dottor Uzi Arad: qui, fra esperti di tutto il mondo, la
questione israelo-palestinese ha perso il suo ruolo di preminenza, e
israeliani, americani ed europei per tre giorni hanno messo in scena
l'orrore che forse ci aspetta. « C'è nel mondo una comunità coraggiosa
- ha
detto Thé rè se Delpech, una signora bionda che guida la pianificazione
politica dell'Agenzia atomica francese e che è stata consigliere di
Juppé
per la politica militare - che da anni chiede anche in Europa di
guardare
negli occhi, fra la paura generale e anche il fastidio di molti, ciò
cui
stiamo andando incontro. Nuove forme di terrorismo, armi di
distruzione di
massa, violenza omicida crescono in ogni parte del mondo. Le armi
biologiche
possono diventare il segno di questo secolo e i civili, se non
allarghiamo
la nostra visione del conflitto, diventeranno il Milite Ignoto della
nostra
è ra» . E Judith Miller, la giornalista del New York Times che ha
svelato col
suo bestseller « Germi» la forza delle armi di distruzione di massa:
« Gli
iracheni, e con loro altri Stati assassini, hanno abbastanza
materiale
biologico da distruggere tutta la vita sul pianeta: vaiolo e antrace
con il
contenuto di una bottiglia possono sterminare nazioni intere. Oltre
all'11
settembre un altro giorno dirimente per il nostro secolo è l'8
ottobre,
quando il cittadino americano Bob Stevens è morto di antrace. Se non
ci
attrezziamo per la guerra che ci aspetta, l'umanità soffrirà pene
indicibili» .
Chi è pronto a affrontare la sfida del millennio? Gli israeliani, che
hanno
le maschere antigas e la siringa di atropina sempre in casa, sembrano
moralmente preparati. « La realtà nuova ci dà nuovi compiti - dice
Mofaz - la
scena è cambiata, Paesi lontani prestano ai palestinesi la loro
ideologia
estremista ed essi vengono all'appuntamento con il terrorismo
suicida. Ed
ecco Al Qaeda che tenta la strage catastrofica: l'attacco di Mombasa,
dal
punto di vista della nostra strategia, è come se fosse riuscito; sarà
il
caso di chiedersi prima o poi se sia il caso di passare a mezzi di
lotta
diversi» . Ma come si fa? Si cercano le risposte a due domande da un
miliardo
di dollari: la prima riguarda i diritti civili, le leggi in tempo di
caccia
al terrorista, la libertà di movimento; la seconda: cosa farsene dei
grandi
eserciti formati per guerreggiare al fronte?
Intanto l'esercito adattarsi all'idea di un nemico amorfo, dice il
generale
Amos Yadlin, sapersi muovere per andare molto lontano, guardare molto
vicino, essere pronto nell'acqua e nell'aria. Il carro armato in
questa
guerra diventa meno importante. Siamo in pieno conflitto asimmetrico,
come
dicono gli strateghi. « Noi non usiamo terroristi suicidi: questo ci
mette
nei guai. Ma noi siamo molto flessibili, molto sofisticati. Basta
riuscire a
cambiare il codice genetico di questa sofisticazione» . Per Ariel
Levite, che
ha diretto a Stanford un gruppo di studio sulla trasformazione
dell'esercito, « l'uniforme è finita, il campo di batttaglia è
trasparente,
la volontà dei terroristi di spargere sangue è inversamente
proporzionale
alla nostra volontà di contenimento e deterrenza» .
L'intervento dell'ex capo del Mossad Ephraim Halevy ha dato la
sensazione
che Israele stia prendendo decisioni drammatiche: « Un attacco di
megaterrorismo che avesse successo cambierebbe all'istante una lunga
serie
di regole di condotta. E Israele ha molti mezzi per farlo, anche se
non
sarebbe appropriato rivelarli. La risposta sarebbe molto più seria di
quanto
non sia stata finora e la comunità internazionale sta già
interiorizzando il
fatto che una guerra al terrore internazionale è indispensabile» .