GERUSALEMME UN ANNO DOPO IL RITIRO DA GAZA E QUALCHE MESE DOPO L’ ARRI VO AL POTERE DI HAMAS IL GOVERNO LANCIA UNA CAMPAGNA CONTRO LA « COALIZIONE DEL TERRORE» « È come nel 1948 dobbiamo vivere» Il premier Olmert no n ha più esitazioni
sabato 15 luglio 2006 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
Israele è disposto a andare lontano per quella che affronta come una vera e
propria guerra di sopravvivenza. Avi Dichter, ex capo dei servizi interni
Shabak, e adesso ministro della Sicurezza. ha detto ieri: « Nasrallah sudava
molto mentre parlava della sua operazione mercoledì ; aveva delle buone
ragioni» . Nasrallah non le sapeva, ma si sono svelate quando ieri sera
l’ esercito ha colpito la sua casa e i suoi uffici nella zona blindata di Bir
Hassan a Beirut. Israele forse non sperava di uccidere il leader degli
Hezbollah, ma di lanciare un segnale a quello che ieri il capo di Stato
maggiore Dan Haluz ha chiamato « uno schieramento che dal Sud al Nord ha un
nesso molto preciso, il terrorismo» .
Nasrallah non sta vincendo, anche se ieri ha cercato di lanciare parole
d’ ordine esaltanti dal bunker dove è nascosto: la risposta d’ Israele da una
parte, e dall’ altra il pesante dissenso di parte dei libanesi, dell’ Arabia
Saudita (gli Hezbollah sono per il re « elementi che creano una situazione di
pericolo che espone tutti i Paesi arabi» ), della Giordania e dell’ Egitto. Re
Abdullah e Mubarak si sono incontrati ieri.
Nasrallah non se l’ aspettava. Pensava, l’ aveva detto, a una crisi che
avrebbe coperto il suo amico e finanziatore Ahmadinejad dalle scadenze sul
nucleare, consegnato la debolezza di Israele al disprezzo arabo, e sostenuto
Hamas in tempi duri rubando il podio a Khaled Meshaal, e diventando il
leader locale del jihad antisraeliano.
Pensava che avrebbe potuto giocare con l’ inesperienza del nuovo governo
israeliano; ripetere l’ esperienza in cui in cambio di tre rapiti di cui due
ormai uccisi, gli Hezbollah avevano ricevuto 450 prigionieri dopo una lunga
trattativa iniziata, per sberleffo, nel 2000, proprio dopo l’ uscita di
Israele dal Libano; pensava che Israele non volesse imbarcarsi in quella che
il ministro degli Esteri italiano e altri europei chiamano « una risposta
sproporzionata» . Ma si tratta invece di una consapevole svolta strategica
che segue al formarsi di un’ asse jihadista che minaccia l’ esistenza dello
Stato d’ Israele, fa capo all’ iraniano Ahmadinejad, e comprende gli
Hezbollah, la Siria, Hamas e altri gruppi palestinesi.
Oltre alle ripetute dichiarazione di odio cieco e le promesse di sterminio
di Ahmadinejad, (l’ ultima solo ieri), da prendere molto sul serio, ci sono
segnali dell’ organizzazione di un fronte che (esclusa la Siria) per motivi
religiosi e escatologici, ritiene suo compito distruggere lo Stato ebraico,
odia gli ebrei, ritiene il loro Paese libero terreno di caccia, « un
fantoccio destinato a scomparire quanto prima» , dice Ahmadinejad. A metà
giugno Siria e Iran hanno firmato un trattato militare, e il ministro della
Difesa siriano ha parlato di « un fronte unito contro Israele» . Ali Larjani,
il segretario iraniano del Consiglio nazionale di sicurezza, ha fatto una
visita a sorpresa a Damasco dopo avere incontrato Javier Solana l’ 11 luglio.
Il giornale Al Sharq Al Awsat di Londra spiegava che i ministri della Difesa
dovevano stabilire come sostenere Hamas e la jihad (leggi: gli sciiti
Hezbollah) nel conflitto con Fatah, ovvero contro ogni linea moderata. Le
grandi manovre comprendono un accordo per equipaggiare la Siria con cannoni,
testate missilistiche, veicoli dell’ esercito. La Siria in cambio promette il
transito di carichi iraniani in Libano. Ovvero, agli Hezbollah.
Il giornale iraniano Jomhouri ye Eslami pubblicava in concomitanza con
l’ azione dei Hezbollah, un discorso di Nasrallah che spiega quale fortuna
sia che Israele abbia la sua zona industriale e 700mila abitanti concentrati
al Nord, a portata dei missili. Dalla vittoria elettorale, ogni mese Hamas
ha incontrato altre organizzazioni, i leader siriani e di Teheran. La
dimensione strategica è evidente: sono organizzazioni devote alla
distruzione di Israele. Che, col suo atteggiamento speranzoso e gesti come i
ritiri dal Libano e da Gaza, ha fatto pensare che tale distruzione fosse
realistica e perfino vicina, come dicono decine di appartenenti alle varie
organizzazioni.
Israele ha due situazioni parallele. Ad Hamas ha lasciato Gaza come pegno
per la costruzione di uno Stato Paletsinese, e segnale dell’ intenzione di
sgomberare buona parte della Cisgiordania. Dal Libano, si è ritirata nel
2000 fino all’ ultimo centimetro, con l’ impegno che l’ esercito sovrano
salvaguardasse i confini, e spostasse gli Hezbollah. Chiunque ama
l’ espressione « ciclo della violenza» , sa che in questo caso non c’ è : sia
Hamas che Hezbollah, senza nessuna ragione fattuale ma entusiasmati dalla
comparsa di un leader integralista come Ahmadinejad e da un’ organizzazione
terrorista come Al Qaeda, hanno scelto la via della guerra. Israele sa che è
il primo atto di una guerra con l’ Iran, e se non riesce a usare oggi l’ arma
della deterrenza, l’ assedio si farà soffocante. Lungi dall’ agire senza
proporzione, Israele, che non sembra per ora avere intenzione di coinvolgere
la Siria se Assad non metterà da solo i piedi nel piatto, segnala che le
regole del gioco sono cambiate.
Ieri c’ è stata di nuovo una pioggia di missili, con tanti feriti e due
morti. Ma l’ aviazione non ha puntato ai civili: ha colpito gli uffici più
importanti degli Hezbollah, le loro casamatte, e i depositi di razzi
dovunque si trovassero; ciò significa che anche i bunker, i villaggi e le
case private che la milizia integralista sciita ha usato come scudi umani
sono andate distrutte. Militanti nonchè le persone usate come scudo - che
nonostante gli inviti di Shimon Peres non hanno evacuato la zona - sono
stati uccisi. Israele parla di 30 vittime, il Libano di più di 50. Israele
non ha preso di mira le strutture dell’ esercito libanese; tutti gli
obiettivi, più di un centinaio, hanno seguito il criterio di indicare al
governo di Beirut le strade su cui viaggia il potere degli Hezbollah.
A Haifa, torreggiano nel porto due immensi contenitori della raffineria,
accanto a impianti chimici di materiale infiammabile e velenoso. Nasrallah
può farli scoppiare in un’ area abitata da 700mila persone. E vuole farlo,
non ha mai nascosto le sue intenzioni, e nemmeno Ahmadinejad, Hamas o la
Siria. Oggi, la gente di Israele dorme nei rifugi, i bambini si disperano,
gli ospedali raccolgono morti e feriti. E’ accaduto anche in passato. Adesso
però Israele ha capito che si sta combattendo una guerra per la
sopravvivenza, come quella del ‘ 48, del ‘ 67 e del ‘ 73.