Fiamma Nirenstein Blog

FOTO DI FAMIGLIA DEI RAGAZZI, MILITARI E NON, ASSASSINATI NELL’ ATT ACCO ALL’ AUTOBUS A MEGIDDO Il paese dove padri e madri seppelliscono i figli

venerdì 7 giugno 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME MONTANO sull'autobus con un sandwich di casa, la mamma o un fratello li accompagnano all'ultima ora della loro vita. Sono spesso militari di leva costretti a un lungo servizio. Le loro immagini ora su tutti i giornali, a colori, sembrano le foto dei ragazzi di una classe di terza liceo. Invece segnano un fenomeno che non ha paralleli in una società occidentale: perché i padri e le madri, in questo parossismo terroristico, seppelliscono i figli. I quattordici ragazzi (più due adulti) uccisi ieri a Megiddo hanno facce chiare e scure, occhi neri e blu, sono marocchini, russi, iraniani, ucraini, sabra, cioè nati in Israele. Tutte, però , facce lisce, intatte, figli ancora bambini in una società dove la vita, le feste si svolgono nel nido materno. Irena, la mamma di David Stanislavsky, ventitre anni, non aveva che questo figlio. Vedova con lui solo era immigrata dall'Ucraina un anno e mezzo fa. David aveva aiutato molto la madre sulla strada dell'integrazione « con il suo senso dell'umorismo» dice Irena, « con il suo ottimismo» . David aveva appena comprato un biglietto aereo: andava a prendere la sua fidanzata Victoria. In Ucraina era pronta una festa. Irena, dalla sua solitudine abissale, mormora: « Non riesco a telefonare a Victoria perché la annulli» . Adi Dahan, riccioli sulle spalle, occhi azzurri, aveva diciassette anni; l'hanno seppellita accanto a suo fratello Shlomi, venticinque anni, che due mesi fa è caduto da un picco nel deserto dell'Aravà . La sua famiglia è di Afula, donne orientali con fazzoletti in testa. La madre cammina avanti e indietro senza smettere di chiamarla « la mia bella, la mia intelligente Adi» . Il fratello l'aveva accompagnata all'autobus mezz'ora prima del previsto perché la sorella maggiore non aveva dove lasciare i bambini: Adi voleva farle da baby sitter. Violetta Hizgayev, diciannove anni, soldato, era molto emozionata dall’ idea di servire da maestra ai militari. Sia sua madre sia suo padre erano morti, e quindi lei viveva dalla zia a Hedera. Il fratello avrebbe dovuto prendere l'autobus con lei, ma una visita medica l'ha trattenuto. Era precisa, quieta; ogni tanto si lamentava perché non aveva un ragazzo. Non l'ha avuto. La sua amica dove ha pernottato a Tel Aviv l'ha salutata per l'ultima volta mentre Violetta le tirava su la coperta. Lior Avitan, diciannove anni, di Hedera, molto scura di capelli e occhi, di famiglia povera, orientale, sembrava già una donna. La mattina prima di uscire ha pulito la cucina, ha fatto la spesa: « Era come una madre per le sue sorelle e i fratelli più piccoli» . Era sempre dietro a un fratellino con difficoltà di movimento. L'esercito era la sua gioia. Bellissima e bambina appare nella foto Sivan Viner, un volto radioso, diciannove anni compiuti due giorni fa. Aveva celebrato il compleanno in famiglia, e più tardi con gli amici in una discoteca di Tel Aviv. Era la prima, al liceo, nell'atletica. Era membro del corpo di ballo popolare della scuola Ort Leibowitz di Netanya. Il padre sta tornando da Praga per il funerale. Il fratello Dudu, che l'aveva accompagnata all'autobus, dopo mezz'ora l'ha chiamata per sapere se andava tutto bene; lei lo ha rassicurato. Dopo un'ora il telefonino suonava a vuoto. Sariel Katz, ventuno anni, era molto bravo al computer, sua specialità nell'esercito; magrissimo, silenzioso era uno sportivo e un volontario. Ygal Nedipur, ventidue anni, quando era in vacanza dall'esercito lavorava come cameriere a Netanya perché la sua famiglia era in difficoltà economiche croniche. La sorella minore dice che adesso che lui è morto ha paura, perché lui li proteggeva tutti. Zvika Gelberd, vent’ anni, i capelli tutti in piedi con il gel, ride dalla foto come tanti altri fra gli uccisi: « Nessuno l'ha mai visto triste, era un grande calciatore, era pazzo per i Mondiali» . Lascia i genitori, Tamar e Yehuda.

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