Finto moderato contro vero duro: povero Iran
Il Giornale, 17 maggio 2017
Le elezioni in Iran, che si terranno il 19 di questo mese, sono uno spettacolo per il pubblico internazionale, un dibattito sui candidati che a Firenze si risolverebbe con la poco aristocratica formula "accidenti al meglio". Sono, insomma, uno di quei fraintendimenti per cui il mondo intero, invece di starsi a chiedere chi è il più "moderato" dei candidati è autorizzato a dubitare della democrazia nella sua massima espressione, "una testa, un voto". In ogni caso chi vincerà non dovrà contentarsi del potere legato al suo ruolo, ma sarà anche decisivo circa l'identità (e forse lui stesso il successore) del prossimo supremo leader, Ali Khamenei, che ha 77 anni.
Stavolta dopo una selezione preventiva che ha eliminato la clownesca ipotesi di rivedere al potere Ahmadinejad, due candidati occupano la scena sotto il manto nero di Khamenei. Lui, un maestro della politica dello Stato Islamico, capace di mandare avanti l'accordo con gli USA e il resto del mondo mentre incita le folle in piazza a mantenere vivo lo slogan "morte all'America e a Israele" in vista di sfilate di missili balistici, sembra alla fine tenere per un candidato che la stampa internazionale individua come il peggiore: il durissimo ayatollah Ebrahim Raisi. Tenendosi sul vago, Khamenei ha anche detto che non gli piace chi lascia entrare la cultura occidentale in casa sciita, ovvero, così si è letto, Rouhani. Che in realtà usa con noi le buone maniere giocando come il gatto col topo. Una zampatina morbida e poi l'unghiata.
Raisi probabilmente non è più integralista dell'attuale presidente, ma almeno lui dichiara chiaramente le sue credenziali di duro e ne viene premiato. Fu membro del comitato che sorvegliò l'esecuzione di migliaia di dissidenti nel 1988. E' stato pupillo alla scuola teologica del supremo leader per 14 anni sin dall'inizio degli anni '90, l'indubbia fedeltà a Khamenei intanto gli ha fruttato la presidenza di una fondazione religiosa multimiliardaria, la Astan Qods Razavi. Ma la sua caratteristica fondamentale e politicamente, per lui, promettente è quella di essere il candidato preferito delle Guardie Rivoluzionarie e dei Basiji, la milizia che tiene l'Iran sotto il suo tallone, che ne controlla i cittadini uno a uno cosicché non deviino dalla santità loro richiesta, che schiaccia la piazza fino a uccidere (come fece con il famoso assassinio pubblico di Neda durante la rivolta contro Ahmadinejad), che organizza i migliori soldati per le campagne imperialiste di cui ormai l'Iran, a partire dalla Siria, è campione.
L'IRGC è interessata alla presidenza, al suo potere, ai suoi interessi economici. ma ancora di più secondo gli esperti al controllo del prossimo Supremo Leader eliminando tutti i personaggi, definiti "tecnocrati", che ne ostacolano il potere assoluto. I parlamentare Mahmud Sadegki ha avuto il coraggio di scrivere una lettera alle Guardie per chiedere di non interferire nelle elezioni, mentre in marzo dozzine di amministratori e giornalisti venivano trascinati in prigione. Raisi è visto come il loro candidato:le Guardie Rivoluzionarie sono andate a trovarlo nella città di Mashad l'anno scorso quando ottenne la Fondazione.
Hassan Rouhani è l'altro grande polo del dibattito, attuale presidente da 4 anni. I commentatori scrivono che con la Guardie Rivoluzionarie ha frequenti scontri a causa di interessi economici divergenti: e si tratta, per l'IRGC di questioni miliardarie. Rouhani agli occhi dell'Occidente è un'icona moderata, proprio come lo fu Khatami che è stato presidente battendo il record dell'eliminazione fisica degli intellettuali, arresti di massa, supporto del terrorismo internazionale, espansione del progetto nucleare.
Rouhani, con quel sorriso da volpe innamorata, andò al potere avendo sulla testa la mano di Obama: ma ha avuto, come scrive il famoso intellettuale dissidente Amir Taheri, il primato assoluto in esecuzioni e reclusioni, in sostegno del terrorismo internazionale, esportazione di uomini armati e armi per disegni imperialisti in Medio Oriente (non piace alla gente il suo impegno in Siria con gli Hezbollah a fianco, e in Yemen, e in Iraq…), in lavorio sotterraneo per aggirare gli accordi presi con i G5 +1. Non è affatto detto, dopo tutto, che Khamenei dimentichi i suoi 30 anni di servizio nei servizi segreti al servizio del regime contro tutto e tutti a fianco dell'IRGC.
E' triste, ma non serve fantasticare sulla "moderazione" del prossimo presidente Iraniano: l'unica speranza è che l'affluenza sia così bassa (e lo fu alle ultime elezioni) da certificare davanti al mondo il desiderio del popolo di voltar pagina, e indurre un cambiamento. Ma le Guardie Rivoluzionarie sono là per questo.
#Sandro961: Da quando hanno fatto fuori lo Scià? Magari, al tempo, avessero evitato di far fuori Mossadeq tutto il resto non sarebbe avvenuto....
Sandro961 , Torino/Italia
È da quando hanno liquidato lo scià che questo martoriato Paese non trova più pace. Prima con la Repubblica Islamica dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini, che ha riportato il Paese indietro di secoli, estraniandolo dal contesto dei Paesi civili, ha creato una teocrazia degna del più becero medioevo o, se vogliamo fare altri paragoni con realtà più recenti, dei primi trent’anni del “regime democratico” in Italia. (con l’unica differenza che in Italia, dopo venti anni di fascismo, certi metodi brutali erano stati completamente abbandonati, salvo il dovere di andare in chiesa anche solo per ottenere un piatto di zuppa o il permesso per costruirsi la casa)Tornando a Khomeini, questo grande corvo nero barbuto, rientrato trionfalmente dall’esilio di Parigi nel 1979 (ed è questo il problema: il popolo – che quando diventa massa perde il lume della ragione – lo ha osannato permettendogli di conquistare il potere) ha avuto la decenza di lasciare questa valle di lacrime dieci anni dopo, lasciandosi però dietro – come le lumache – una bava che ha avvelenato l’atmosfera, permettendo a figuri come Ahmadinejad (scusate gli eventuali errori di ortografia, ma non sono troppo pratico di nomi arabi) di salire al potere e agli onori della ribalta internazionale.Mi chiedo se sia vera la storia che, durante una visita di Rohani in Italia, parecchie opere d’arte siano state coperte con teli per non “turbare la sensibilità dell’illustre ospite.Probabilmente la risposta è “si”, vista l’innata predisposizione all’inchino del glorioso popolo italico.Vera o falsa che sia, storia ha fatto comunque scompisciare dalle risate mezzo mondo, assicurando tuttavia a giornalisti, vignettisti ed umoristi di ogni genere, pane e companatico per diverso tempo.Ed ora per quel Paese è tornato il tempo delle elezioni. C’è da sperare che il popolo smetta almeno in questa occasione di essere “massa” e si comporti usando quel minuscolo grano di sale che fu sistemato a tempo debito nella zucca di