Fallaci, l'Islam incombe
sabato 24 aprile 2004 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
FORSE stupirà che qualcuno possa percepire così un libro di Oriana Fallaci,
o un suo articolo, o un suo pensiero: ma l’ impressione che si riceve da La
forza della ragione è quello della sua umiltà , per quanto orgogliosa, di
fronte a un grande tema. Come accade di fronte a un problema insormontabile
e che tuttavia, per ragioni vitali, deve essere affrontato, costi quel che
costi. Così talvolta è nella vita: di fronte alla malattia di una persona
cara siamo pronti a metterci in giuoco fino al sangue. Di fronte a quello
che sente come il destino incombente dell’ Europa, la Fallaci ha cercato,
usando le sue risorse di scrittrice, di fare l’ impossibile: perché è quasi
impossibile spiegare a chi non è giorno per giorno dentro il problema il
mistero del desiderio di conquista dell’ Islam, ancora più inverosimile
l’ enigma del terrorismo suicida, e imbarazzante e segreta la paura
dell’ Europa; la Fallaci ha scelto di spiegarne i meccanismi compulsando e
trasmettendo al pubblico biblioteche di storia e di cronaca.
Il risultato è un testo enciclopedico da una parte, e intensamente
interpretativo dall’ altro: interpretazioni che si possono discutere,
confutare, accettare o rifiutare. Ma che certo sono largamente basate nelle
informazioni fornite dal libro. Il lettore che non capisca che si tratta di
un’ operazione dolorosa deve leggere con molta attenzione le ultime righe, la
stadera ove soppesare le pagine precedenti: « Scrivo per dovere, un dovere
che ormai mi costa la vita. E per dovere questa tragedia l’ ho guardata bene,
l’ ho studiata bene. Negli ultimi due anni non mi sono occupata d’ altro, per
non occuparmi d’ altro ho ignorato persino me stessa. E mi piacerebbe morire
pensando che tanto sacrificio è servito a qualcosa.... bisogna ritrovare la
Forza della Ragione» . Sono parole gravi, specie se a dirle è una scrittrice
e una donna dell’ indubitabile integrità e virtuosismo (anche nel lessico,
come al solito) della Fallaci; i critici italiani non danno prova di
consapevolezza quando disdegnano per motivi politici il testo di un’ autrice
riconosciuta in tutto il mondo da decenni.
Perché il libro è orgogliosamente umile? Perché la Fallaci si mette a
disposizione per fornire una dettagliata analisi sia della storia dell’ Islam
che del rapporto fra Occidente, in particolare, l’ Europa, e l’ Islam stesso
con una quantità di informazioni, di dati, di episodi assolutamente
rimarchevole, concatenando le sue letture nella sua cornice di fondo, l’ idea
che l’ Islam abbia avuto al centro di ogni sua strategia la conquista
dell’ Europa; e che l’ Europa si sia vigorosamente offerta a questo disegno
con viltà , con insipienza, con pigrizia, destinando la sua cultura a perire.
Il grido di allarme, la richiesta di vedere il pericolo impellente senza il
velo della paura, in realtà è tragicamente e dettagliatamente articolato, le
vicende storiche citate, dall’ attacco di Costantinopoli nel 688, della presa
di Gibilterra e via via fino alla Spagna, la Francia, Roma e poi di nuovo al
Nord e poi l’ immensa espansione dell’ impero turco (solo fino a 80 anni fa!
Come ha detto Bin Laden quando ha fissato il programma della sua
reconquista) sono accompagnati da dettagli pieni di orrore e di sangue.
Impallidisce la crudeltà delle Crociate, e in generale di fronte alla storia
delle crudeltà islamiche si fa piccolo l’ atteggiamento dell’ Occidente verso
i mussulmani, che è invece stato spesso vituperato come imperialista e
aggressivo dai nuovi orientalisti. Un punto di vista, questo, certo non
isolato nell’ ambito degli studi storici sul Medio Oriente, degno di figurare
in qualsiasi dibattito sull’ argomento: per esempio Bernard Lewis è per la
teoria della Conquista e Reconquista, e interpreta l’ attacco terrorista
attuale come una forma di conquista numero due, dettagliando come tutta
l’ ala wahabita dell’ Islam e i baathisti si riallaccino né più né meno che
alla storia per chiedere ai mussulmani di ripeterla, usando il terrorismo,
fino alla vittoria.
La Fallaci propone un’ interpretazione ben basata nell’ accademia, ma
controversa, anche quando individua nella natura stessa della religione
islamica il suo spirito violento. Come si dice: Gesù muore sulla croce, Mosè
vede la terra d’ Israele da lontano, Maometto marcia glorioso alla testa
delle sue armate. Il Corano e i suoi commenti sono pieni di incitamento
letale contro i nemici, di esortazioni a eliminarlo fisicamente: è legittimo
pensarlo, non meno di Huntington pensatore leader dell’ intrinseca
aggressività islamica; fra i suoi sostenitori, per esempio, Ygal Karmon,
l’ ottimo direttore del Memri, l’ Istituto che osserva il mondo islamico
studiando, a Washington e a Gerusalemme, i più rilevanti libri e articoli in
arabo. Per lui è proprio nei testi religiosi la radice dell’ attuale
conflitto e l’ uso del terrorismo. La shaaria stessa, ed è evidente nei
fatti, è incompatibile con la democrazia. Per altri sudiosi, come Daniel
Pipes, invece, è il wahabismo che ha trascinato l’ Islam su una strada che
non è la sua, e la strategia dell’ Occidente non può essere altro che quella
di spingere l’ Islam moderato verso la democrazia. Una linea che porta
diritto al discorso di Bush del giugno del 2002.
Su questi temi la Fallaci dice dunque la sua in termini perfettamente
consoni al dibattito sull’ argomento, ed è onestamente stupefacente che, dopo
tutto quello che ha subito l’ Occidente in termini di terrorismo, di
aggressioni antisemite, di aggressione verbale e disprezzo, si possa
considerare esagerato parlarne senza veli. Qui viene il punto che duole, che
fa sanguinare il lettore e il critico, che fa scattare la censura: Eurabia.
L’ idea che alla programmatica conquista dell’ Europa si sia mostrata,
offerta, persino prostituita un’ Europa così vile e corrotta, e soprattutto
così idiota, da darsi via, da obliterarsi.
Il libro di Bat Yeor, Dhimmitude, che la Fallaci cita largamente, fornisce
una base di tappe, accordi, leggi, che costituiscono un tappeto storico,
difficile da confutare, alla malattia psicologica dell’ Europa e dell’ Italia.
Anche qui la Fallaci prende posizione su un dibattito molto attivo: è quasi
un vero e proprio piano, o comunque un destino evidente e non evitato,
quello dell’ Europa di svendersi e suicidarsi, non solo frutto di insipienza.
Anche qui le prove dei fatti sono sovrastanti. L’ Europa è alla sbarra, solo
un’ alzata di capo per ora non in vista la farà uscire da quella fossa in cui
tiene un piede. La chiave, la Fallaci la indica nella gioiosa forza della
vita democratica esemplificandola nell’ episodio del capodanno newyorkese,
con la gente in piazza felice di niente: di amare, di essere vivi, vestiti
come ci pare, cantando le sciocchezze che vuoi, baciando e sposando chi ti
pare. Dall’ altra parte una cultura che spudoratamente afferma: « Noi
vinceremo, perché amiamo la morte quanto voi amate la vita» .
Solo facendo del nostro amore una bandiera di battaglia, si vince.