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E’ morto Husseini, il palestinese del dialogo Ministro per Gerusale mme, guidò i negoziati di Madrid

venerdì 1 giugno 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME L'ultimo e l'unico principe palestinese è morto all'improvviso: la Città Vecchia chiude i negozi per tre giorni, piangono le donne sulle porte di casa, la Moschea di Al Aqsa si prepara ad accoglierne le spoglie. Sconcerto, abbandono, disperazione. Alla Orient House si alza la bandiera nera, la gente della strada piange abbracciata con i notabili. I guerrieri dell'Intifada piangono la scomparsa del ministro di Arafat per Gerusalemme, il leader della battaglia per Al Quds, ma più che altro il lamento che si leva è quello del popolo orfano di un principe, del rampollo della famiglia più rangee di Gerusalemme, un padre che parlava sempre con un filo di voce, che emanava distinzione, che guidava le folle (prese delle botte dalla polizia israeliana all'inizio di maggio) indossando una camicia inglese a righe e un gilè senza maniche, con la faccia dell'uomo di mondo che invece dello scetticismo sceglie la battaglia che lo tiene vivo. La gente amava anche la durezza di Feisal, una punta di estremismo che lo portava a coltivare i suoi sogni panpalestinesi, senza tuttavia farne una politica. Feisal Husseini è morto di un attacco cardiaco a 61 anni. Se Israele si spezza in frammenti di pavimenti che crollano, di alberi che bruciano, l'Autorità Palestinese si accascia così , in una lussuosa, asettica camera di albergo kuwaitiana dove l'attacco cardiaco ha stroncato Feisal. In queste bizzarre settimane di oscuri presagi sul conflitto israelo-palestinese,Feisal Husseini per la prima volta dopo la guerra del Golfo era andato in Kuwait alla ricerca della solidarietà da parte del paese aggredito nel ‘ 91 da Saddam l'amico di Arafat. Impresa da funambolo. Infatti il parlamento kuwaitiano lo aveva fischiato e una sua guardia del corpo, ricercata in Kuwait, era stata minacciata di arresto. Feisal si era molto irritato. Adesso un dignitario palestinese accusa i kuwaitiani di averlo assassinato, mentre Arafat si avventura nell'idea che i gas lacrimogeni israeliani abbiano qualche responsabilità . Feisal era figlio del comandante Abder Haider Al Husseini, l'eroe di una delle ultime battaglie della guerra del ‘ 48, al Castel, sulla via di Gerusalemme, dove morì con le armi in pugno. Nella casa di Feisal campeggia un ritratto del padre col fucile in mano. Lo zio di Feisal Husseini era quel Grande Mufti di Gerusalemme, Ha Jamin Al Husseini dalla storia pesante di collaborazione con il regime nazista contro gli ebrei e contro gli inglesi. Nel ‘ 36 con l'aiuto dei servizi segreti italiani cercò di avvelenare l'acqua di Tel Aviv. Hitler lo accolse in Germania in fuga; Feisal nacque a Bagdhad, in esilio a causa dei trascorsi familiari, e crebbe al Cairo, come Arafat che conobbe giovanissimo. I due non si sono mai amati: si narra che una volta che si discuteva nel parlamento palestinese su Gerusalemme, Feisal (ministro per Gerusalemme) fu pregato (si fa per dire) di allontanarsi dall'aula. Feisal sollevo appena a mezzasta gli occhi da aristocratico, e non si mosse. L'educazione è stata soprattutto militare. Prima ancora che Arafat apparisse alla testa dell'Olp era già con Shukeiri, l'iniziatore della lunga guerra per la Palestina. Feisal fu a lungo un giovane estremista; diventa un leader nel corso degli anni ottanta, con la prima Intifada. Lui e Sarin Nusseibah, un altro rampollo di grande famiglia, sono le star della gestione dello scontro alla fine del quale c'è la prima porta aperta verso il processo di pace, l'incontro di Madrid, in cui Feisal è capo delegazione. Prima, Feisal aveva passato un paio d'anni in carcere per detenzione di armi, e là imparò l'ebraico: stringe così rapporti con personaggi della politica israeliana, come Yossi Beilin che ieri ha detto veramente rattristato « Abbiamo perso un partner per la pace» . La grande invenzione politica di Husseini era stata l'Orient House, un edificio in pietra nella Gerusalemme Est dove, mentre gli israeliani cercavano di evitarlo in tutti i modi, Husseini riusciva a far convergere le visite di quasi tutti gli statisti, gli ambasciatori, i rappresentanti delle organizzazioni internazionali. Israele ha minacciato varie volte di chiudere quella che era in realtà la rappresentanza ufficiale dell'Autonomia Palestinese, ma Husseini è riuscito per esempio sostenendone l'identità culturale ad evitarlo. Pochi giorni fa ,il 22 maggio, Husseini si era lasciato andare, durante un discorso a Beirut tenuto con la kefia (che qui non portava mai) a sostenere che il fine strategico dei palestinesi è uno stato dal Giordano al Mediterraneo. Lo intendeva veramente? Secondo il dottor Ygal Karmon, direttore dell'Istituto per la ricerca sui Media Medio Orientali (MEMRI) Husseini era rimasto in fondo al cuore molto legato alla sua utopia giovanile. E'vero che in linea con il suo capo non ha mai parlato a favore della cessazione delle violenze né aveva condannato apertamente il terrorismo. Ma il suo tratto urbano e cortese, la sua assoluta distanza da un atteggiamento religioso militante ora così di moda, la sua disponibilità a stare in contatto con Israele e gli Israeliani ne facevano un interlocutore per un mondo democratico.

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