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Durban, una lotta contro il tempo I delegati partono, ma si lavora an cora sul documento finale

sabato 8 settembre 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein inviata a DURBAN E’ finita ma non è finita, con il suo ultimo paradosso, la conferenza contro il razzismo dell’ Onu che avrebbe dovuto concludersi ieri. Partono i pullman verso l’ aeroporto: gli « intoccabili» lasciano il marciapiede del loro sciopero della fame, i tibetani, i Maya, i Baruko, gli Hutu, i nepalesi, gli schiavi mauritani, tutti si salutano. Baci, abbracci. Addio a forse mai più rivedersi. Certamente in tutti quanti un dubbio: venir da così lontano è servito a qualcosa? La security, ossessiva quanto indispensabile in una città di disperate rapine, borseggi, assassinii, lascia il campo libero. Ma sulle strade vuote di Durban, nel Palazzo dei Congressi e nel vicino Hotel Hilton, tutte le luci restano accese: le riunioni sono ancora tutte in corso. La montagna dell’ Onu non ha partorito ancora il topolino di un documento che comunque sarà frutto di mille compromessi, sempre che arrivi in porto, sempre che non ci sia una spaccatura che costringa gli europei e i canadesi ad andarsene. Certamente questo documento, quale che sia, non resterà come un segnale di concordia fra i popoli, né come segnale di una poderosa volontà comune. Così la conferenza ha trascinato ancora ieri notte la discussione sui due punti cruciali: il Medio Oriente e il retaggio del passato schiavista. I palestinesi sono rimasti sulle loro posizioni dure, nonostante l’ Europa abbia fatto l’ impossibile per rendere più morbido il documento, lasciando però molti punti sul conflitto mediorientale che possano accontentare i palestinesi. Per esempio, il fatto stesso che fra tanti conflitti che esistono al mondo, l’ unico menzionato in un lungo paragrafo è quello mediorientale. Il documento contiene anche la richiesta, ormai bandiera di Arafat, del « diritto al ritorno» e della commissione internazionale di osservatori, cui si allude con grande evidenza, e queste sono certo concessioni importanti a una causa così specifica come quella palestinese, dal momento che la conferenza ha evitato di prendere parte in qualunque altro contenzioso. I palestinesi durante le riunioni, alternandosi con la Lega Araba in una commissione formata da cinque membri, hanno chiesto fra l’ altro che la clausola che ricorda l’ Olocausto venga addolcita: pare che la richiesta sia quella di menzionare l’ Olocausto come « Olocausto europeo» , lasciando campo alla possibilità di considerare una vera e propria Shoah anche la sofferenza dei palestinesi. A niente è valso che la Comunità Europea « tutta unita» , come ha detto ieri a tarda sera Louis Michel, presidente di turno della Comunità Europea, abbia pregato i palestinesi di accettare i termini del documento della signora Zuma, ministro degli Esteri del Sud Africa: « Questa conferenza è molto importante - ha detto Michel - e vale comunque per la voce che ha dato a tutte le vittime del passato e del presente; certo che l’ uso eccessivo e troppo appassionato da parte dei palestinesi dei loro temi, non è servito né alla conferenza né a risolvere il conflitto mediorientale» . Le « voci delle vittime» sono comunque ascoltate in modo contraddittorio: nel secondo documento in discussione, che è anch’ esso prodotto dalla signora Zuma, un nuovo testo sulla schiavitù e le compensazioni, di nuovo si dibatte sul problema delle scuse e delle ricompense. C’ è un accordo tuttavia sul definire la schiavitù « crimine contro l’ umanità » . Il documento parla anche, e anche questa è una nuova acquisizione, di « colonialismo» ; dice che la schiavitù è stata una delle « maggiori fonti di razzismo» e dà ai vari Stati la possibilità di esprimere « scuse» o « dispiacere» a seconda dei casi. Invita comunque tutti a onorare la memoria delle vittime. Anche questo documento è stato oggetto di una discussione infinita, proseguita anche nottetempo. Le odierne vittime, in gran parte se ne vanno da Durban insoddisfatte della parte del documento finale già approvata: i « Roma» seguiteranno ad essere chiamati, come dice il documento, « zingari» . I 270 milioni di « intoccabili» , dato il veto indiano, non sono neppure menzionati nel documento; gli indigeni delle varie latitudini sono citati tutti quanti insieme e genericamente senza chiamare i popoli nome per nome in modo da non precostituire diritti nei confronti degli Stati. Le Ong hanno prodotto come loro documento uno dei testi più estremisti e persino antisemiti che siano stati mai visti negli ultimi anni, anche se tante altre parti contenevano buone descrizioni e buone intenzioni circa il futuro dei diseredati. I governi, intrappolati in un sostanziale scontro fra Occidente e Terzo Mondo, oltre che nel conflitto mediorientale non riescono a produrre la loro conclusione a favore della società civile; società civile e governi, inoltre si scontrano fra di loro. Come ha detto oggi Mary Robinson, infatti, il documento delle Ong non verrà raccomandato alle nazioni.

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