Durante il processo a Gerusalemme l’ ex ufficiale nazista scrisse le proprie memorie La « verità » di Eichmann sull’ Olocausto A sorpresa Israele o ffre la pubblicazione alla Germania: è polemica
venerdì 13 agosto 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
IL vento inesausto di Israele sfoglia in questi giorni circa 1300
pagine di
bloc-notes scritte a mano in calligrafia gotica; il Paese freme di
ingrati
ricordi, e litiga nervoso come si fa quando troppo grande è il peso
della
memoria. La minuta, ordinata scrittura è quella di Adolf Eichmann,
l’ insipido ufficiale nazista nato il 19 marzo 1906 a Solingen che fu
l’ anodino artefice dell’ organizzazione dell’ Olocausto. Lo scorso
martedì
Israele ha annunciato che, dopo che nella maggiore discrezione
scientifica
alcuni storici hanno letto l’ inedito, si è deliberato di consegnare
il
materiale per la pubblicazione ad un istituto di ricerca tedesco, e
ciò non
è poco sorprendente. Questo perché , ha spiegato Yehuda Bauer, la
firma
leader negli studi sulla Shoah, le memorie di Eichmann devono vedere
la luce
in lingua originale onde conservare tutta la puntualità
dell’ informazione
che contengono.
Eichmann fu impiccato nel 1962 per decisione del tribunale di
Gerusalemme.
E’ stato l’ unico condannato a morte di tutta la storia d’ Israele. Era
stato
rapito a Buenos Aires, dove si nascose sotto falso nome nel 1960; il
comando
del Mossad che lo portò in Israele fu l’ iniziatore morale e
ideologico della
faticosa riappropriazione della Shoah che Israele compì tramite il
processo
durato appunto fino al ‘ 62. Una schiera di testimoni narrò al popolo
del
Paese che fino ad allora aveva costruito la sua epopea soprattutto su
una
morale socialista e contadina di rinascita, l’ intera tragedia di
quegli anni
in cui 6 milioni di ebrei erano stati uccisi, e la rese così parte,
finalmente, dell’ epos nazionale. Dalla gabbia di vetro Eichmann
ascoltava
senza dare a vedere nessuna commozione, e prendeva appunti. Dal
pubblico,
Hanna Arendt scrutava la sua espressione e scriveva: « La banalità del
male» .
Eichmann, quando tornava nella sua cella, scriveva a mano le sue
memorie
aiutandosi con una quantità di testi accumulati sulla scrivania.
Israele dopo la sua esecuzione ha a lungo discusso il tempo e il modo
in cui
dare alla luce questa nuova angosciosa puntata della storia degli
ebrei.
Bauer definisce le memorie « psicologicamente interessanti» rispetto
al modo
in cui Eichmann si viveva, ovvero come un fedele esecutore di ordini
inappellabili. Dice anche che ci sono molte precisazioni storiche
utili, ma
che la scrittura è « ripetitiva, noiosa, prolissa» . E si può
immaginare che,
poiché Bauer è un forte avversario del revisionismo storico alla
Nolte, il
tempo della pubblicazione sia legato al desiderio di rafforzare la
memoria
storica della Shoah.
Contro la decisione del governo di consegnare il taccuino a qualcuno
di
propria scelta, è insorto il giornalista-storico Tom Segev, autore di
un
testo rivoluzionario sulla visione e l’ uso israeliano dell’ Olocausto,
esposto nell’ importante testo Il settimo milione. Israele, dice in
sostanza
Segev, vuole pilotare le memorie della Shoah come se la sua
trattazione
storica fosse rilevante per la sicurezza di Israele: donandole ai
tedeschi,
certamente compiacenti, si desidera in realtà controllare che si
presentino
le memorie con note che dicano « questo è vero» e « questo è falso» a
piacimento. Segev sospetta anche che in Israele si teme che possano
venire
alla luce nuovi penosi episodi di rapporti fra Eichmann e i disperati
capi
delle comunità ebraiche che cercavano di salvare il salvabile.
Mentre si seguita a discutere, è apparso all’ orizzonte Dieter
Eichmann, il
figlio dell’ ufficiale nazista, e ha chiesto i diritti dell’ opera del
padre.
L’ avvocato che lo rappresenta, Horst Bauer, sostiene che solo col
permesso
di Dieter si potranno pubblicare. Così in genere vorrebbe il diritto.
Ma è
legittimo chiedersi cosa invece vorrebbero la morale e il buon gusto.