DUE MOSSE IN CONTEMPORANEA CON CUI IL GOVERNO DI GERUSALEMME SPERA DI USCIRE DALL’ IMPASSE E DALL’ ISOLAMENTO L’ equilibrismo di Sharon Liberando il Raí ss dalla prigionia spera di avere l’ aiuto Usa per l’ indagine delle Naz ioni Unite
lunedì 29 aprile 2002 La Stampa 1 commento
GERUSALEMME
PASSO doppio per Ariel Sharon, equilibristico, concatenato. Dunque,
il
primo ministro di Israele decide ieri, in una fiammeggiante riunione
di
Gabinetto, due misure inaspettate. « Accetteremo che gli assassini del
ministro Rehavam Zeevi siano guardati dagli americani e dagli
inglesi» .
Ovvero: lasceremo andare Arafat. E quasi con le lacrime agli occhi
spiega le
ragioni di questa scelta; e quelle che non spiega si vengono più
tardi a
sapere. Sharon è stato bombardato dalle telefonate di Bush, pare
addirittura
tre in dodici ore: il suo « amico speciale» , come Bush stesso si è
definito
solo due giorni or sono, gli dice che se non accetta questa proposta
i
risultati potrebbero essere « catastrofici» . Si riferisce al clima nel
mondo
arabo, su cui certamente il principe Abdallah lo deve avere ben
istruito
nella visita al ranch in Texas; si riferisce all'atteggiamento
dell'Onu, che
minaccia risoluzioni gravi nel Consiglio di Sicurezza soprattutto a
causa
dell'esitazione di Israele sulla commissione di inchiesta per Jenin,
dove i
palestinesi sostengono che ci sia stata, se non una strage (non
insistono
più su questo punto), comunque un abuso di forza e un « disastro
umanitario»
come ha detto Terje Larsen, il fiduciario dell'Onu in zona. Sharon
capisce
benissimo che l'accettazione delle « guardie» straniere (per quanto
tempo?
Per tutti i diciotto anni di detenzione? E con quale mandato? Di
sparare
eventualmente su una folla in rivolta che cercasse di liberare i
prigionieri? Niente è chiaro) vuol dire soprattutto che Arafat
dev’ essere
liberato.
E' stato proprio lui a dire che a Ramallah l'unico problema rimasto
aperto è
la consegna dei prigionieri da parte di Arafat. Una volta caduto
questo
punto, Sharon deve quindi fare il grande passo di lasciare andar via
il
Raí ss. Per l'ennesima volta Arafat, chiuso in un angolo, è stato
salvato. Se
poi sarà libero di muoversi solo nell'Autonomia o potrà andare
all'estero,
anche questo non è chiaro. Di certo per Sharon è un passo molto
grande, che
può ritorcersi contro Israele in termini sia di terrorismo sia di
immagine,
se Arafat torna a essere il beniamino dell'Europa persino quando si
studiano
carte molto imbarazzanti sul suo patrocinio dei Tanzim e delle
Brigate dei
Martiri al-Aqsa. Del resto, è un passo che prima o poi Israele doveva
trovare il modo di fare perché , semplicemente, per i palestinesi
Arafat è un
leader-simbolo, irrinunciabile, adorato dalle piazza arabe. Gli Usa
hanno
scelto una politica di quiete nell'area e il pegno è proprio il
Raí ss. E
veniamo al secondo passo: la Commissione dell'Onu, ha detto Sharon,
non
piace così com'è , adesso non la vogliamo. E' già la terza giravolta,
potrebbe presto esserci un ripensamento. Ma la contestualità dei due
passi
significa che gli americani si impegnano a difendere Israele da
eventuali
risoluzioni di condanna dell'Onu e a ottenere condizioni che
consentano
l'invio della commissione stessa, quanto prima.
Ci sono molte obiezioni di forma e di sostanza da parte israeliana
sulla
commissione mentre i palestinesi, per motivi simmetrici, la invocano.
Sembra
che l'aspetto « strage, massacro» non sia più cruciale: le ruspe
rimuovono
una terribile desolazione, una tragedia, ma non corpi. La questione
base è
di principio: Israele si sente aggredita dal terrorismo e vorrebbe
che
l'Onu, poiché decide di mandare una commissione internazionale, dia
segno di
voler verificare anche come sia stata possibile una distruzione
terroristica
tanto grande in Israele. E come mai a Jenin (28 attacchi terroristici
negli
ultimi mesi) la battaglia è stata così dura. I racconti degli
israeliani
parlano di una città completamente minata e difesa dalle formazioni
terroristiche e di guerriglia casa dopo casa, ma l'Onu non ha dato
segno di
voler studiare il caso se non dalla partre del problema umanitario
palestinese.
Ma Sharon sa che non otterrà un così vasto impegno delle Nazioni
Unite e si
concentra su due complicazioni confermate dalle parole di Kofi Annan
di
qualche giorno fa, quando il segretario generale ha detto (un
lapsus?) che
intanto sarebbe venuta la commissione « per cominciare» . Ciò
significa, agli
occhi di Israele, che da questa commissione si potrebbe passare ad
altre
forme di intervento internazionale proprio come vorrebbe Arafat, che
da anni
si batte per questo scopo. Israele teme quindi
l’ internazionalizzazione del
conflitto e anche - questo è un sentimento molto diffuso fra la
popolazione
- che comunque una commissione dell'Onu non possa che trovare Israele
colpevole, data l'enorme messe di risoluzioni contrarie e
l'atteggiamento
ostile (la conferenza di Durban è fresca nella memoria, e anche il
discorso
di Larsen).
In pratica Israele non si fida e non vuole che si inquisisca, per
esempio,
il capo di Stato maggiore senza il suo permesso; né che i soldati
delle
riserve che hanno rischiato la vita insieme ai 23 che l'anno perduta
a Jenin
(più 70 feriti) possano essere incriminati dal Tribunale dell'Aja
sulla
scorta delle interrogazioni della commissione. La quale, oltretutto,
è
composta da personaggi non simpatici a Israele, come quel Cornelio
Sommaruga
che, nella sua funzione di presidente della Croce Rossa, sembra aver
detto
un giorno rispetto alla richiesta della Stella di David Rossa di
essere
inserita nell'associazione madre: « Allora perché non anche la
svastica?» ; e
Martti Ahtisaari, il presidente, ex primo ministro finlandese, noto
per la
sua antica amicizia con Arafat. Invece Israele vorrebbe che oltre ai
guai di
Arafat si indagassero anche i suoi: vorrebbe che la commissione
determinasse
perchè Jenin fosse diventata una cittadella da cui erano usciti 28
attentati
terroristi suicidi. Forse, ora che Sharon ha fatto il grande
sacrificio,
tutto questo sarà possibile e la commissione verrà finalmente
ricevuta. Ad
Annan Bush chiederà uno sforzo parallelo a quello di Sharon, se la
liberazione di Arafat andrà in porto senza intoppi.
giovedì 25 dicembre 2008 22:45:08
Cara Nirenstein,Sommaruga si disse contrario all'accoglimento della Stella di David sottolineando come al proliferazione di simboli finisse per rendere l' organizzazione irriconoscibile. E citò altre richieste avanzate da altri paesi tra cui quella dello Sri Lanka, il cui simbolo religioso è una svastica rovesciata. Non c'era alcuna velleità antisemita nelle sue dichairazioni.Cordiali salutieg