Due adolescenti, vittime di una tragedia che sembra non avere fine. Le loro case, le loro famiglie, i loro sogni PALESTINA il falò delle gioven tù OSAMA, DICIOTT’ ANNI, ARABO
sabato 3 marzo 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
GIÙ , nella vallata di Beit Jalla accanto a Betlemme, sotto il
quartiere
ebraico di Ghilò a Gerusalemme, un paesaggio da presepe, alberi di
mandorlo
in fiore, ulivi, casette, chiese e una moschea. Su, a Ghilò , una
collina di
edifici moderni, case di nuovi immigrati che credevano di aver
trovato un
posto tranquillo per vivere, un asilo, un supermarket. Da lontano
vediamo
due modi di vita, semplicemente: non vediamo il conflitto, i sacchi
di
sabbia alle finestre degli ebrei e i buchi dei proiettili per il
fuoco
palestinese, i tetti e le mura crollate per la risposta israeliana.
Ci sono
esseri umani, lassù e laggiù con vita e costumi molto diversi, con
pensieri
del tutto altri. Potrebbe persino essere bello. Ma i palestinesi e
gli
israeliani non si vedono l’ un l’ altro, ormai. Vedono soltanto il
dolore che
si procurano l’ un l’ altro. Vedono solo la propria sofferenza. I
palestinesi
sono informati da fonti aggressive e unilaterali, come avviene in
ogni
regime autocratico. La sofferenza è la loro Medusa, il simulacro
stesso
della loro vita. Gli israeliani sono attanagliati dalla paura degli
attacchi
in città e alle automobili e alle case. La sofferenza è un
soliloquio:
l’ altro non vuole ascoltare.
Osama Masalma era un ragazzo di diciotto anni ucciso in questa
Intifada a
Beit Jalla, sul terrazzo della sua casa colpita da una cannonata
partita dai
tank israeliani. Bruciato e sbattuto dal vento, ciò che resta più
negli
occhi dei suoi pezzi di vita sono le bucce d’ arancia dell’ ultimo
pasto,
ancora fresche e colorate, sul pavimento del salotto ormai divenuto
un
edificio senza soffitto e con le mura pericolanti. È ammobiliato con
pezzi
di mobile bruciato, sghembo, scoperchiato, con le tende bianche come
appena
stirate e sventolanti sotto il cielo, nella tramontana. Per terra
anche le
carte da gioco, che gli otto fratelli Masalma usavano nei giochi
serali, in
un mondo che quando viene il buio va a casa, niente cinema, niente
cene,
solo qualche volta politica o chiesa o moschea, e si trova nel
controverso
calore di grandi famiglie affaticate o disoccupate.
Beit Jalla era un posto dove si stava bene, una volta: tanti
cristiani,
qualche famiglia musulmana in buona armonia: « Era un ragazzo buono,
aiutava
tutti, fin da piccolo era affettuoso con i vicini» una maestra
cristiana lo
ricorda piccolo. In quella che era la stanza della televisione dove
alle
volte convergevano quasi tutti i ventidue membri della famiglia
Masalma,
Raj, 26 anni, il fratello grande, con un berretto calcato sul viso
stretto e
scuro mima la fuga correndo da un angolo bruciato a un buco nel muro:
« Presi
in braccio Mahmud che ha otto mesi e scappai con lui e mia moglie
Salhua
dalla porta posteriore. E invece lui, lo Shahid, il Martire, è corso
chissà
perché alla porta finestra anteriore, e qui (si appoggia al muro di
piatto,
guardando Ghilo) l’ hanno colpito al petto. Proprio in questo punto
(si
accascia a sua volta con la schiena al muro) è andato giù , morto.
Nostra
madre e nostro padre erano al piano di sotto» . Raj è molto diverso da
Musama, la cui foto campeggia su un manifesto in tutto il
circondario. Ha un
bel volto grande, come un americano al college, ed è strano sentire
anche i
suoi fratelli chiamarlo shahid, « il martire» . Forse è un modo di
consolarsi,
di immaginare per lui secondo la religione musulmana una migliore
vita in
cielo. Un attivista politico di Hevron si aggira in attesa dei
giornalisti:
« Da qui nessuno aveva sparato quella sera. Gli ebrei hanno sparato
per
primi. Così ci trattano, così ci opprimono, ci uccidono.» . Altri
residenti
dicono che un informatore palestinese ha segnalato con tre colpi a
vuoto
l’ avvento dei cecchini Tanzim. Un’ altra versione dice che l’ IDF ha
visto i
giovani con le armi e ha sparato direttamente su di loro. Majdi ha 22
anni,
sembra il gemello di Osama, è il suo fratello del cuore, quello che
dormiva
con lui nella stessa stanza: anche lui sembra un americano, la
televisione
palestinese lo riprende mentre sgombera le rovine con un camioncino.
Fra tutti i vicini cristiani, la famiglia Masalma, via Al Mugrebin
numero
37, in cima a una salita proprio davanti alle case del quartiere di
Gilo cui
i tanzim hanno sparato tanto in questi giorni, è musulmana. « Osama
passava
la maggior parte del suo tempo dal vetraio dove lavorava. Era sempre
allegro. Insieme andavamo a body building. Tutto facevamo insieme» .
Com’ era
Osama? Cosa gli piaceva? Sono domande che Majdi ha poca voglia di
sentire.
In una società dominata dalla fame, ossessionata dalla guerra, hanno
risposte ovvie « Lavoro, famiglia, un po’ di musica...No, non era la
politica
la sua passione. Ecco: era innamorato» . E incontrava la ragazza, un
giovane
musulmano? Si sorride un pò « Si vedevano, si vedevano..» . L’ uomo di
Hevron
dice « Nella nostra sofferenza non c’ è tempo per l’ amore» . Viene
contestato.
La ragazza sa che Osama è morto? Certo, è arrabbiata è triste. Ha
quindici
anni. Osama correva avanti e indietro su e giù per le scale, mentre
sparavano, voleva aiutare la mamma, il babbo che ha avuto un colpo al
cuore.
No, non andava a mangiare al McDonald’ s nella piazza di Betlemme,
ogni tanto
un falaffel e shawarma in cambio di lavoro. Il suo stipendio era di
150
shekel la settimana. I fratelli spuntano da ogni parte, Rami che ha
21 anni
fa il poliziotto del Fatah. Erano dieci fratelli, ne avevano già
persi due
di malattia. Ora Osama va via come un Martire, gli piaceva il
cantante Hani
Sheker, mangiava volentieri il mahlubi, verdure e riso, una vita da
ragazzo
musulmano, tutti i suoi diciotto anni sono stati attraversati dal
conflitto.
A un tratto dalle rovine dove si sgomberano i resti della casa, Madji
urla e
sbatte la testa contro il muro: il terrore, l’ odio nella loro più
interna
tessitura sono su di noi. Madji ha trovato per terra del sangue; di
più ,
grida e grida « Ho trovato un dito di Osama» . Quale pace potrà mai
curare
questa pena?