DOPO LA FUGA DELLA LEADERSHIP DI AL QAEDA DALL’ AFGHANISTAN UN ATTEN TATO CHE VUOL MOSTRARE POTENZA E UBIQUITA’ Il messaggio è chiaro: possiamo c olpire ovunque
lunedì 14 ottobre 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
CIO’ che è accaduto a Bali è molto lontano da noi, ma anche
terribilmente
vicino. L'attacco terroristico di Bali è il più grande, quanto a
numero di
vite falciate in un colpo, dall'attentato delle Torri Gemelle. Il
maggiore
che abbia mai avuto luogo contro turisti. Vuole mostrare potenza,
ubiquità ,
è parte di una sequenza che non risparmia né infedeli francesi in
Yemen, né
fratelli indonesiani; che in misura più meno letale, per quanto si
può , ha
scelto la tecnica di colpire ovunque si possa ed ha abbandonato il
campo
strettamente americano per spaziare altrove. E' stata di sicuro Al
Qaeda,
dicono in Indonesia, e gli esperti concordano. La tecnica stragista è
tipica, e certo a Bali, nella discoteca di quella che veniva chiamata
« il
paradiso dei turisti» , assume un doppio significato, tipico in
entrambi i
casi delle teorie di Bin Laden: i turisti discinti e eccitati dalla
danza, e
ancor più le turiste inglesi o australiane con l'ombelico in mostra
non sono
benvenuti su terre che devono essere restituite al controllo dei
fedeli. E
in secondo luogo, il recente governo attuale, militare, non applica
la
sharia, tollera a Bali una maggioranza induista, cerca di tenere a
bada le
organizzazione terroristiche attuali fra cui Komando Jihad. Questo
gruppo è
nato nel 1977 ed è stato sconfitto dopo il sequestro di un aereo
Indonesian
Airline: i suoi membri vennero arrestati e rilasciati nel 1990. I
terroristi
vorrebbero invece uno Stato integralista, così come lo perseguono
sanguinosamente nelle Filippine, dove agiscono vari gruppi
terroristici.
Dunque, non importa ad Al Qaeda, e in particolare a Bin Laden (se è
vivo),
che venga irrimediabilmente danneggiato il turismo di suoi fratelli
locali,
perché il primo comando è stabilire un califfato universale. Inoltre
a Bali
la maggioranza è induista.
Ma se è stata Al Qaeda, come ha potuto così rapidamente preparare un
attentato di grandi dimensioni dopo la sconfitta afghana? Dove ha
trovato i
soldi, gli uomini, l'aiuto indispensabile? Ancora una volta la
risposta
potrebbe essere: negli Stati interessati al terrore. Certamente a
Bali vari
fattori hanno dato una mano: ha aiutato la perifericità del luogo, la
sua
caratteristica di ventre molle del divertimento. L'America e Israele
stringono molto le maglie della guerra al terrore e quindi le varie
leadership terroriste antioccidentali perseguono orizzonti variegati,
si
accontentano di obiettivi e di localizzazioni parziali.
La seconda chiave, fondamentale per capire come Al Qaeda possa
colpire
ancora, la si evince dai mea culpa che l'Fbi e in generale tutto il
mondo
degli analisti del terrore recitano, ancora a bassa a voce,
dall'attacco
delle Twin Towers. Uno degli errori basilari che ha impedito di
individuare
la costruzione della rete terroristica che negli Usa è riuscita a
compiere
il più grande attentato terroristico di tutti i tempi è stato quello
di
esaminarlo secondo gli schemi delle tradizionali divisioni del mondo
islamico, di cui la più grande è quella fra sciiti e sunniti. Le
piste che
portavano a una rete in cui, per esempio, iraniani (sciiti) e sunniti
wahabiti di Bin Laden univano i loro sforzi, erano ritenute errate
perché
l’ accordo era considerato di impossibile realizzazione. Né si vedeva
la
possibilità di una collaborazione Saddam-Paese degli Ayatollah.
Alla fine della guerra dell'Afghanistan, apprendiamo dallo storico
Michael
Ledeen (che ha or ora scritto un libro sulla rete terroristica
mondiale,
« The war against the terror masters» , edito da St. Martin press, New
York)
che i tentativi di fermare la fuga di Bin Laden e dei suoi si sono
orientati
soprattutto al controllo della frontiera Pakistana, ignorando o quasi
quella
iraniana. Invece, usando fonti di intelligence americana e
britannica, il
« Daily Telegraph» ha scoperto che Iran e Iraq, anch'essi da due parti
opposte della barriera delle tradizioni islamiche (sciita e sunnita)
« avevano cooperato per consentire ai combattenti di Al Qaeda di usare
lo
spazio aereo iracheno per volare» dall'Iran (dove, sempre secondo
Ledeen, si
erano raccolti) in Libano.
Il nuovo libro racconta che dell'inusitata amicizia Iran-Iraq - che
coinvolge anche Damasco (senza il quale è impensabile immaginare
l'utilizzo
del Libano) - ci sono lunghe testimonianze anche nel periodo
precedente
all'11 di settembre. Insomma, con molto aiuto dai suoi amici, Al
Qaeda, una
volta persa la base operativa in Afganistan, ne avrebbe rapidamente
riguadagnata una in Libano, da dove avrebbe stretto rapporti con
estremisti
palestinesi e hezbollah. La solidarietà creatasi all'interno del
campo
islamista dopo l'operazione riuscita contro le Twin Towers, dopo la
sconfitta dei taleban in Afghanistan e oggi soprattutto con la
minaccia
della guerra a Saddam Hussein, avrebbe dunque consentito, nonostante
la
sconfitta, una efficienza operativa notevole e soprattutto una
quantità di
collegamenti trasversali che danno respiro ad Al Qaeda.
In Indonesia si erano svolte nei giorni scorsi molte dure
manifestazioni in
sostegno di Saddam Hussein. L'Islam umano e gentile del lontano
oriente è
tenuto d'assedio da una federazione di organizzazioni terroriste che
ormai
lavora in coro e con aiuti internazionali: sullo sfondo la guerra
contro
Saddam Hussein, che ravviva il senso di solidarietà e di
aggressività .