Dopo la clamorosa fuga, per quarantott’ ore nel Paese non si è parlat o d’ altro Israele, il ritorno dell’ Elton prodigo Il cantante ci ripensa e cant a per 40 mila fans
venerdì 18 giugno 1993 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Elton John dunque è tornato in Israele, e
il grande concerto all’ aperto (40 mila sull’ erba del Parco Yarcon
lungo l’ unico modesto similfiume di Tel Aviv) si è potuto
tenere. Poco lontano, insalutato ospite, Bob Dylan cantava le sue
belle canzoni nel Teatro dell’ Orchestra Filarmonica. Ma l’
attenzione, ormai da 48 ore, ovvero da quando il piccolo diabolico
pansessuato drogatissimo dagli occhialoni cerchiati aveva compiuto
la sua repentina fuga dalla Terra Santa dopo esservi appena sbarcato
e in preda all’ ira, era tutta intera su di lui. Che c’ è di
meglio, infatti, per la sensibilità israeliana di una discussione
che alluda pesantemente ai temi della colpa, dell’ abbandono, della
responsabilità , della fuga? Perché Elton aveva dovuto fare la
coda in arrivo all’ aeroporto come un qualunque cittadino,
sottoponendosi a tutte le noiose regole della sicurezza locale?
Perché la superstar arrivando all’ Hotel Hilton aveva trovato tanto
insopportabile e tanto aggressive le smancerie dei fan? Perché i
suoi gorilla si erano scontrati con la folla dei giornalisti e delle
ragazzine vogliose con una veemenza pari a quella dimostrata in
nessun’ altra parte del globo? Perché la squadra della polizia
israeliana, addetta alla sorveglianza del cantante, invece di
mantenere la quiete era divenuta di fatto parte dello scontro?
Quando la nuvola di polvere lasciata dal jet privato di Elton John
si è dileguata sopra la pista dell’ aeroporto Ben Gurion, portando
via l’ irremovibile cantante, un brusio incessante ha sovrastato
Israele. Un brusio ansioso, che gli israeliani stessi non avrebbero
voluto né produrre né sentire: fra spallucce, risatine sardoniche
inviti al cantante ad andarsene dove e quando meglio gli pareva,
pure in tutti i ristoranti, in tutti gli autobus, in tutti gli
uffici non si è parlato che di questo. Pure ogni giornale radio
(le notizie che gli israeliani sentono per ovvi motivi a tutte le
ore, ovunque si trovino) ha aperto ogni edizione sulle trattative in
corso col cantante, sulle possibilità che Elton tornasse sulle sue
decisioni, sulle prese di posizioni di eminenti personalità che
inopinatamente commentavano la situazione. Il presidente della
Repubblica Ezer Weitzmann:
nostra gente invece è unica] , così incoraggiava a non piangere
Il superfalco Ba Gad, parlamentare di estrema destra: È scritto
nella Bibbia che chi sporca Israele con i suoi vizi, verrà
rigettato dal Paese... . Avraham Burg, parlamentare di sinistra
capo della commissione per l’ Educazione della Camera: Sì , è
vero, si è comportato in modo un po’ strano, ma bisogna capirlo
perché l’ aggressione alla sua vita privata è continua e
insopportabile. E poi, ieri, col respiro di sollievo per il
ritorno del cantante, anche tante voci sull’ ipotesi che le più
alte autorità britanniche e i più grandi intellettuali ebrei del
mondo si fossero messi in moto per convincere Elton a non dare la
sensazione di un’ antipatia preconcetta per un Paese tanto discusso
La gente per un attimo ha temuto che ricominciasse l’ ostracismo
che i cantanti rock avevano dato al Paese fino all’ anno passato.
Il succo della storia di ieri, nell’ idea corrente, in definitiva è
questo: Elton è un po’ pazzo, ma noi siamo un Paese che dà la
scossa. Se Elton fosse atterrato in qualunque Stato meno teso, meno
angosciato, anche meno violento, le sue antenne di artista un po’
nevrotico non gli avrebbero fatto desiderare la fuga. Ma, sempre se
si fosse trattato di un altro Paese, la sua sensibilità non lo
avrebbe spinto, in definitiva, a desiderare di cantare per questa
folla così angosciata, piena di emozioni, ma anche di vitalità e
di passione. Fiamma Nirenstein