DOPO L’ 11 SETTEMBRE, DALL’ AMERICA ALL’ EUROPA, TORNA IL PERICOLO DELL’ ANTISEMITISMO: ACCOLTO ORMAI IN OGNI STRATO SOCIALERAZZISMO st ella gialla 2002
lunedì 7 gennaio 2002 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
GERUSALEMME 
SERATA a Londra, fra aristocrazia e argenti, a casa di una signora 
che mi 
si dice italiana, di nome Carla, moglie di un inglese di primo piano. 
Fra i 
distinti ospiti l'ambasciatore francese in Inghilterra, Daniel 
Bernard, che 
parlando del Medio Oriente si riferisce a Israele in maniera 
inequivoca. 
« Quel piccolo paese di m... - dice in perfetto inglese (« That shitty 
little 
country» ) - non ci porterà tutti alla seconda guerra mondiale» . 
L'elegante 
ospite, abituata a maneggiare la conversazione, è tutta animata: « Io 
non ho 
mai potuto soffrire gli ebrei - finalmente esclama - e tutto ciò che 
gli 
capita è colpa loro» . 
Sul Daily Telegraph la famosa columnist Barbara Amiel racconta altri 
due o 
tre episodi di antisemitismo britannico. D’ altronde il ministro degli 
Esteri 
Straw ha dichiarato che non c'è da paragonare il terrorismo che 
uccide gli 
israeliani con quello antiamericano. La notizia di una sinagoga 
bruciata a 
Nord di Londra ha trovato spazio solo su un giornale ebraico locale. 
Si 
moltiplicano in Europa gli episodi di antisemitismo con minacce 
fisiche, 
solo nell’ area di Parigi nel 2001 si sono contate 300 aggressioni, 
questa 
settimana una scuola ebraica parigina dei sobborghi è stata 
incendiata, la 
sinagoga attigua presa a sassate. 
« Dall'11 settembre nel mondo - dice Elan Steinberg, vice presidente 
del 
Congresso mondiale ebraico - si sono bruciate più sinagoghe che in 
qualsiasi 
altro periodo, dai tempi della Notte dei Cristalli. E si tratta di 
eventi 
legati senz'ombra di dubbio alla violenza arabo-palestinese, fisica e 
verbale, contro Israele e alla versione antiebraica del conflitto che 
è 
divenuto lexicon comune. Fermo restando il diritto di critica, qui si 
è 
andati enormemente oltre: ogni gesto di Israele, che pure è 
l'evidente 
vittima, dopo gli accordi di Oslo, di un odio ontologico che ha 
provocato il 
rifiuto di Camp David, è stato demonizzato e coperto di menzogne, e 
ora la 
tabe dell'antisemitismo, oltretutto accompagnata dal terrorismo, si è 
ripresentata» . 
In Italia molti circoli intellettuali e di affari si domandano come 
mai (e 
naturalmente l'informazione è disgustosamente falsa) non ci fossero 
ebrei 
nelle Torri gemelle quando sono state abbattute. Un amico industriale 
(non 
ebreo) racconta che si parla di nuovo del controllo ebraico mondiale 
della 
finanza e della stampa, come ai bei tempi. Si ripete che gli ebrei 
sono 
diventati come i nazisti. Paolo Mieli ha scritto sul pericolo delle 
risurrezione dell'antisemitismo. Per un ebreo in Europa è diventato 
difficile ormai incontrare socialmente gli amici a meno che non si 
dimostri 
disposto a un'abiura rispetto a Israele, a meno che non si allinei 
nel 
disconoscere le profferte di pace di Israele o non sia pronto a 
dichiarare 
che Sharon è un criminale. 
Negli Stati Uniti fa epoca un lungo articolo sul New York Magazine 
uscito a 
due mesi di distanza dagli attentati estremisti islamici: « La scomoda 
questione dell'antisemitismo» . Sottotitolo sconsolato: « Risvegliarsi 
al 
mondo di mio padre» . L’ autore, Jonathan Rosen, intellettuale di 
sinistra, 
scrive: « Quando ero piccolo mio padre andava a letto con una radio a 
transistor sempre sintonizzata sulle notizie. Era sotto la minaccia 
della 
storia..., nato a Vienna nel 1924, fuggito nel 1938, i suoi genitori 
uccisi 
nell'Olocausto... Ne ero depresso, e così ho sintonizzato la mia vita 
sulla 
più lieta musica dell'America contemporanea. Adesso, però , mi sono 
ritrovato 
sulla frequenza di mio padre. Mi sono risvegliato 
nell'antisemitismo» . 
Rosen racconta quello che ancora gli intellettuali europei non 
vogliono 
raccontare: come la criminalizzazione degli ebrei da parte araba, che 
nella 
sua sboccata paradossalità è apparsa una sorta di deiezione etnica, 
da non 
prendere nemmeno in considerazione, sia stata volentieri accolta in 
ogni 
strato, solo che si cerchi un capro espiatorio. « Solo gli ebrei sono 
capaci 
di distruggere il World Trade Center» ha detto a Rosen lo Sceicco 
Muhammad 
Gemeha, rappresentane negli Usa del Centro di studi islamici del 
Cairo e 
Imam del centro Culturale Islamico di New York. « Se questo fosse 
chiaro al 
popolo americano, farebbe agli ebrei ciò che fece loro Hitler» . E si 
rimasticano le voci oscene che gli ebrei avrebbero ritirato i loro 
soldi dal 
mercato prima dell'11 di settembre. 
Il Mossad viene confidenzialmente ancorché furbescamente citato, 
anche in 
Italia, come responsabile dell'attacco terroristico. Del resto il 
terreno 
era pronto: le Ong palestinesi distribuivano a Durban i Protocolli 
dei Savi 
di Sion sulla congiura ebraica per conquistare il mondo; ripetuto da 
francesi, italiani, inglesi, danesi, è sorto d’ incanto (non a caso, 
in Sud 
Africa) lo slogan modernissimo perché attinente al tema dei diritti 
umani: 
« Israele, Stato di apartheid» , una follia logica e storica. Intanto 
la 
macchina di propaganda ripeteva (Arafat ne fece parte del suo 
discorso a 
Oslo): gli israeliani usano uranio impoverito e gas nervino, 
avvelenano le 
acque, danno giocattoli esplosivi ai bambini, usano soldatesse nude 
per 
confondere i combattenti islamici, i soldati israeliani violentano le 
ragazze palestinesi per provocare poi nella famiglia palestinese 
l'omicidio-faida contro la violentata stessa. 
L'Olocausto, nelle parole di Bashar Assad, su tutti i maggiori 
giornali del 
Medio Oriente, nella maggior parte dei sermoni del venerdì nelle 
moschee, 
sugli schermi di Al Jazeera e della tv palestinese, è diventato una 
favola 
usata per arricchire Israele e gli ebrei. Dieci giorni fa Israele è 
stata 
definita dall'Iran un cancro da eliminare, gli Hezbollah seguitano a 
promettere la distruzione di tutti gli ebrei. La Francia ha 
presentato come 
una grande vittoria e un segno di simpatia al Libano (da cui 
l’ esercito 
israeliano ha sgombrato da tempo) il fatto di avere evitato che gli 
Hezbollah siano nella lista europea delle organizzazioni terroriste. 
Si 
sente dire in giro con grande insistenza che, se non fosse per gli 
ebrei, 
Bin Laden non ce l'avrebbe tanto con l'Occidente, mentre, per 
chiunque 
conosca minimamente la storia dei suoi interventi è evidente il 
contrario: 
Israele è una vittima dell'integralismo islamico perché è una 
scheggia di 
Occidente in medio Oriente. 
Ma tant'è : Israele è il massimo concentramento di ebrei nel mondo, 
quindi 
attira il massimo di antisemitismo. Gli arabi, che ne sono il grande 
nemico, 
lo hanno elaborato secondo standard classici, di demonizzazione 
totale, di 
negazione di diritto all'esistenza, di sistematica costruzione di 
menzogne 
evidenti simile a quelle che il tempio di Salomone o quello di Erode 
non 
sono mai stati là o che l'Olocausto non è mai esistito. Tutto questo 
pacchetto velenoso ha ben poco a che fare con la questione israelo 
palestinese, con i Territori, con la pace. Anche qui, la parola 
« occupazione» è destituita ormai di ogni significato, fa parte del 
lessico 
comune, come quando si diceva - pardon si dice, perché è di nuovo sui 
giornali arabi - che le azzime sono impastate col sangue. 
In una parola, l'antisemitismo europeo nutrito delle invenzioni 
arabe, è di 
nuovo al lavoro, l'idea che gli ebrei siano un blocco malefico 
destinato a 
rovinare il mondo, proprio come vuole Mein Kampf, è di nuovo nei 
pensieri 
sull'11 settembre, su Israele, sulla potenza ebraica nel mondo, nella 
stampa, nelle finanze. Si è rinverdita la criminalizzazione che ha 
portato 
al più grande eccidio della storia umana. Può capitare di nuovo? 
Israele ha 
un grande esercito, ma un paio di missili pieni di armi chimiche o 
biologiche possono sempre colpire i grattacieli Azrieli di Tel Aviv, 
o la 
sinagoga di Roma. 
            