DOPO IL BOMBARDAMENTO A GAZA PER UCCIDERE IL LEADER TERRORISTA Isra ele si scusa col mondo: un terribile sbaglio Hamas promette nuovi attenta ti
giovedì 25 luglio 2002 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
GERUSALEMME 
Nel terribile caos di Gaza, fra i funerali delle quindici vittime del 
raid 
israeliano contro la casa del superterrorista capo militare di Hamas 
Salah 
Shehadeh, ieri è stata una giornata di grida di dolore e di odio, 
funerali e 
manifestazioni al contempo, con uomini mascherati che gridano 
vendetta 
agitando le bandiere verdi di Hamas, armi brandite, genitori 
disperati, 
detriti e vesti stracciate nella polvere. Fra le macerie dei piloni 
di 
cemento sono stati trovati i corpi di altri due bambini, e ciò porta 
a 16 le 
vittime. Una madre, Sahur Matar, 49 anni, gridava: « Il sangue dei 
nostri 
figli servirà da ponte ai combattenti per proseguire la lotta» . Un 
uomo col 
megafono annunciava che gli israeliani verranno fatti a pezzi ovunque 
si 
trovino, una scritta sulle rovine diceva che il massacro era stato 
compiuto 
con armi americane. 
Il clima promette nuovi attentati, a meno che Shahadeh non avesse 
veramente 
in mano le chiavi, il denaro, le anime, come spiegano gli israeliani, 
di una 
potente fetta del terrorismo religioso. Shimon Peres, che ha 
inaugurato una 
giornata di scuse e misure per cercare di far riconquistare a Israele 
un po' 
di simpatia internazionale, pure spiegava: « Ciò che è accaduto è a 
causa di 
un grave errore che nasce da un ancor più terribile errore, che è la 
guerra 
in quanto tale. Ma non scordatevi che Shehadeh per noi era un Bin 
Laden che 
ha ucciso non meno di duecento persone: con la sua ultima strage ha 
sterminato una squadra di ragazzi su un campo di calcio» . E anche 
Sharon, 
annunciando le misure di alleviamento, ha dovuto tornare sulle sue 
dichiarazioni per dichiarare: « Se avessimo saputo, non avremmo 
colpito» . 
Ed ecco, comunque, che cosa si prepara a fare (a tentare di fare?) il 
governo israeliano: consegnare la metà dei soldi che dall'inizio 
dell'Intifada non ha consegnato, secondo le norme, ai palestinesi, 
legittimi 
destinatari (a meno che, spiegava Israele, non li spendano in 
terrore) 
ovvero 200 milioni di shekel (venti milioni di euro) di cui il dieci 
per 
cento in contanti; consegnare un'intera città con la sua area (si 
parla di 
Ramallah) all'Autonomia per un esperimento di gestione totale; 
lasciare 
entrare, per cominciare, 7 mila palestinesi a lavorare; cercare di 
riportare 
alla normalità la vita nelle città palestinesi, accorciando le ore 
del 
coprifuoco; aiutare le organizzazioni umanitarie a portare i loro 
servizi. E 
infine: riavviare i colloqui fra i ministri delle due parti che erano 
iniziati in questi giorni. 
Ma in queste prime ore di furore, ancora l'esercito da risposte 
incerte sui 
motivi del suo errore (per esempio sostiene che la gran parte delle 
persone 
che dormivano là erano gente senza fissa dimora, ritrovatasi 
incidentalmente 
a dormire sotto piloni di case semicostruite, ma foto aeree dicono 
che 
comunque si poteva vedere che la gente c'era); ma nessuno spiega 
perché la 
bomba era così grossa da non poter risultare in nessun caso 
chirurgica: ma 
Israele tutta ripete che comunque la tragedia non era intenzionale, e 
che se 
i Servizi avessero fornito informazioni corrette non sarebbe mai 
accaduto; e 
che rifiutano ogni parallelo, perché i terroristi come Shehadeh, i 
bambini 
li uccidono intenzionalmente. 
I palestinesi sull'onda della condanna internazionale di nuovo 
chiedono 
l'intervento del mondo in loro difesa, mentre denunciano Israele alla 
nuova 
corte internazionale per i crimini di guerra. La guerra 
israelo-palestinese, 
mai dichiarata in quanto tale, pure conduce il mondo ad assistere in 
assoluta anteprima a quello che accade quando uno dei due nemici sul 
campo è 
il terrorismo: l'intera costruzione del diritto che riguarda gli 
scontri 
bellici, l'intera costruzione contemporanea della sacralità del 
cittadino 
diventa una pagina spiegazzata. Lo si è visto in Afghanistan; chi qui 
non lo 
vede, chi seguita per esempio a illudersi che il grande muro in 
costruzione 
fra le due parti dia una seria svolta allo scontro, o che concessioni 
generalizzate possano portare alla pacificazione, ha bisogno di 
occhiali. 
            