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Dopo 900 anni la conquista divide ancora gli animi e si riaprono le polemiche Gerusalemme, Crociata continua Si riscrive la storia: i cri stiani non sono più eroi

giovedì 15 luglio 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME GERUSALEMME è un sasso bianco che molte guerre di religioni hanno dipinto di sangue. Ma fra le sue più atroci memorie, inclusa perfino quella della distruzione del Secondo Tempio nel 70 d.C., resta lo spaventoso giorno in cui i Crociati di Goffredo di Buglione presero Gerusalemme: avvenne esattamente 900 anni fa, un torrido 15 luglio 1099. Le cronache narrano di fontane di sangue, di teste musulmane ed ebraiche che volavano da tutte le parti, spiccate dai busti; ma la memoria più celebre è quella, rimasta per iscritto, della passeggiata dei cavalli dei Crociati sul Monte del Tempio che trottavano nel sangue fino alle ginocchia» . Da quel giorno i Crociati governarono per 88 anni senza sosta, ma il loro dominio può essere complessivamente calcolato a due secoli. Un periodo lungo e breve nello stesso tempo, secondo il lungo passo della Terra Santa. « Ma no, solo brevissimo, un batter di ciglia in questa zona» afferma lo storico Meron Benvenisti. « Ricchissimo, invece, e lungo quanto basta. I Crociati hanno lasciato segni sempiterni, hanno impiantato ovunque villaggi agricoli, castelli nobiliari, fortezze; ci sono più di duecento insediamenti solamente Franchi nell’ Oriente del paese. Hanno costruito quaranta chiese dentro Gerusalemme, ridisegnate e rifatte gran parte delle strade delle mura; riedificato tutto il Santo Sepolcro, ed altro ancora...» ribatte Ronnie Ellenblum che ha appena scritto un libro sugli insediamenti dei Franchi. Nessuno dei due parla con distacco accademico. Ognuno ha delle sue forti ragioni. Chiunque parli delle crociate, non importa se da uno scranno accademico, disegna la sua scelta storiografica con accanimento fuori del comune. Centinaia di storici sia israeliani che provenienti da tutto il mondo sono a Gerusalemme per ben quattro convegni quasi in contemporanea, una grande cerimonia alla Cittadella di David, un’ importante mostra sui « Cavalieri in Terra Santa» che si apre al Museo d’ Israele. Ognuno ha il suo accanito punto di vista. Benvenisti, per esempio, insiste sulla scarsa importanza delle crociate per affermare che Israele le ha esaltate oltre misura, anche promuovendo dei semplici sassi a grande dignità archeologica, per mettere in sott’ ordine l’ antica presenza musulmana in Terra Santa. Ma, gli risponde un altro famoso storico, Adrian Boaz: « Anzi, il passato crociato è stato completamente ignorato, non ce n’ è traccia nei musei israeliani» . La maggiore revisione storiografica è certo quella per cui si è solo di recente riletta l’ antica mitologia eroica che vedeva tutti i Crociati come difensori della fede, grandi avventurieri senza macchia e senza paura. Divenuta popolare, questa revisione ha generato fenomeni come quello della processione che sta arrivando in queste ore a Gerusalemme per chiedere da parte della cristianità « scusa» ai musulmani e agli ebrei. Ma la polemica maggiore nasce ovviamente nell’ ambito del conflitto arabo-israeliano. In buona sostanza il Saladino, il grande guerriero che cacciò i Crociati nel 1187, è divenuto per gli arabi un eroe mitico anticoloniale: esso, ha ispirato per esempio la battaglia egiziana contro il colonialismo britannico, e in generale ha alimentato la speranza di veder sparire dalla zona quelli che per loro sono i nuovo Crociati, ovvero gli ebrei. C’ è un libro distribuito in tutto il mondo arabo ma pubblicato in Siria dal titolo « I nuovi Crociati in Palestina» . Recita così : « Se la Storia si ripete non dobbiamo temere, avendo espulso l’ intero Occidente nei tempi antichi, gli arabi infatti non avranno difficoltà a espellere questo assortimento di stranieri oggi» . Questo punto di vista è ripreso, naturalmente, anche dai nuovi storici israeliani: Ilan Pappe, uno degli esponenti di spicco che vede in generale l’ insediamento ebraico come una vicenda che si è compiuta più che altro ai danni del popolo arabo, dice che il sionismo è stato né più né meno che « una crociata silenziosa» . « Niente di più falso» gli risponde Dan Bahat, professore di archeologia all’ università di Gerusalemme e allievo preferito del capostipite degli studi crociati, Yehshua Prawer, cui Gerusalemme dedica una strada in questi giorni. « Può sembrare solo a un osservatore molto superficiale che la convinzione dei Crociati di essere la vera Israele, i veri ebrei, e quindi l’ idea di “ tornare” alla terra di Gesù somigli al sionismo degli ebrei. La verità è che la storia dei Crociati, come disse Prawer, è “ la storia d’ Europa al di là dal mare” . Essi in realtà rimasero sempre ancorati alla madre patria. Per tutti la casa madre era tutto. Inoltre gli ebrei sono venuti qui senza distinzione di classe sociale e hanno messo in piedi una società che è la loro unica patria, senza possibilità di ritorno. I Crociati seguitavano a considerare l’ Italia, l’ Inghilterra, la Francia, il loro paese, e spesso ci tornavano. E poi, i Crociati hanno inondato questa terra di sangue. Noi no» . L’ unica parte dei Crociati che non è mai tornata a casa, fu quella che come ha scritto Paolo Mieli sulla Stampa parlando del francescano Fidenzio da Padova seppe conquistare il paese utilizzando « le vie dell’ umiltà ed altre virtù caritative» per raggiungere il traguardo del potere. Ancora oggi vari ordini che scelsero questa strada, fra cui per primi appunto i francescani, possiedono in Terra Santa grande influenza, grande autorità e immensi beni.

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