DISCUSSIONE. Perché gli ebrei d'Europa dimenticano le complicità con i nazisti L'Olocausto da inghiottire Così Israele ha vinto "la grande rimozione "
mercoledì 11 febbraio 1998 La Stampa 0 commenti
LA lettura che Paolo Mieli ha proposto domenica su queste pagine
del libro di Carla Forti Il caso Pardo-Roques di prossima uscita
per l'Einaudi è molto emozionante e attuale. Mieli raccontando la
storia di un ebreo pisano ucciso in casa sua dai tedeschi l'1
agosto del 1944 insieme ad altre 11 persone, sette ebrei e cinque
non ebrei, sulle tracce della Forti si avventura alla ricerca della
verità sull'assoluzione dell'uomo che lo aveva di fatto consegnato
ai nazisti. E quello che vede sulla scorza dell'attenta analisi
della Forti è un grigio, tragico processo di rimozione che procede
negli anni e che, nella fattispecie del processo per il caso
Pardo-Roques, impedisce la verità poiché nessuno, e perfino gli
ebrei, ha voglia di entrare troppo dentro la vicenda.
Perché ? Perché Pardo, sia pure senza troppa passione, era un
ebreo fascista. Mieli con stupore si deve accorgere che il
desiderio di rimozione, di cui esistono innumerevoli esempi dalla
parte dei persecutori, si è accompagnato a quello dei
perseguitati: ciò è dovuto - dice Mieli - nel caso degli ebrei al
desiderio di assimilazione che ha seguito l'Olocausto, al desiderio
di obliare, di tornare a far parte di qualche cosa, di una
comunità che ti accetti, di un mondo di persone che non ti
opponga un rifiuto, al desiderio di ritrovare una patria ideale
dopo essere stati sputati dai rispettivi universi. Ora, la patria
ideale di quegli anni era l'appartenenza al fronte che si opponeva
al Male Assoluto, alla Belva Nazista.
Io ricordo personalmente che nella mia famiglia per la parte
italiana, mia nonna Rosina Volterra, che aveva avuto i fratelli
deportati a Mauthausen, l'epopea dello sterminio che si celebrava
non era tanto legata al loro martirio, a loro che erano stati figli
della Firenze borghese, agli antiquari che avevano ritrovato su
incarico del Prefetto gli antichi abiti del calcio in costume per
la parata cittadina. Ma molto di più , l'epopea antinazista era
puntata sullo zio Dino Lattes che era stato un membro attivo del
"Non mollare", un gruppo antifascista molto combattente ed
intellettuale; e sulla mia mamma, Wanda, che giovanissima aveva
trovato l'ispirazione necessaria per entrare a far parte di una
formazione partigiana. Tutto il mondo (e anche gli ebrei), trovò
la forza di inghiottire l'Olocausto solo togliendosi di dosso il
sospetto di esserne stato in qualche modo complice, e anzi
sottolineando la propria attiva avversità al nazismo.
Iscritti d'ufficio
nella Resistenza
Solo la sinistra era innocente, solo la Belva Nazista era
colpevole. Tutti gli ebrei d'un tratto vennero iscritti d'ufficio
nella Resistenza e nei partiti dell'arco costituzionale. E tali
sono rimasti, almeno in Italia, Francia, parte dei Paesi Bassi,
naturalmente in Germania e Austria. La verità è che
l'elaborazione della grande rimozione è cominciata solo molto
recentemente, e non si tratta solo di domandarsi come hanno potuto
degli esseri umani fare ad altri esseri umani qualcosa di così
vicino al male assoluto, ma anche di porsi una quantità di domande
dolorose su se stessi.
Quando i sopravvissuti dei campi di sterminio cominciarono ad
arrivare in frotte negli Yshuv, ancor prima della fondazione dello
Stato di Israele, e furono distribuiti nei vari kibbutz, la
presenza subitanea nel cuore del sogno sionista fatto di
pionierismo socialista, di volti abbronzati e di redenzione operaia
e contadina dell'oppressione antisemita del ghetto, creò una
reazione che definire di rimozione è dir poco. Ben Gurion in
realtà si trovò a fronteggiare una vera e propria repulsione dei
nuovi israeliani verso persone che non solo portavano i segni di
una sofferenza indicibile che creava terribili sensi di colpa, ma
che contraddiceva l'idea morale del nuovo ebreo: se infatti era
vero quello che i sopravvissuti raccontavano dei Campi, allora il
fatto che fossero vivi significò agli occhi degli Yshuv e poi dei
nuovi israeliani che si trattava solo di una persona indegna, forse
di un kapo, forse di un assassino dei propri fratelli. Invece che
cercare di elaborare la sofferenza ebraica della Shoah, il mondo
israeliano per la gran parte si inventò , proprio come l'Europa, il
binomio Shoah ve gvurà , ovvero Olocausto ed eroismo.
La grande lotta
fra bene e male
Lo sterminio, dunque, invece che come catastrofe fu immaginato come
una grande lotta fra il bene e il male: la rivolta del ghetto di
Varsavia fu deificata, solo l'ebreo con le armi in pugno era amato,
gli altri erano tutti disprezzati, l'Olocausto fu visto come una
sconfitta ebraica, le sue vittime venivano censurate per essersi
fatte assassinare dai nazisti senza combattere. Quanto allo
Judenratt, o persino agli episodi di contatto con i nazisti per
salvare vite ebraiche, furono identificati come orribili
contaminazioni, segni di infezione. Anche l'appartenenza degli
ebrei a qualsiasi formazione di destra, fu vissuta come una
disgrazia e combattuta senza tregua. Nello stesso tempo l'ideologia
del "mai più come allora" divenne soprattutto retaggio della
destra di Begin, e da essa nacquero tutte le improprie similitudini
fra i nazisti e gli arabi che minacciavano Israele.
Il fatto che Israele al contrario dell'ebraismo europeo abbia
tuttavia in questi 50 anni compiuto un immenso percorso che ha
aiutato a superare tutte le pesanti rimozioni del dopoguerra è
dovuto sostanzialmente a tre cose: la prima che Israele al
contrario degli ebrei europei non doveva integrarsi nessuna
comunità da compiacere, condividendone le illusioni e i valori.
Poteva quindi evitare tutta la liturgia resistenziale e dedicarsi
invece a capire bene i fatti.
In secondo luogo Israele ha avuto a che fare con molti altri
nemici dopo i nazisti, e benché l'opinione comune sia che i
nazisti siano stati i peggiori nemici nella storia degli ebrei,
Israele ha dovuto combattere il comunismo sovietico antisemita, e
battersi contro gli arabi... Insomma, non ha assolutizzato e reso
metafisico il male del nazismo.
Infine ha avuto la ventura di avere a disposizione la mente di un
genio come David Ben Gurion che per tappe ha condotto gli ebrei del
suo Paese a fare dell'Olocausto non il centro, ma uno dei centri
della loro storia, ponendolo nella sua giusta, immensa, e tuttavia
elaborabile dimensione: prima il processo Kastner, un ungherese che
fu accusato di aver venduto gli ebrei ad Eichmann, poi il rapimento
e l'immenso rilievo dato al processo Eichmann; infine il
ravvicinamento con i governi tedeschi del dopoguerra, hanno saputo
riportare gli ebrei alla realtà della loro storia. Oggi Israele è
l'unico Paese del mondo dove si parla della Shoah con libertà
quasi assoluta, fuori dall'immaginazione mistica e in una
discussione storiografica estremamente aperta. In definitiva,
l'Europa, e con lei la diaspora, ha avuto molti più guai con la
memoria che non Israele, che era partita da un punto molto più
svantaggiato. Infatti Israele ha sofferto nell'ammettere le
debolezze, le complicità , le strumentalizzazioni della Shoah:
tuttavia ha dovuto farlo a causa della libertà in cui si è svolto
il dibattito, che non ha risparmiato nessuno. Gli ebrei europei
invece hanno seguitato a tenere un dibattito sorvegliato e speciale
per non scontentare i loro amici. Come dice Mieli, per stanchezza e
per il desiderio di essere accolti.
Fiamma Nirenstein