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Discorso di Pierluigi Battista per il premio "Friendship Award 2012"

lunedì 14 maggio 2012 Generico 4 commenti
Villa Madama, 14 maggio 2012 di Pierluigi Battista

Ho scritto questo libro, “Lettera a un amico antisionista”, perché sono stupefatto non solo dalla mancanza di informazioni basilari sullo Stato d’Israele, ma sulla disponibilità dell’opinione pubblica, anche “progressista”, ad accettare il cumulo di menzogne che con il tempo si è stratificato a proposito del “sionismo”.

Conosco molte brave persone che si commuovono per Schindler’s List, ma non hanno nessuna reazione quando Ahmadinejad convoca a Teheran l’internazionale dei nazi-negazionisti che delirano sulla “menzogna di Auschwitz”.

Conosco molte brave persone che si indignano se uno skinhead tautato, con la testa rasata e vuota, grida sconcezze contro gli ebrei, ma non si indignano se a Durban, sotto l’egida dell’Onu, parte la caccia all’ebreo sionista.

Conosco molte brave persone che non direbbero una parola fuori posto su Marc Chagall, su Woody Allen o sui fratelli Marx, ma farneticano della “razza ebraica dominatrice” che vorrebbe opprimere per crudeltà le vittime palestinesi.

Conosco molte brave persone che non sanno niente. Che non vogliono sapere. Che ormai sono abituate, come automi conformisti che rispondono a impulsi culturali pavloviani, a rappresentare Israele come un ricettacolo di carnefici.

Quando ho cominciato questo libro ho pensato che qualche argomento razionale potesse contrastare un istinto antisionista che troppo di frequente nasconde un impulso antisemita. Erano i giorni della Flottilla che, foraggiata dai turchi, voleva forzare i confini ed entrare in modo ostile nelle acque territoriali israeliane per appoggiare i terroristi di Hamas che, come è noto, non riconoscono a Israele il diritto di esistere. Chi sosteneva quegli sciagurati neanche sapeva che in Turchia è reato persino nominare il massacro degli armeni del 1915-'16. Neanche sapeva che la Turchia trattava e tratta i curdi in forme oppressive e brutali: altro che le vittime palestinesi. Ho cercato di spiegare che si sbagliavano.

Ho scritto quel libro perché non sono ebreo. E perché per difendere il diritto fondamentale dello Stato di Israele ad esistere non occorre essere ebrei. La mia non è una logica di appartenenza, ma di pura ricostruzione di fatti negati e misconosciuti. Ai miei interlocutori che demonizzano Israele descrivendolo come uno Stato brutale che nega i diritti dei palestinesi, faccio sempre la stessa domanda: come mai non è nato uno Stato palestinese tra il ’48 e il ’67? E poi un’altra domanda: come sono stati trattati i profughi palestinesi dai fratelli arabi prima e dopo il ’67, dopo ma anche prima sottolineo? Conoscete gli orrori del “Settembre nero” in Giordania? Conoscete il ruolo della Siria nel massacro del campo di Tal el Zatar? Ma soprattutto: sapete che se i palestinesi avessero accettato il piano di spartizione dell’Onu, oggi avremmo due popoli e due Stati? Non c’era bisogno di tante guerre e tanto spargimento di sangue se gli arabi e i palestinesi avessero accettato il diritto degli ebrei ad avere uno Stato. Questo pochi lo sanno. Pochi lo vogliono sapere.

Conosco brave persone che pensano che Grass abbia ragione quando dice che Israele minaccia la pace e che Ahmadinejad è al massimo un “fanfarone”, un chiacchierone innocuo, come un ubriaco al bar. Non vogliono capire che l’Iran vuole la bomba atomica per annientare Israele, solo per annientare Israele. Si può essere d’accordo o in disaccordo con la politica dei governi israeliani: questa è la democrazia, conosciuta nell’Occidente liberal-democratico e in Israele, unica democrazia del Medio Oriente. Ma non si può negare il dato di fatto che l’Iran sta lavorando alacremente per dotarsi di una bomba atomica come arma finale per cancellare la presenza degli ebrei e del loro Stato. Se Grass lo sostiene, è intellettualmente disonesto. Chi è d’accordo con lui o è un ignorante, oppure è in malafede. Possiamo litigare su tutto, ma no sui fatti reali e inoppugnabili. L’obiettivo dell’Iran è esplicito, dichiarato, apertamente rivendicato. Altro che fanfaronate.

Non credo che un libro possa fermare il pregiudizio, Ma bisogna insistere. E chiedo agli amici di Israele sparsi nel mondo di non cedere alla rassegnazione. Si tratta di una battaglia giusta. Di una battaglia civile. Di una battaglia per il riconoscimento di un diritto fondamentale. Ho voluto che nella quarta di copertina del mio libro campeggiasse una frase tratta da un’altra lettera, stavolta molto più autorevole, a un “amico antisionista”. E’ stata scritta da Martin Luther King, un gigante nella battaglia per i diritti umani e contro ogni discriminazione di razza, di religione, di sesso. La frase dice: “Lascia che le mie parole echeggino nel profondo della tua anima: quando qualcuno attacca il sionismo, intende gli ebrei”. Non c’è altro da aggiungere.  

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guido grossi , spoleto/italia
 domenica 20 maggio 2012  00:20:24

la ragione non sta mai da una sola partela ragione degli ebrei : sicuramente la storia ci dice, obiettivamente, che hanno subito ingiustizie e vessazioni gravi, ripetute, igiustificabili, inaccettabili.il torto degli ebrei: eccesso di legittima difesa. Il loro sentirsi popolo eletto e martire, non li aiuta ad essere obiettivi. Rende difficile agli altri di amarli.E la capacità di amare è diventata così rara, oggi, in un mondo dominato da tanti disvalori.Giustizia, ma anche capacità di perdono, solidarietà. Devono marciare insieme, per consentire a chiunque di trovarsi dalla parte della ragione. Per consentire ai tanti, tantissimi ebrei e palestinesi di vivere fraternamente insieme, come gli uomini normali desiderano, in ogni parte del mondo.Perché una cosa è certa: gli ebrei, i cittadini di Israele, sono decisamente migliori delle classi dirigenti che - li come altrove - vogliono mettere gli uni contro gli altri.



Vincenzo Forleo , Torino
 venerdì 18 maggio 2012  15:48:14

Gentile Fiamma.Trovo l'articolo del Sig. Pierluigi Battista fortemente illuminante. E' già da un po di anni che mi interesso ed informo a riguardo della questione israelo-palestinese e, ad oggi, non riesco proprio a capire come molte persone possano essere così ottuse e miopi nei riguardi della realtà delle cose. Provo un forte sento di solidarietà nei confronti del popolo israeliano e di tutti i palestinesi che desiderano la pace, quindi spero che questa guerra lacerante (e per gli ebrei e per gli arabi), possa presto giungere al termine, con la nascita di uno stato palestinese dove i molti rifugiati possano vivere finalmente una vita serena.Cordiali saluti.



Anna Maria Mileti , Fasano (BR)
 venerdì 18 maggio 2012  09:10:46

Vorrei dedicare a Israele una poesia di Giovanni Giudici, nato a Le Grazie di Portovenere, come me e come me in esilio, ma non alla fine della sua vita.LA PERSECUZIONE RAZZIALEUn pò biondo, un pò pingue, un poco bianco di pelle, un pò dall'aspetto straniero, e al mento una rada barba che tremolava al vento d'estate-sulla motobarca un signore vestito di nero."Non gliela leva nessuno la marca" ridacchiò nel gruppetto degli impiegati il più solerte-e gli altri placidamente ariani alzarono gli occhialla novità interessati. Senza pensieri scommettevano al gioco se un ebreo si poteva riconoscere a vista. Di quel poco che accade che male fa aggiornarsi? Ma lì di un pastore o di un prete in clergyman doveva trattarsi. Certo uno che con quel sole così vestito viaggiava e con in testa un di quei larghi feltri – agnello, lepre di cartapesta ai morsi dei veltri. Da i versi della vita.Ed ora il mio chiodo fisso: La mia vita per Israele



Mara Marantonio , Bologna
 venerdì 18 maggio 2012  08:25:07

Onestà e rigore.Grandissimo Pierluigi.



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