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Diretto e «antipatico», ma Donald piace così

giovedì 8 ottobre 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 08 ottobre 2020

Dice poche parole e antipatiche, fa una faccia da John Wayne, anzi no, da Clint Eastwood: "Se vuoi sparare spara, non parlare". E' la sua strategia, e ci cascano tutti. Qualche giorno fa, dopo tre notti al Walter Reed National Military Center l'ha detto addirittura al Covid, qualche giorno prima l'aveva ringhiato a Biden durante uno scontro maleducato e non moderabile, gestito con imbarazzo e fatica da Chris Wallace. E prima in modo diretto e plateale di fronte al mondo intero l'ha detto sul viso alla Cina e al suo regime invasivo e autoritario; e all'Iran di cui ha svelato la strategia imperialista; al terrorismo in tutto il mondo, specie quello dei Fratelli Musulmani; ha detto "Altolà" rivelandone le bugie anche agli intoccabili palestinesi. Con gli amici è magnanimo e largo di lodi e di doni, coi nemici accigliato e determinato alla loro totale sconfitta, salvo che accettino le sue condizioni.

Quello che esprime è certamente un carattere duro e aggressivo, e anche maleducato, ma anche quella cosa di cui buona parte del mondo sente la mancanza: determinazione, e senso di una missione che mentre lo portavano in elicottero all'ospedale, gli ha fatto dire che lui e Melania sarebbero tornati a  casa a fare l'America "Great".  Si è scatenata in quei giorni una discussione furiosa sulle conseguenze elettorali del Covid del Presidente: chi puntava sull'umanità e la tenerezza americana, chi sulla sua darwiniana selettività.

E' esplosa tuttavia sui social media, una sanguinaria aggressività che ha spaccato persino le famiglie (ne conosco diverse che non si parlano più al loro interno) una spudorata pulsione di morte di cui la stampa e la tv dovrebbero dare conto. Anche qui,  come quando si parla di Salvini, o in Israele quando si parla di Netanyahu: la folla di sinistra dimentica ogni umiltà, grazia, buon senso. C'è nel cuore umano una riserva di irragionevole aggressività, e oggi risiede largamente a sinistra, purtroppo, anche se Biden ha una faccia più gentile.

Basta guardare anche come tutto il biasimo per il dibattito selvaggio in TV della scorsa settimana sia stato gettatosu Trump, mentre anche Biden ha interrotto l'interlocutore più di 35 volte. Ed è stata stravolta l'interpretazione data sulla risposta alla domanda sui suprematisti bianchi: Trump ha risposto di “Sì”due volte, come del resto aveva già fatto nel 2016 e nel 2017 rifiutando il supporto di David Duke.

"White suprematists and militia groups" ha condannato, e poi però anche la violenza di Antifa e altri gruppi di sinistra, che hanno saccheggiato, incendiato, distrutto per settimane. Eppure Biden, richiesto di farlo, non ha condannato Antifa, e l'ha disegnata come "un'idea"; più o meno come la vaghezza di Trump rispetto al gruppo "Proud boys" dicendo "vanno in su e giù" una frase che sembra rivelare ignoranza piuttosto che, come è stato scritto e detto, adesione alla destra estrema.

Di Trump si finge, ancora, di ignorare che la sfida lanciata alla Cina è essenziale per il futuro stesso dell'umanità, della sua libertà e della sua economia; che liberando il Medio Oriente dal giogo del "No" palestinese cui si affiancavano tutti gli estremismi, quello sciita iraniano-Hezbollah, e quello sunnita dei Fratelli Musulmani, ha promosso la nuova ottima pace fra Israele gli Emirati, il Bahrain e un blocco moderato in formazione che verrà. Ha liberato un'enorme energia positiva. Da questa energia prima o poi anche i palestinesi saranno attratti e beneficati. Trump ha regalato al mondo un "Patto Abraham" ovvero la certificazione fattuale che il rapporto fra le tre religioni monoteistiche non è una favola di cui l'Islam si approfitta per seguitare a progettare la conquista del mondo, ma una vera promessa di reciproca accettazione fra cristiani, musulmani, ebrei. Ma dove sono i pacifisti che dovrebbero ringraziare il Presidente americano almeno di questo?

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