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Dilaga la « sindrome Rabin» Sharon alla destra: non chiamate Barak t raditore

venerdì 29 dicembre 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME « Boghed» , traditore, è un'offesa terribile e pericolosa, in ebraico, soprattutto da quando Yitzhak Rabin è stato assassinato nel novembre del '94. Con quest'appellativo infatti lo insultavano i nemici dell'accordo di Oslo che lo travestivano in effigie con la kefiah di Arafat. Leah Rabin non smise mai di accusare Netanyahu di avere lasciato passare senza protestare l'aggettivo delegittimante per eccellenza quando dal palco degli oratori lo sentiva gridare alle manifestazioni della destra. L'assassinio politico è rimasto nell'aria, un fantasma che incombe senza tregua sulla campagna elettorale che si concluderà con le elezioni del 6 febbraio. La televisione e in generale i mezzi di comunicazione stanno sempre in guardia contro ogni eccesso verbale, quasi tutti gli uomini destra si dimostrano di continuo molto sensibili all'argomento, stanno attenti a non sbagliare e a non lasciar sbagliare i propri uomini. Prendiamo il deuteragonista delle elezioni, Ariel Sharon: per dimostrare che nessuno è più lontano di lui dalla violenza verbale, ha compiuto un gesto drammatico. Dal momento che il giorno prima si era svolta una manifestazione dei « Fedeli del Tempio» in cui il pubblico, molto eccitato, protestava sotto il Muro del Pianto contro la possibile cessione dell'area ai palestinesi, e chiamava Barak senza ritegno « traditore» , e gridava slogan contro il ministro degli Esteri Shlomo Ben Ami e il processo di Oslo, Sharon ha invitato i suoi sostenitori, con un'intervista al « Jerusalem Post» , a non usare mai l'aggettivo fatale e in generale a trattenersi da qualsiasi insulto e dall'uso del linguaggio estremista. Sharon non ha poi affatto disdegnato di accusare Barak di terribili scelte volte a « svendere gli interessi nazionali, strategici, di sicurezza di Israele impegnandosi in un gioco elettorale disegnato per scavalcare la democrazia e il Parlamento» . Ha anche aggiunto che « Barak sarà ricordato come il capo del governo che per primo ha deciso di dividere Gerusalemme, ha ceduto territori inclusi nei confini del ‘ 48, ha lasciato entrare orde di rifugiati palestinesi nei confini nazionali..» . Barak gli ha risposto per le rime, dopo che il suo amico Yossi Beilin aveva chiamato il vecchio falco semplicemente « il brutto israeliano» , « un pericolo per la pace» . Ma la durezza di linguaggio per ora è ritenuta più pericolosa a destra: Effi Eitan, un generale di brigata dalla lunga e onorata carriera, ha dovuto dimettersi di corsa dopo aver accusato il governo, in una conferenza all'Università di Bar Ilan, di « consegnare Gerusalemme a quell'assassino di Arafat» . La salvaguardia del politically correct ieri, durante una visita al Muro del Pianto di un gruppo di onorevoli rappresentanti dell'ebraismo religioso, ha anche frenato un importante rabbino che avanzava con le lacrime agli occhi nella prospettiva che il Monte del Tempio sia ceduto. Si è morso le labbra quando ha detto: « Dirò solo, trattenendomi dal caratterizzare in altro modo la scelta del primo ministro, che Barak è un cretino (metumtam, una parola davvero onomatopeica) che non capisce cosa fa. E non chiedetemi di più » . Ma l'eccitazione galoppa, e se per caso si dovesse arrivare a un accordo nei prossimi giorni, la campagna elettorale sarà blindata anche dal punto di vista verbale.

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