DIETRO LE QUINTE TRA PROMESSE UFFICIALI, POLEMICHE E DIFFIDENZA JOHAN NESBURG Un vertice contro la retorica della pietà
lunedì 26 agosto 2002 La Stampa 0 commenti
inviata a JOHANNESBURG
INFERNO su inferno,circa 100mila persone, ovvero la folla in
cravatta dei
delegati, quella coloratissima delle Organizzazioni non Governative,
quella
dei media si rovesciano sulla megalopoli di Johannesburg, un tempo
capitale
dell’ oro, poi dell’ apartheid e dello smog, oggi regina della
criminalità e
tuttavia faro di speranza per il mondo. Dopo la ressa dell’ aeroporto
si
viaggia per chilometri fra quartieri che ospitano sei milioni
abitanti, da
una parte le ville fronzute e orlate di muraglie elettrificate,
dall’ altra i
sobborghi spaventosi (Soweto, Alexandra) con le casette quattro per
quattro,
verde pisello e rosa albicocca. La domenica è del tutto
sconsigliabile
entrarvi: l’ ubriachezza del riposo festivo produce crimini terribili.
Il Vertice Mondiale per lo Sviluppo Sostenibile, come l’ Onu ha voluto
chiamare il megaraduno seguito di quello di Rio di dieci anni fa che
riempì
il mondo di promesse, comincia oggi, e da qualche giorno gli « sherpa»
dei
ministri di tutto il mondo si impegnano strenuamente per mediare un
documento possibile, per salvarlo, poiché in molti lo danno già per
morto.
George Bush non viene, Berlusconi temporeggia in attesa di notizie,
l’ Unione
Europea è spaccata, i giornali sono pieni di notizie catastrofiche
sullo
stato del nostro povero pianeta.
Sovrappopolazione e fame, riscaldamento globale, epidemie, mancanza
d’ acqua,
e soprattutto perversione della storia e forse dell’ uomo, per cui
pochissimi
hanno troppo e i due terzi nulla: tutto a Johannesburg invita alla
disperazione. La masochistica scelta di questa città è come una riga
rossa
sotto l’ insostenibile fatica del mondo, dove lo sviluppo non decolla,
l’ Aids
e la fame smagriscono i poveri fino a ucciderli, l’ astio si mischia
alla
politica fino alla paralisi, e sulle interminabili autostrade che
portano
alla conferenza delle Ong a Nasrec, 30 chilometri di distanza dal
fastoso
Centro della Conferenza a Sandton (luogo scelto per tenere le
manifestazioni
no global lontane), sorgono in sequenza negozi enormi di auto
fastose,
Jaguar e Ferrari. Insostenibile il gap, insostenibile la fame, grande
la
rabbia dei no global che pianificano manifestazioni di massa per il
31
agosto, insistente la voce del terzo mondo che descrive l’ Occidente
ricco
solo come un mondo incurante e sfruttatore; anche se certo i dati
parlano di
un grande, se pur insufficiente sforzo.
Così tutti, anche i Paesi Africani che sono i più agguerriti, anche
gli Usa
che hanno inviato Colin Powell, anche l’ Europa divisa, sanno che un
fallimento sarebbe vergognoso; vogliono, si sente nell’ aria, si vede
nell’ espressione dei più , che la Conferenza almeno in parte, riesca.
In
quale modo? Col compromesso. Su che base? Su quella di un accordo che
tolga
la maggior parte delle decine di parentesi quadre del documento
preparatorio
di Bali, quelle che indicano disaccordi e incomprensioni.
Il disaccordo di fondo riguarda non tanto l’ analisi catastrofica
dello stato
del pianeta, ma, per dirla con parole che certo non potranno
soddisfare i
tecnici, la coercitività dei piani d’ azione. Ovvero: Stati Uniti,
parte
dell’ Europa, e anche parte dei Paesi del Terzo Mondo, che pure
producono
energie sporche tanto da creare, nonostante la loro grande povertà ,
problemi
enormi al pianeta (si pensi alla Grande Nube sull’ India, alla Cina,
alle
deforestazioni selvagge in Africa e America Latina), non vogliono
eccessive
scadenze, vincoli penalizzanti per gli impegni da prendere. Ciascuno,
ne
vorrebbe di più dall’ interlocutore-antagonista.
Il Terzo Mondo chiede grandi impegni economici vincolanti, e ci tiene
molto
a che il suo sviluppo venga finanziato oltre che con il denaro anche
con la
caduta delle barriere di importazione che rendono nullo lo sforzo di
produrre. E noi, l’ Occidente, non vogliamo essere troppo bloccati
specie
nelle scelte energetiche nè intendiamo fidarci fino in fondo di
regimi che
offrono scarse garanzie di trasparenza e di impegno affidabile. E
allora,
dice molto fiducioso il direttore generale del ministero
dell’ Ambiente
Corrado Cini, che ci racconta di una intensa fase prenegoziale di
queste
ore, in attesa dei capi di stato, più di cento, in arrivo all’ inizio
di
settembre, bisogna venirsi incontro, e sembra che l’ interesse a farlo
l’ abbiano tutti.
Il mondo ricco, cioè , si starebbe qui preparando a rassicurare i
poveri,
programmando l’ aiuto allo sviluppo, con date e cifre, del resto già
valutate
dai recenti accordi di Monterrey, e permettere l’ accesso al mercato,
in un
concorso d’ azione fra il pubblico, il privato, le istituzioni
finanziarie
internazionali; in parallelo si deve curare la capacità locale di
produrre e
il trasferimento ai paesi poveri di tecnologie pulite. Ovvero, anche
la
capacità dei governi del Terzo Mondo di impegnarsi.
Nonostante i no global stiano là a testimoniare un’ immensa
frustrazione, e
si preparino a proteste turbolente in nome di quei due miliardi di
miseri
che secondo loro sono solo il cinico risultato del nostro egoismo,
pure è
innegabile che negli ultimi venti anni, iscritta a lettere d’ oro nel
tema
dei diritti umani, la compatibilità ambientale, in senso largo, ha
creato
zone libere dalle macchine, investito in grandi aiuti, salvato specie
animali e vegetali, ridotto i gas, protetto il verde, fatto progressi
nella
ricerca medica e nelle misure preventive per la salute. Rio de
Janeiro ha
influenzato i governi, ha orientato le direttive europee, ha portato
la
Banca Mondiale e altre banche regionali a investire in sostenibilità
ambientale; e anche il protocollo di Kyoto, quello sui gas, che si
cita
quasi esclusivamente per ricordare che l’ America non ci sta, di fatto
ha
influenzato un grande riduzione dell’ anidride carbonica e spinto a
ridurre i
consumi energetici.
A Nasrec, dove a decine di migliaia si riuniscono le Ong del Forum
del
vertice mondiale, nella giornata di ieri, nonostante il giorno prima
un
gruppo di senza casa sudafricani in marcia verso il Centro della
Conferenza
forse stato fermato con la forza, l’ atmosfera, sotto il cielo
azzurro, fra i
mucchi di terra gialla che ricordano l’ oro delle miniere, era
pacifica. Un
gruppo di giapponesi hanno danzato strane figure di arti marziali
addomesticate per l’ occasione. Intanto il concerto di apertura del
Summit
ammaliava in centro i congressisti. Non si sa se le fogne
resisteranno
all’ arrivo di centomila persone, dicono i giornali locali, e il
sindaco Amos
Masondo sostiene che la criminalità è grande, ma lui cercherà di
comportarsi
come Rudy Giuliani. Il mondo guarda in attesa di acqua potabile,
cibo,
sviluppo, salute, questa città improvvisamente importantissima, di
cui la
guida turistica del Sud Africa scrive: « Se non avete niente di
particolare
da fare, si può fare a meno di visitarla» .