DIETRO LE QUINTE DELLA NUOVA OFFENSIVA TERRORISTA La trattativa non è ancora spenta I due leader alla ricerca di una via di uscita
lunedì 23 aprile 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
IL più stanco e confuso, ieri, durante la riunione del Gabinetto
dopo
l'attentato di Kfar Saba era Shimon Peres: « Ci risiamo - ha detto - e
questo
ci fa male, e alla fine fa male anche a loro. Mai, dico mai, nel
Medio
Oriente si è arrivati a qualcosa di buono a forza di bombe e di
spari… » .
Hamas continua la sua folle marcia: siamo al quarto attentato dei
dieci
annunciati dai suoi capi due mesi fa. Le bombe sono meno potenti e i
terroristi suicidi meno bravi di quelli che straziavano decine di
persone
ogni volta in un'orgia di sangue, ma in compenso la manodopera
utilizzabile
è tanta. L'ideologia dello « Shahid» , il martire in nome di Allah, è
ormai
diventata di massa; e, soprattutto, Arafat ha messo in libertà
centinaia di
quadri di Hamas e della Jihad islamica, quelli che erano stati
catturati nel
quadro degli accordi di Oslo.
Oggi, (è per questo che Sharon attribuisce ad Arafat la
responsabilità degli
attentati), la verità è che una quantità di assassini si aggirano
liberi,
pronti a colpire, e non c'è angolo di Israele che sia sicuro.
La domanda che ci si pone in queste ore, certamente lodevole
moralmente, ma
inconsistente politicamente, è se le due parti torneranno presto a
parlarsi
intorno a un tavolo di trattative. O se invece, come dice Sharon,
occorre
prima un cessate il fuoco da parte palestinese, che includa uno
sforzo di
Arafat per fermare Hamas (che Arafat, al tempo di Netanyahu e anche
di Barak
tenne ottimamente a bada per un lungo peridodo di tempo) e « Forza
17» , che
spara con fucili e mortai da Gaza sugli insediamenti e all’ interno
della
Linea Verde sulle cittadine israeliane. E' una domanda che, per
l'osservatore attento, non ha ragione di esistere: la trattativa è in
pieno
corso, e semmai la vera domanda è come mai, se la trattativa procede,
non
impedisce la violenza. Intanto, l'altro ieri di notte, i capi dei
servizi di
sicurezza si sono incontrati a Eres, fra Gaza e Israele, dopo una
quantità
di precedenti contatti per ottenere la cessazione della violenza.
Gli Stati Uniti, dopo la breve incursione israeliana seguita al
lancio di
razzi contro la zona A di Gaza, avevano molto insistito per questo
incontro.
L'incontro si è svolto dopo vari meeting segreti fra il figlio di
Sharon e
Arafat, fra un gruppo di deputatesse israeliane e il capo dell’ Olp,
fra vari
esponenti dell'opposizione e deputati palestinesi.
Shimon Peres venerdì ha avuto una lunga conversazione telefonica con
Arafat,
di cui non si conosce il contenuto. Peres tende a mantenere una linea
che
non tradisca la scelta del governo di cui fa parte, di non trattare
sotto il
fuoco, e di continuare a chiedere la cessazione della violenza. Ma è
chiaro
che nelle sue conversazioni, quella con il ministro palestinese Saeb
Erakat,
il braccio destro di Arafat nelle trattative, e con Arafat stesso, di
fatto
sta conducendo un negoziato. Anche se la vecchia Colomba dice di
avere
soltanto « scambi di idee» . In questa nuova recrudescenza di terrore,
i
ministri di destra come Rahaman Zeevi e altri, attaccano insieme
Sharon e
Peres perchè discutono con un nemico che si ripresenta continuamente
come
irriducibile.
Arafat ha annunciato di voler imprigionare i miliziani che fanno uso
dei
mortai, ma non si riesce ad avere nessuna lista di arrestati, nessuna
conferma che questo stia avvenendo realmente. Hamas replica che non
risulta
affatto una operazione di questo tipo.
Arafat dichiara anche di volere abbassare il livello della violenza:
ed ecco
che a Kfar Saba i terroristi di Hamas colpiscono ancora, proprio come
quando, durante un intervento del capo palestinese alla Lega Araba in
cui
accusava Israele di ogni violenza, fu annunciato l'attentato suicida
a
Gerusalemme. E arriva la notizia di un ebreo sparito venerdì ,
assassinato da
palestinesi.
Di fatto in queste ore già si sta lavorando duramente per organizzare
un
altro incontro ai massimi livelli per oggi. Non è vero, dunque, che
Sharon
non tratta se non c'è un cessate il fuoco: ma finchè la strategia di
Arafat,
e anche quella di Sharon, non cambiano, non servirà a niente. Sharon
di
sicuro discute in questi giorni con i suoi su come aprire uno
spiraglio
negoziale lanciando un segnale distensivo sulla questione degli
insediamenti
senza apparire cedevole: cioè accorparne alcuni per sgombrarne altri,
rendere possibile una migliore comunicazione interna dei Territori
senza
rischiare troppo.
E Arafat? Arafat per ora gioca su due tavoli: dà un segnale (nelle
ultime 12
ore ci sono stati meno attacchi con i mortai) di voler trattare per
poi
subito accelerare con la violenza. Punta a ottenere che gli americani
lo
invitino rapidamente a Washington, ponendo fine all'embargo. Una
carta per
provare la sua buona fede anche senza un ordine, pure auspicabile, di
cessate il fuoco ci sarebbe: arrestare qualche decina di uomini di
Hamas.
Allora, forse le parole, che tutto il mondo richiede come la panacea
di
tutti i mali, potrebbero cominciare ad avere qualche significato.
