DIETRO LE QUINTE DELL’ INCONTRO DI WASHINGTON, FRA LOTTA AL TERRORE E IMPERATIVO DELLA PACE Il cuore con il premier, la mente con Peres
venerdì 8 febbraio 2002 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
IL ministro della Difesa Ben Eliezer (anch’ egli a Washington) per 
descrivere lo Stato d’ animo americano durante gli incontri di ieri ha 
sorriso: « Cheney è molto più duro di noi» . E Condoleezza Rice, che 
Sharon 
aveva incontrato a metà giornata: « Con Arafat di che si può parlare 
oggi?» . 
Sharon, guardando negli occhi Bush più tardi, gli ha detto: « Prima di 
tutto 
parliamo dell’ Iran, un pericolo immenso per tutto il mondo. Come si 
fa a 
fermare la costruzione della sua atomica? Che ne dice l’ Europa? 
Quanto a 
Israele, mette a rischio la nostra stessa sopravvivenza: lei che 
farebbe al 
posto nostro, se l’ Iran le avesse promesso una bomba atomica per 
farci 
sparire dalla faccia della terra, e intanto finanziasse con 
abbondanza di 
armi gli Hezbollah e i palestinesi?» . Dietro la porta il capo del 
Mossad 
teneva sotto braccio un plico di carte, pronto a mostrare le prove 
dell’ impegno iraniano contro Israele. 
L’ Iran è dunque stato l’ argomento più importante dei colloqui, a 
dimostrazione del nuovo comune interesse strategico di Bush e di 
Sharon: 
prima di tutto, il terrorismo internazionale. Ma poi lo scenario si è 
spostato a disegnare il futuro del conflitto israelo-palestinese. 
Anche qui, 
poche chiacchere e discorsi diretti: che si fa con Arafat, deve 
restare o 
deve essere sostituito da una nuova leadership? E infine, che 
succederà con 
l’ Iraq, per il quale si parla ormai di un imminente attacco 
americano? 
Israele tiene più a tenere a bada l’ Iran, che ha riempito di armi la 
Karine-A e rifornisce gli Hezbollah, e comunque chiede a Bush: che 
accadrà a 
Israele? Sarà colpita dalle armi chimiche e biologiche di Saddam? 
Comunque, 
che ruolo dovrebbe giocare? 
Clima di grande amicizia, di poche parole e molti fatti. Sharon e 
Bush 
contornati da una pletora di ministri ed esperti hanno deposto una 
pietra 
miliare del loro rapporto. Perché mentre nel passato il governo 
israeliano 
eseguiva la linea del governo americano (Clinton ce la metteva tutta 
a 
spiegare al Medio Oriente come comportarsi, e il risultato non è 
stato 
tuttavia dei migliori) adesso quello che si delinea, dopo l’ 11 
settembre, è 
una strategia comune, in cui il Medio Oriente non è per gli americani 
solo 
una fastidiosa questione periferica da far tacere, ma il centro 
strategico 
della guerra al terrore. E’ su questo che Bush e Sharon si sono 
esercitati, 
data la reciproca convenienza di un impegno anti-Hezbollah, 
anti-Hamas, 
anti-Jihad, in definitva anti-Al Qaeda, sui fili rossi che legano 
nell’ obiettivo antiamericano e antisraeliano tutti i vari terrorismi 
di 
matrice estremista islamica. 
E la pace con Arafat? É questo il pegno che Bush chiede a Sharon per 
considerarlo un partner che lo capisce fino in fondo, e che quindi sa 
come 
gli animi arabi si infiammano per amore dei palestinesi. Questa è la 
ragione 
per cui, pur seguitando a negare l’ affidabilità di Arafat, Sharon ha 
raccontato a Bush i suoi recentissimi incontri con la leadership 
palestinese 
(molto criticati da destra) e le trattattive fra Peres a Abu Ala su 
un 
progetto di accordo di pace a breve scadenza. Che questo incontro 
risolva il 
conflitto israelo-palestinese nessuno se l’ aspetta; ma che il 
colloquio di 
Sharon con Bush abbia una gamma di significati strategici del tutto 
inusitata non c’ è dubbio alcuno. 
Chi non ricorda i tanti avvertimenti di Bush a uscire subito dalla 
zona A, a 
lasciare in caserma i carri armati, a smettere con le « eliminazioni 
selettive» ? Adesso, dopo la sequenza di attentati che hanno reso 
Israele una 
santabarbara in continua esplosione, Bush è fianco a fianco con 
Sharon nel 
chiedere ad Arafat di punire, di chiudere le organizzazioni del 
terrore. Ma 
benchè la linea di Sharon sia sostanzialmente approvata, e anche la 
colomba 
dell’ Amministrazione, Colin Powell, abbia detto che Arafat adesso 
deve dare 
dimostrazioni di lealtà nella lotta contro il terrorismo, la linea 
che Bush 
ha chiesto a Sharon di adottare è quella di Peres. Arafat è ancora un 
partner, bisogna continuare a parlargli. Sharon annuisce, apre varchi 
e 
consente misure di sollievo ai palestinesi. Ma in agguato c’ è sempre 
il 
medesimo rischio: il terrore manda messaggi intimidatori ai colloqui. 
E 
Sharon potrebbe anche decidere di tornare a casa. 
            