Dietro la disputa, il prestigio tra i musulmani e immensi interessi e conomici Guerra araba per i Luoghi Santi Arafat e re Hussein litigano su Gerus alemme Est
giovedì 29 settembre 1994 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO È sconnesso e disarmonico l’Ar Habait, la
montagna di memorie e santuari nel centro di Gerusalemme per cui la
guerra religiosa sovente rosseggia di sangue e di minacce e Arafat e
Hussein si battono in questi giorni senza esclusione di colpi. Sul
lato più breve la scala che fu del Secondo Tempio prima che Tito la
distruggesse nel 70 d.C., a sinistra il Muro del Pianto. Eppoi, tutto
il dominio musulmano: la moschea di Al Aqsa, con la cupola nera; la
moschea di Omar, con la cupola d’oro, donde Maometto s’involò al
cielo. Eppoi la parte della confusione politica: il monumento ai
martiri di Sabra e Chatila; la sede del Grande Mufti che predica ogni
venerdì contro Israele, la scuola musulmana, la tomba del
condottiero Abed El Kader Hussein, la sede della polizia israeliana,
e pomo fra i pomi della discordia l’Waqf, l’istituzione musulmana che
sovrintende a tutti i luoghi santi di Gerusalemme e della West Bank e
che rappresenta una potenza economica e spirituale e politica senza
pari. Possiede infatti il 30 per cento dell’intera area dei Territori
occupati, un sesto del territorio di Gerusalemme Est, una quantità
imprecisata di edifici, e un esercito di migliaia di dipendenti. Re
Hussein di Giordania è il padrone di questa organizzazione, ed anche
il preferito fra gli interlocutori degli israeliani nella lotta
acutissima fra diversi potentati arabi per ottenere la legittimazione
alla custodia dei luoghi santi musulmani. Chi ha in pugno i santuari
di Gerusalemme può in gran parte dominare l’Islam. Il primo
contendente di re Hussein nella battaglia per l’egemonia dei credenti
è naturalmente Arafat. Partecipano alla lotta anche la dinastia dei
Saudi e Hassan del Marocco. Ma Arafat, che si è fatto
particolarmente teso sull’argomento da quando la pace separata fra
Giordania e Israele è così vicina, è il candidato più naturale,
dato che il controllo di Gerusalemme significa per lui più che altro
controllo politico. Arafat ha sempre dichiarato che la capitale del
futuro Stato palestinese altro non può essere che Gerusalemme.
D’altra parte re Hussein ha una tradizione e una forza contrattuale
particolare nella pretesa dei luoghi santi. In questi ultimi giorni
la lotta si è fatta spasmodica: dopo che il ministro giordano della
Propaganda Juad Anani aveva dichiarato tre giorni or sono
santi appartengono al Waqf, che a sua volta ci appartiene, nel giro
di ventiquattr’ore Arafat ha nominato ministro per i Luoghi santi un
suo uomo, Hassan Taabub. Arafat ha invece portato il suo affondo
annunciando che il nuovo ministro del Culto stava per recarsi in
Giordania in visita al ministro del Culto giordano Abed ed Salaam el
Abadi. Ma i giordani sostengono di non saperne nulla. Per tutta
risposta Arafat ha immediatamente reso noto che da sabato, secondo
l’Olp, i luoghi santi sarebbero dipesi dall’entità autonoma
palestinese. Allora, contromossa abile e subito apprezzata da Arafat
che si vede finalmente considerato un interlocutore, i giordani hanno
annunciato che l’Olp deve contentarsi per il momento del West Bank e
lasciar perdere Gerusalemme. È una buona offerta: questo significa
per Arafat ricevere subito in regalo terre e uomini finora di
proprietà del Waqf. Sull’Ar Habait brilla la moschea di re Hussein
da poco finita di restaurare con 80 chili d’oro zecchino pagati ben 8
milioni di dollari. Hussein, che già si sbanca annualmente
corrispondendo 2 milioni di dollari l’anno al suo esercito di imam,
muezzin, maestri, guardie, scaccini, uomini delle pulizie, aveva
dovuto per trovar quella somma, vendere la sua villa di Londra al
sultano dell’Omam. Una scelta d’onore, sulle orme del padre di suo
nonno Hussein Ibu Ali, morto a Gerusalemme e seppellito all’Ar Habait
dopo esser stato spedito a Gerusalemme in una impari battaglia coi
Saudi. Ma soprattutto, la sua scelta avviene sulle tracce del padre
Abdullah, ucciso nel 1951 sulle scale della moschea. Hussein seguitò
a dominare Gerusalemme fino al 1967. Ma allora la città santa tornò
ad essere amara per lui: egli infatti ne perse il dominio
territoriale con la Guerra dei Sei Giorni. Per riparare l’onta,
nonostante nell’88 l’Intifada lo abbia costretto a lasciare la
giurisdizione sui Territori interamente ai palestinesi, si è voluto
tenere la responsabilità e anche l’onere economico del Waqf.
lunga questo risulterà impossibile, commenta tuttavia un alto grado
dell’establishment musulmano di Gerusalemme,
definitiva, siamo innanzitutto palestinesi e Gerusalemme Est sarà la
capitale della Palestina. Fiamma Nirenstein