DIETRO I SEQUESTRI E LA BATTAGLIA POLITICA Israele si ritira, a Gaza è iniziata la resa dei conti I vari gruppi si battono per il potere, il Raiss s tavolta sembra in difficoltà
domenica 18 luglio 2004 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
CHI sono i rapitori? Chi i rapiti? Chi i fomentatori? Che cosa è successo?
No, non si tratta di una guerra per le riforme, ma di una informe,
grandiosa, quantità di rese dei conti volte al controllo del territorio.
« L’ enorme disastro» di cui ha parlato dando le sue dimissioni (respinte) il
Primo Ministro palestinese Aqmed Qreia, detto Abu Ala, ha molti, troppi nomi
e cognomi e ancora un grande assente, Hamas. Il gesto di Qreia potrebbe
essere il suo primo segnale di impazienza verso un Arafat sempre più
testardo e confusionario mentre i segnali di rivolta dentro Fatah cominciano
a farsi forti, la concessione di Arafat di riunire le milizie in tre gruppi
anzichè in dodici, segnala le sue grandi difficoltà . Contiene anche molte
allusioni: per esempio parla di Mubarak, il rais egiziano, di Mohammed
Dahlan, l’ ex ministro della polizia di Abu Mazen, giovane uomo forte della
Striscia, parla di Terje Larsen, l’ inviato dell’ Onu, parla sempre e
soprattutto di Yasser Arafat. Ma il protagonista è una guerra di gang senza
quartiere che si svolge nella striscia di Gaza alla vigilia di un evento che
balena decisivo all’ orizzonte. Molti, prima dello sgombero israliano dalla
Striscia, vogliono fare i conti, vogliono conquistare posizioni, denaro,
importanza politica, posti di lavoro, armi per mantenere il potere. I
protagonisti stavolta appartengono tutti quanti alla zona laica, quella di
Arafat, della mappa di Gaza, ovvero si parla di Fatah, di Tanzim, di Brigate
di Al Aqsa, di nuove formazioni come quella delle Brigate di Abu al Rish,
tutti legate a Fatah, un sorta di nuove « società » che si formano in vista di
un nuova fase dopo il prossimo ritiro israeliano.
Riassumendo la situazione di Gaza, gli egiziani hanno inviato più volte a
Ramallah Omar Suleiman, il capo dei servizi segreti egiziani e qualcuno dice
il possibile successore di Mubarak, che tratta da mesi per una gestione
ordinata delritiro di Israele dall’ area. Nei suoi colloqui con Arafat, che
di volta in volta si mostrava ora favorevole ora molto sospettoso, l’ Egitto
è arrivato ai ferri corti, chiedendo di disarmare le fazioni armate e di
riunirle in tre servizi. Ma Arafat ha sempre risposto picche alle ipotesi di
disarmo e di riorganizzazione, promettendo invece lavoro e protezione a
tutti i gruppi e a tutte le fazioni, proteggendo le Brigate di Al Aqsa e
promettendo di incamerarle nella sicurezza. E quando la settimana scorsa gli
inviati del Quartetto sono andati in visita a Ramallah, ha proseguito sulla
stessa linea, di fatto creando una situazione di grande in certezza. Nel
frattempo comunque infatti accettava duecento istruttori egiziani per il
prossimo settembre. Un fimammifero nel pagliaio. Arafat ha tenuto tutti i
fili anche perchè all’ orizzonte si profilano due pericoli personali: Hamas,
che aspetta nell’ angolo il suo momento, rassicurato per altro da tutte le
parti, compreso Abu Ala; e la parte del Fatah che fa capo non ad Arafat ma
al giovane Dahlan, un abile e determinato selfmade man, un personaggio
potente e che ha già usato le armi contro i fedeli di Arafat più volte.
Dahlan si era già scontrato nel passato con la parte lealista del Fatah,
capitanata da Ghazi Jabali, capo della polizia, da ieri licenziato, rapito e
poi rilasciato dopo che, dicono i suoi rapitori, aveva confessato di avere
rubato 8 milioni dollari e di avere violentato delle donne. Ma non è detto
che queste informazioni rilasciate dai rapitori non rappresentino una pura
forma di ricatto verbale verso Arafat: infatti i rapitori minacciano di
rilasciare una cassetta in caso che... chi lo devev sapere, lo sa. « Il
rapimento dei francesi invece, riflette una mossa favorevole verso Arafat»
sostiene Khaled Abu Toameh, un famoso commentatore, giornalista palestinese
del Jerusalem Post. Abu Toameh spiega: « Il rapimento dei francesi è stato un
gesto di sostegno politico alle critiche di Arafat contro l’ inviato dell’ Onu
Terje Larsen, che dopo anni di amicizia con i palestinesi, li ha denunciato
all’ opinione pubblica mondiale di fronte all’ Onu stessa, sostendendo che
Arafat rifiuta ogni riforma» . Ma Arafat non gradito fino in fondo il gioco
pericoloso, e ha fermato i rapitori. Ha voluto, non ha voluto, chissà ...
« Tutto è possibile - dice Abu Khaled - non è detto che le persone licenziate
oggi non tornino domani. E che quelle messe oggi al loro posto dopodomani
non se ne tornino a casa. Lo stesso si può dire della istituzione di tre
gruppi soltanto di armati al posto di tutte le bande in circolazione. Non è
detto che restino tre anche in futuro, la polizia nazionale, la sicurezza
pubblica, e l’ intelligence. Possono moltiplicarsi di nuovo domani» . Si sa
già comunque, perchè l’ ha annunciata il suo secondo Nabil Abu Rudeinah, che
resteranno sotto il comando di Arafat, una addirittura guidata dal cugino
Moussa Arafat, al posto di Abdel Razzah Al Majadeh.. Ma la continuità è
salvata dal fatto che Arafat non ha accettato le dimissioni di Amid Hindi,
capo dell’ Intelligence genrale, e di Rashid Abu Shbak il capo della
sicurezza preventiva a Gaza. Come dicevamo, Hamas non ha partecipato alle
vicende di ieri. Il suo lavoro di base è teso e intenso: per esempio in
questi giorni gestisce anche i campi estivi per i bambini. Come ha mostrato
una emittente araba poi ripresa da tutte le televisioni del mondo, saltano
nei cerchi di fuoco guidati da sorveglianti mascherati, imparano come rapire
e uccidere gli israeliani e come usare esplosivi, e alla fine del corso
ricevono diplomi d’ onore dagli istruttori.