DIARIO ISRAELIANO
martedì 1 aprile 2003 La Stampa 0 commenti
I palestinesi e gli israeliani trattengono il fiato sulle modalità
strategiche dello scontro fra la coalizione e l’ Iraq. Per ambedue ci
sono
nuovi motivi di preoccupazione. Gli americani volevano evitare il più
possibile i « danni collaterali» di una guerra: sofferenza e morte dei
civili, uso strumentale dei media, danni ai giornalisti, danni alle
infrastrutture civili (case, scuole, mercati) in cui si nascondono i
terroristi ma che causano sofferenze alla popolazione. Gli attacchi
suicidi
hanno già portato a nuove direttive ai soldati americani che
somigliano a
quelle impartite ai militari israeliani: sparare a vista alle auto
che non
si fermano ai posti di blocco, perquisizioni delle persone con borse
o abiti
voluminosi, più severità nei controlli. Secondo i palestinesi « ora
che sono
stati utilizzati sul grande palcoscenico della guerra irachena e non
solo
contro di noi, i metodi più duri di controllo della popolazione
rischiano di
ricevere una legittimazione» . Per gli israeliani il problema è
opposto:
« Quando eravamo noi ad avere problemi con i giornalisti che entrano
in zone
di guerra, o dovevamo fermare le ambulanze perchè si era scoperto in
precedenza che trasportavano armi o armati, quando abbiamo colpito
civili
dietro cui si nascondevano i terroristi, siamo stati attaccati senza
pietà .
Ora che sta succedendo?» La analista liberal Maureen Dowd sul « New
York
Times» ha detto che « il Pentagono doveva distruggere subito la tv e
la radio
irachena bloccando la propaganda di Saddam» . Invece, ricordano gli
israeliani, quando per poche ore l’ antenna della « Voce della
Palestina» dopo
decine di attacchi terroristici fu abbattuta, il professor Mordechai
Kremintzerm, Presidente della Stampa israeliana, disse: « Non è
possibile
mettere a tacere la voce di un popolo, anche se non ci piace quello
che
dice» .E il mondo gli diede ragione.