DEMOCRAZIA E TERRORE LA LEZIONE DELL’ IRAQ
lunedì 17 ottobre 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
FORSE questo momento di rinnovato eroismo del popolo iracheno e di vigilia
del processo ai crimini di Saddam Hussein, che verranno esposti senza veli
al mondo nei prossimi giorni, è l'ultimo valido per la coscienza europea per
abbandonare ogni reticenza. Forse è giunto il momento, per l'Europa, di
porgere semplicemente una mano solidale alla lotta per la democrazia nel
mondo islamico e di abbandonare tutti i « se» e i « ma» che rischiano di
renderci nemici a noi stessi e moralmente inconsistenti di fronte alla
storia: una enorme battaglia simile a quella che sollevò ondate destinate a
sconvolgere tutti i continenti ebbe luogo in Europa nel secolo scorso, una
guerra di valori con intensi dolori del parto.
Lo stesso sta accadendo ora in Medio Oriente, e alla fine molto
probabilmente gli stessi valori che hanno vinto da noi vinceranno nel mondo
musulmano.
Due giorni or sono, fra sofferenze e difficoltà , il processo di
democratizzazione mediorientale ha fatto un altro passo avanti con il voto
per la Costituzione in Iraq. Non sappiamo ancora se essa sia passata e se
quindi può cominciare la preparazione del voto di dicembre e della
formazione di un governo legale e stabile, con la relativa possibilità per
gli alleati di uscire finalmente dall'area. Sappiamo però che il numero
delle persone che, a costo del rischio per la vita, sono andate alle urne è
superiore di un milione e 200 mila a quello di chi ha votato l'anno scorso
per stabilire il primo governo democratico dopo Saddam, e che arriva al 64
per cento.
Sappiamo che il giorno che avrebbe potuto essere uno dei più sanguinosi
degli ultimi mesi si è rivelato meno terribile del previsto. Sappiamo,
infine - e questo è un risultato di prima grandezza - che i sunniti, dopo
una infinita catena di « no» , hanno negoziato la disponibilità al voto.
E, anche hanno scelto il « no» , la rivoluzione è enorme: i sunniti hanno
guardato agli sciiti e ai curdi da secoli come a componenti dell'Islam
escluse da un vero rapporto col Corano e quindi inferiori, destinate al
dominio e anche alla schiavitù . Questo cerca di fare il residuo terrorista
della dominazione di Saddam in combutta con altre forze. Venire a più miti
consigli, persino dire « no» o adottare un punto di vista opportunista, e
quindi politico, per non essere tagliato fuori, è una forma di accettazione
inusitata dei rapporti di forza con quella che è dopo tutto la maggioranza.
Il terrorismo in Iraq seguiterà per un bel pezzo, da ovunque venga, così
come quello degli Hezbollah, o delle Brigate di Al Aqsa (hanno duramente
colpito ieri), come quello di Al Qaeda. Ma le seimila parole che al Zarqawi
ha inviato a Zawahiri segnalano la paura di perdere l'Iraq. Hamas è in
crisi. La politica siriana in stato terminale. L’ Afghanistan sta per
stabilire rapporti diplomatici con Israele. Seguitano a cadere le cortine di
ferro, il processo è aperto. E’ patetico dubitarne.